L' occhio felice di Enrico Castelnuovo

L' occhio felice L' occhio felice UN giorno di una calda remotissima estate Federico Zeri raccontava animatamente a un gruppetto di allievi fiorentini di Roberto Longhi un itinerario zigzagante attraverso l'Umbria e le Marche che gli aveva rivelato cose bellissime. Mi pare che da non molto avesse l'auto, o almeno quell'auto sportiva che allora guidava, e per andare da Roma a Milano aveva scelto una sorta di chemin des écoliers. Il braccio sinistro, che per tutto il viaggio aveva tenuto appoggiato sul finestrino, era scarlatto per il sole e la voce tradiva ancora l'emozione per quello che aveva visto. Per noi Zeri era già un mito, anche se non aveva ancora pubblicato un libro; le sue fulminee identificazioni condotte in brevi note su Proporzioni o su Paragone ci restituivano via via, giorno per giorno, opere, ambienti, maestri dimenticati. Davanti a chi lo ascoltava si aprivano improvvisi panorami, resti di perdute civiltà pittoriche, le magnificenze e i misteri delle piccole corti appenniniche da Camerino a Gubbio, ricostruite attraverso frammenti di affreschi, scomparti di polittici. Con pochissime parole riusciva a restituire un clima artistico, culturale, finanche politico partendo da scarsi appoggi che sapeva leggere con un'adesione e un'infinita curiosità nella fiducia che l'opera d'arte contenesse e potesse svelare valori, comportamenti, attese. Una delle sue eccezionali qualità fu di saper leggere il centro a partire dalle periferie, di comprendere e di fiutare anche e preferibilmente da zone eccentriche quanto stava avvenendo o era per avvenire. Raramente si cimentava con i divinissimi, con i grandi nomi iperconsacrati (il che non gli impedi però di ritrovare opere importantissime, tra le tante un capitale frammento di Giotto), ma la schiera dei maestri marchigiani, umbri, laziali, campani da lui resuscitati e ricostruiti riuscì a cambiare la visione di un periodo. Il suo sguardo era acuto come la sua memoria, i mille e mille quadri visti, le centomila fotografie scartabellate si componevano, grazie al suo occhio l'elice, in situazioni e configurazioni chiare e organiche. Longhi lo aveva incontrato giovanissimo quando era allievo a Roma del grande Pietro Toesca, e subito l'aveva arruolato chiamandolo alla redazione di Paragone. Da Longhi Zeri prese molto senza peraltro, e per fortuna, volerlo seguire nell'inimitabile stile letterario. Da lui molte cose lo divisero e il loro fu, come può succedere con i padri, un rapporto irrisolto. La teatralizzazione che fece del suo personaggio, l'uso spregiudicato dei media e la grande capacità comunicativa lo resero molto popolare, io preferisco ricordarlo giovane come quando lo incontrai le prime volte, travolgentemente ricco di idee, di immagini, di curiosità, di progetti. Enrico Castelnuovo

Persone citate: Federico Zeri, Longhi, Paragone, Pietro Toesca, Roberto Longhi

Luoghi citati: Camerino, Gubbio, Marche, Milano, Roma, Umbria