«Il Fondo sbaglia tutto»
«Il Fondo sbaglia tutto» «Il Fondo sbaglia tutto» Kissinger: vietato ignorare la politica ONEW YORK UELLA che cominciò 15 mesi fa come crisi valutaria in Thailandia e poi si è propagata nel resto dell'Asia minaccia ora anche il mondo industrializzato. Nessun governo e praticamente nessun economista l'avevano prevista e nemmeno ne ha capito per tempo l'estensione e la durevolezza. 1 programmi di aiuto del Fondo monetario internazionale non sono bastati ad arrestarla ma hanno minato le istituzioni nazionali che avrebbero dovuto metterli in atto. In Indonesia un marcio regime clientelare è stato rovesciato. Ma in Brasile la crisi minaccia quello che è probabilmente il governo più orientato alle riforme da decenni. Il capitalismo di libero mercato resta lo strumento più efficace per la crescita economica e l'aumento del livello di vita della maggioranza. Ma come lo sconsiderato lassez-faire del XIX secolo ha generato il marxismo, così il globalismo indiscriminato degli Anni 90 può provocare una reazione planetaria al concetto stesso di mercato finanziario aperto. Diversamente dall'economia, la politica divide il mondo in unità nazionali. E mentre i leader politici possono far accettare un certo grado di privazioni allo scopo di stabilizzare le rispettive economie, non possono sopravvivere come avvocati di un'austerità semi-permanente sulla base di direttive imposte dall'esterno. La tentazione di rovesciare - o almeno attenuare - l'austerità con misure politiche diventa irresistibile. Anche le più radicate democrazie di libero mercato non accetta- no sacrifici senza limiti in nome del mercato e hanno preso misure per stendere una rete di sicurezza sociale e imbrigliare gli eccessi del mercato attraverso la regolamentazione. Il sistema finanziario internazionale non ne dispone e non ha neanche una gran consapevolezza di averne bisogno. In nome dell'ortodossia del libero mercato l'Fmi punta in genere a eliminare, tutto in una volta, ogni debolezza del sistema economico che affligge un Paese, a prescindere dal fatto che abbia provocato la crisi o no. Nel farlo, il più delle volte indebolisce la struttura politica che è la precondizione di ogni riforma significativa. Come un dottore che ha una sola pillola per ogni concepibile malattia, come rimedio prescrive quasi invariabilmente austerità, alti tassi di interesse per contrastare la fuga di capitali e forti svalutazioni per scoraggiare le importazioni e favorire l'export. Risultato inevitabile sono una drastica caduta del livello di vita, disoccupazione crescente e problemi a catena che indeboliscono le stesse istituzioni politiche necessarie ad attuare i programmi del Fondo monetario. La situazione nel Sud-Est asiatico è un caso esemplare. Fino a poco più di un anno fa era la regione a più alta crescita del mondo, il suo sviluppo era puntellato da alti tassi di risparmio, da una disciplinata etica del lavoro e da responsabili politiche fiscali. Quelli che hanno scatenato la crisi sono stati fattori in gran parte al di fuori del controllo nazionale. I vari Paesi avevano tassi di cambio fissi con il dollaro Usa. Quando la Cina ha svalutato nel 1994, il biglietto verde si è apprezzato, lo yen è nettamente caduto, l'export dal Sud-Est asiatico è diventato meno competitivo e gli introiti delle esportazioni sono crollati. Le valute locali erano sopravvalutate e i detentori locali le convertivano in dollari, invitan¬ do ad attacchi speculativi - il tutto senza significativi avvertimenti dalle istituzioni finanziarie internazionali. Quando la crisi si è estesa, la minaccia al sistema finanziario internazionale non ha più potuto essere ignorata. Su pressione americana, l'Fmi è intervenuto con i suoi rimedi standard, generando una massiccia austerità. Autorità democratiche come quelle thailandesi si sono mostrate finora piuttosto salde. Ma quanto a lungo potranno sopportare tassi d'interesse oltre il 40 per cento, una crescita negativa dell'8 per cento e una svalutazione del 42 per cento? Le istituzioni che gestiscono le crisi finanziarie internazionali hanno bisogno di essere riformate. Un nuovo sistema che rimpiazzi Bretton Woods è essenziale. Bisogna trovare il modo di distinguere i flussi di capitale a lungo termine e quelli speculativi, e proteggere il sistema globale da¬ gli eccessi di questi ultimi. Il Fondo monetario internazionale deve trasformarsi. Dovrebbe tornare al suo scopo originario di fornitore di consigli e consulenze accompagnati da sostegni liquidi a breve termine. Quando invece l'Fmi si dà ai prestiti da decine di miliardi di dollari gioca una partita a poker che non ha alcuna possibilità di vincere, perché il casinò, che in questo caso è il mercato mondiale, ha troppi soldi. Il Congresso amricano dovrebbe utilizzare il bisogno di nuova liquidità del Fondo per chiedere, in cambio, tali cambiamenti. Inoltre, le banche centrali e i responsabili delle democrazie industriali dovrebbero volgere la loro attenzione ai mercati dei titoli. I sistemi di regolazione andrebbero rafforzati e armonizzati; i rischi che gli investitori si assumono vanno resi più trasparenti. Infine, il settore privato deve imparare a correlarsi con le necessità politiche dei Paesi ospiti. Ogni sforzo va fatto per operare con partner locali e per trasformare le acquisizioni di imprese in vere cooperazioni. Henry Kissinger Copyright «Los Angeles Times Syndicate» e per l'Italia «La Stampa» Qui sopra il francese Camdessus che regge il timone dell'Fmi
Persone citate: Camdessus, Henry Kissinger, Kissinger, Woods
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