L'Italia guida il plotone delle colombe d'Europa
L'Italia guida il plotone delle colombe d'Europa DEI QUINDICI L'Italia guida il plotone delle colombe d'Europa LUSSEMBURGO DAL NOSTRO INVIATO «E' ancora troppo presto per parlare in modo decisivo di intervento militare in Kosovo, crediamo che ci siano ancora margini per un negoziato e per l'azione diplomatica». E' un Lamberto Dini in versione «colomba», assai più pacato anche di molti suoi già pacati colleghi, quello che ieri affronta la questione del Kosovo al Consiglio dei ministri degli Esteri europei. Per Dini l'intensa attività diplomatica che si sta svolgendo a Belgrado in queste ore indica che «prima di arrivare a prendere misure più drastiche c'è ancora un margine di tempo» che «allontana di qualche giorno l'ipotesi di intervento militare». Un'ipotesi che comunque «è sempre là» e i cui preparativi «vanno in parallelo» con l'opzione diplomatica con un unico obiettivo: «l'implementazione della risoluzione 1199» da parte della Serbia, in mancanza della quale «la comunità internazionale dovrà prendere nuo- ve misure». Anche il rapporto sulla situazione in Kosovo che il Segretario generale dell'Onu Kofi Annan ha reso pubblico ieri, commenta il nostro ministro degli Esteri, sembra consigliare un'estrema prudenza nei confronti di un intervento che colpisca i serbi: «A quanto risulta dalle anticipazioni il rapporto è abbastanza pacato e sembra coincidere con le nostre posizio- ni», e tra l'altro «fornisce l'evidenza che non ci sono stati solo i massacri da parte dei serbi, ma anche degli Albanesi del Kosovo». Ma Dini non è certo il solo, tra i Quindici, a considerare con estrema riluttanza l'ipotesi di un intervento militare in quella che in fondo è una provincia serba, ad affermare che le rivendicazioni dei kosovari vanno sostenute con estrema prudenza e a ricor¬ dare a ogni pie sospinto che 1'«indipendenza» del Kosovo chiesta dall'Uck è un'ipotesi assolutamente fuori discussione. Abbastanza vicino alle sue posizioni pare essere ad esempio il ministro francese Hubert Vedrine, che ieri ha detto che la valutazione delle mosse concrete che la comunità internazionale potrà fare «sarà effettuata all'ultimo momento». Ed è anche prevedibile che nelle prossime settimane la maggioranza rossoverde che darà vita al nuovo governo tedesco sarà assai più tiepida sulla prospettiva di intervento armato in Kosovo rispetto all'atteggiamento mantenuto finora dal ministro degli Esteri Klaus Kinkel. I Verdi tedeschi hanno già dovuto fare un faticoso processo di conversione per concedere in Parlamento il loro voto all'intervento umanitario della Germania in Bosnia, e appare difficile che abbiano voglia di impegnarsi in una nuova, difficile missione balcanica dove le parti di aggressore e aggredito appaiono meno nette che in passato. La voce discordante più forte è per ora quella del ministro britannico Robin Cook: «Le prove di cui siamo in possesso - dice - mostrano che Milosevic continua a essere attivo contro la popolazione civile in Kosovo e che ci sono allarmanti segnali di una crisi umanitaria imminente proprio mentre l'inverno si avvicina. Milosevic deve cambiare il suo comportamento e noi siamo decisi a mandargli un messaggio molto chiaro e molto fermo». Accanto a lui, su posizioni più dure, si collocano anche Spagna e Austria, quest'ultima presidente di turno dell'Ue. «Non possiamo più continuare a contemplare senza muoverci i massacri di donne, vecchi e bambini - sostiene il ministro spagnolo Abel Matutes - ma ci servirà una copertura giuridica» per l'intervento militare. E l'austriaco Wolfgang Schuessel definisce il comunicato dei Quindici «l'ultimo messaggio» che questa volta «speriamo venga ascoltato da Milosevic». [f. man.] Dini: ce ancora spazio per il negoziato, ma i preparativi d'attacco vanno avanti. Londra Madrid e Vienna su posizioni più dure Il ministro degli Esteri italiano Lamberto Dini
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