Kosovo: via i bombardieri, fuori le feluche

Kosovo: via i bombardieri, fuori le feluche All'Onu Annan accusa la Serbia ma dice: non ho i mezzi per verificare le violenze della polizia Kosovo: via i bombardieri, fuori le feluche L'inviato Usa a Bruxelles e Belgrado per evitare il blitz LUSSEMBURGO DAL NOSTRO INVIATO Gli Usa trattano, l'Europa si adegua. Quando ormai l'intervento delle forze Nato nella provincia serba del Kosovo sembrava vicinissimo, lo scenario internazionale ha registrato una nuova correzione di rotta della diplomazia statunitense alla quale si sono allineati i ministri degli Esteri dei Quindici, riuniti a Lussemburgo per il loro consiglio mensile. Da Washington è infatti arrivato ieri mattina a Bruxelles il mediatore americano per i Balcani Richard Holbrooke che in serata è poi giunto a Belgrado dove ha avuto subito un primo colloquio con il presidente serbo Slobodan Milosevic. E sebbene Holbrooke, dopo aver incontrato il segretario generale della Nato Javier Solana, abbia avuto parole dure per l'atteggiamento della Serbia («la situazione in Kosovo è grave come lo era due settimane fa»), che smentiscono ogni presunto ritiro di truppe dalla provincia, la sua missione a Belgrado testimonia che gli Usa stanno battendo ancora la strada del negoziato. Una strada strettissima, visto che ieri fonti diplomatiche americane hanno chiarito come il messaggio che il mediatore di Clinton porta a Milosevic sia più che altro un ultimatum destinato a ottenere il rapidissimo ritiro delle truppe speciali serbe dal Kosovo minacciando in caso contrario i raid aerei, ma comunque un segnale di relativa distensione rispetto ai messaggi delle ultime ore. Se a quello che appare come l'estremo tentativo della diplomazia Usa si unisce il fatto che proprio mentre i ministri europei si incontravano, il Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan rendeva noto il proprio rapporto sulla situazione in Kosovo, si capisce come dall'incontro dei Quindici sia venuto fuori un comunicato che non aggiunge nulla di sostanzialmente nuovo a quanto si è detto nelle scorse settimane. Il consiglio dei ministri Ue chiede una «piena e immediata obbedienza» di Belgrado alla risoluzione 1199 dell'Orni - che prevede tra l'altro il ritiro delle truppe speciali serbe dal Kosovo e l'accesso alle organizzazioni umanitarie - e «condanna nei termini più duri le recenti atrocità in Koso vo», ma alla fine si limita a lanciare un appello per «una fine immediata alle violenze e per rapidi negoziati, con l'obiettivo di una soluzione po litica della crisi». Una formula che ben testimonia l'imbarazzo degli europei di fronte alla crisi. Basti pensare che nello stesso comunicato finale i ministri esprimono «la loro determinazione a rafforzare ulteriormente l'efficacia delle sanzioni europee in atto»; una promessa dovuta al fatto che le blande sanzioni adottate fino ad ora, come l'embargo sui voli della Jat da e per la Serbia, sono state si stematicamente eluse dalla Gran Bretagna, mentre alcune compa gnie aeree avrebbero concluso ac cordi informali con la Jat per co prire i voli su Belgrado. L'unico passo concreto è stato ieri di nominare l'ambasciatore austriaco i Belgrado Wolfgang Petritsch invia to speciale dell'Ue nella Federerà zione jugoslava. I segnali che giungono dalla Serbia, intanto, sono contrastanti. Il primo ministro della Federazione jugoslava Momir Mulatovic ha annunciato ieri al Parlamento, riunito in sessione straordinaria, che Belgrado ha accettato la proposta russa di invitare gli osservatori dell'Osce, l'Organizzazione per la sicurezza e per la cooperazione in Europa: «Vengano in Kosovo - ha detto - e vedano da soli il processo positivo che sta andando avanti». Ma allo stesso tempo Bulatovic ha annunciato al Parlamento che le istituzioni jugoslave sono state allertate «di fronte a un'immediata minaccia di guerra da parte della Nato». All'apertura serba a una missione Osce, subito accolta con favore dall'Organizzazione, non sembra estranea la pressione di Mosca che continua a mandare segnali forti, come quello del ministro della Difesa Shergheiev che ieri ha detto che un blitz Nato po- trebbe portare al ritorno della Guerra Fredda. Ma da Mosca arrivano anche messaggi conciliatori, come l'invito di Eltsin ai serbi di adottare «misure decisive per correggere in modo radicale la situazione in Kosovo». In tarda serata l'incontro tra il presidente jugoslavo e Holbrooke è durato tre ore. «Le minacce di aggressione» contro la Jugoslavia erano «un atto criminale», ha detto Milosevic secondo l'agenzia Tanjug. «Le minacce rivolte alla Repubblica federale di Jugoslavia costituiscono un sostegno ai criminali albanesi (del Kosovo) e non al popolo albanese, come dimostrano le numerose tombe, non solo serbe ma anche albanesi, che hanno lasciato dietro di loro», ha continuato Milosevic, che ha concluso ribadendo come «una soluzione politica sia la sola possibile soluzione». Francesco Manacorda Cauti i Quindici a Lussemburgo «Finiscano subito le violenze e comincino rapidi negoziati» Mosca minaccia un ritorno alla Guerra Fredda ma il premier jugoslavo accetta l'ipotesi di ispezioni Osce L'inviato di Clinton, Richard Holbrooke (sinistra), durante il colloquio con il segretario Nato, Javier Solana, a Bruxelles