«Era Berlusconi a gestire le tangenti» di Paolo Colonnello

«Era Berlusconi a gestire le tangenti» Depositata ieri la motivazione della sentenza di condanna per i pagamenti alla Guardia di Finanza «Era Berlusconi a gestire le tangenti» Gli avvocati: un 'inquisizione medioevale MILANO. «A Silvio Berlusconi non possono essere concesse le attenuanti generiche... Il comportamento processuale non può che essere valutato in maniera sfavorevole. Egli non si è limitato ad esercitare il suo diritto a difendersi negando i fatti contestati. Al contrario ha cercato d'influire sul regolare svolgimento delle indagini, con un comportamento che, pur non ricoprendo carattere d'illiceità, non può non essere apprezzato negativamente». E' un passaggio della motivazione della sentenza con la quale il leader del Polo è stato condannato in primo grado, il 7 luglio scorso, a 2 anni e 9 mesi di reclusione per le tangenti alla Guardia di Finanza. Per la Fininvest, è la dimostrazione che il tribunale di Milano ha agito nel «compimento di un disegno politico». Per gli avvocati, è ormai «il trionfo dell'inquisizione medievale». Nel mirino è Francesca Manca, il presidente della settima sezione penale del tribunale che in 130 pagine dattiloscritte depositate ieri ha spiegato il perché di questa condanna e soprattutto dato corpo alle accuse che Berlusconi e i suoi hanno sempre negato. Ovvero che fu lo stesso ex presidente del Consiglio a ordinare il pagamento di circa 400 milioni a ufficiali e sottufficiali della Gdf per «ammorbidire» le verifiche fiscali in tre aziende del gruppo (Mondadori, Mediolanum e Videotime) e i risultati dell'indagine sull'effettivo asserto proprietario di Telepiù. Una responsabilità oggettiva cui il magistrato giunge dopo aver escluso le colpe di cui si era autoaccusato il fratello Paolo Berlusconi, che infatti è stato assolto: «In conclusione il tribunale - scrive il presidente Manca - esclude che la responsabilità della decisione di pagare sia stata di Paolo Berlusconi all'insaputa o meno di Silvio Berlu¬ sconi. Ritiene invece che, proprio quest'ultimo, abbia gestito tali decisioni, per considerazioni sia in senso positivo che negativo...». A Silvio Berlusconi, spiega la sentenza, «faceva capo il contante» e «il nero del gruppo» come è emerso dalle indagini che hanno fatto scoprire i famosi «libretti al portatore» gestiti direttamente dal Cavaliere per un ammontare di oltre 130 miliardi, soldi che, secondo i magistrati, venivano utilizzati con disinvoltura nella contabilità Fininvest. «Un flusso di denaro», è scritto, che «si muoveva dai libretti, cioè da Silvio Berlusconi, ad una destinazione che non è stato possibile conoscere». Era Berlusconi, prosegue il giudice, «a intrattenere i rapporti con il diretto e materiale pagatore, Salvatore Sciascia» e sempre lui «adottava le decisioni relative alle strategie del gruppo». E così «è da escludere che sia stato Silvio Berlusconi a consegnare materialmente il denaro a Sciascia» per pagare le tangenti, «certo però è il suo contributo causale nella realizzazione della condotta illecita, concretizzatasi nella necessaria, seppur generalizzata, autorizzazione dei pagamenti e nella messa a disposizione dei contanti». Le prove? Per gli avvocati non esistono e Berlusconi è stato condannato solo «sulla base di ciò che al giudice è apparso possibile, pensabile o logicamente preferibile». Per il tribunale invece sono in parte «logiche», come si evince dall'esclusione di ogni responsabilità penale di Paolo Berlusconi che pure tentò di addossarsi tutte le colpe, dimenticandosi che all'epoca del versamento delle tangenti non aveva più ruoli nel gruppo e che la sua società, stando ai suoi stessi racconti, aveva smesso di realizzare fondi neri un anno prima che le mazzette venissero pagate. In parte si tratta di prove rincontrovertibili» come per esempio nel caso in cui si è scoperta la coincidenza tra un prelievo sui libretti al portatore e il pagamento delle mazzette Videotime. «Deve aggiungersi che le tangenti alla Gdf - pagina 58 - non possono essere considerate come fatto isolato ma necessariamente come l'ef¬ fetto di una strategia di gruppo che, come riconosciuto da tutti, spettava a Silvio Berlusconi». Infine rilevabili dall'atteggiamento processuale dello stesso Berlusconi che, nota il tribunale, «ha concordato con l'avvocato Berrutti (ex consulente Fininvest, oggi deputato azzurro, ndr) un intervento attivo per ottenere il silenzio sull'episodio Mondadori, promettendo in cambio la riconoscenza del gruppo». E «ha cercato di screditare chi conduceva le indagini nell'ambito delle vicende relative a Felice Corticchia e Giovanni Strazzeri (due ex carabinieri di palazzo di giustizia, poi arrestati, ndr)». Paolo Colonnello

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