Caccia ai «raccattabili» di Filippo Ceccarelli

Caccia ai «raccattabili» Alcuni gregari saranno decisivi per le sorti del governo Caccia ai «raccattabili» LROMA EGHISTI, ex leghisti, lighisti, partisti, dissidenti di tutte le risme, cani sciolti, voltagabbana di natura, poeti del trasformismo, uomini e donne di buona volontà, chissà... Comunque decisivi per un giorno, il giorno caotico della verità, quando a Montecitorio basteranno appunto quei tre-quattro-cinque voti per salvare o affondare il governo. A quel punto - ma solo a quel punto - si potrà assegnare un volto, una fisionomia personale e magari anche una storia politica a quei deputati che non appartenevano alla maggioranza, ma che a conti fatti, con il loro voto, le avranno consentito di sopravvivere. Prima che ciò avvenga, qualsiasi conteggio rientra nel novero delle impressioni, delle previsioni, degli inevitabili sospetti. S'è parlato ad esempio di questi due freschi ex leghisti veneti. In posa per il settimanale padano Sole delle Alpi, l'onorevole Signorini ha la faccia rosea e il sorriso timido del bravo ragazzo di provincia. Intervistato raccontava commosso, in un numero di qualche mese fa, di come fu folgorato da Bossi, dell'impressione terribile che gli fecero i corridoi del potere a Montecitorio: «Bisogna farsi forza per non lasciarsi abbindolare e abbagliare». Raccontava pure della figlia Beatrice (ritratta an¬ che lei con il papà sul gommone). Prometteva quattrini per 1'«Etere Padano», che sarebbe la tv leghista. Adesso potrebbe salvare Prodi. Insieme all'onorevole Franca Gambato, di Mirano, che ha meno di trent'anni, una foto carina ma un po' sgranata e una scarna biografia (Tempo libero: tennis, bicicletta) sulla Navicella. Vai a sapere come voteranno. Quasi sempre, oltretutto, questi possibili, plausibili, eventuali ed ipotetici salvatori di governi e maggioranze sono figure di secondo piano, sconosciuti ai più, peones che mai nella vita avrebbero immaginato di trovarsi al centro di terribili pressioni; piombati di colpo nell'occhio dì vicende molto più grandi di loro; protagonisti di una specie di favola di potere in cui i premi non sono mai chiari. In ogni caso: è o non è la politica il regno del possibile? Di qui la caccia tra i 47 della «legione straniera», cioè del Gruppo Misto. Che fa Sgarbi? Che fa Cito? Che fanno la Malavenda e il cicidino-dipietrista Cimadoro? Così, come durante il governo Dini si ebbe un insistito corteggiamento all'onorevole Adornato (il cui voto per la verità non fu poi necessario), ci si guarda intorno oggi, con aria più o meno circospetta. Da quando s'è capito che la maggioranza, con tutti gli eventuali cossuttiani, era drammaticamente striminzita, si è sperato (e sparato) sul sì degli onorevoli Masi, Bicocchi ed Elisa Pozza Tasca, rappresentanti del Patto Segni nell'Udr, anche se misteriosamente non iscritti a quel gruppo parlamentare. Invano, per giorni, Bicocchi, presidente dell'associazione delle bande e dei cori italiani e Masi, autore di «Come vendere un partito» e «Dal partito piovra al partito farfalla» si sono affannati a smentire la prospettiva di un loro voto per Prodi. Anche un po' offesi, hanno ribadito che voteranno come voterà Cossiga. Il quale Cossiga, del resto, ha spiegato ieri a Prodi che non gli conviene «raccattare» voti. Il punto, però, è che la storia politica e parlamentare italiana è piena di «raccattati» e quindi, in potenza, di «raccattabili». Lo dimostra il caso di quei tre senatori popolari che nel 1994 furono determinanti nell'elezione di Scognamiglio e poi nella fiducia al governo Berlusconi. Uno di loro, Grillo, divenne poi sottosegretario. Proprio Cossiga li convinse allora che votando sì al governo non avrebbero tradito il mandato. Oggi, ha confessato l'ex presidente, non lo farebbe più. Ma Prodi resta appeso lo stesso a un filo di peones. Filippo Ceccarelli

Luoghi citati: Mirano