SLUCCA il segnale della vendetta

SLUCCA il segnale della vendetta Pensava di essere un messaggero di pace, e invece... SLUCCA il segnale della vendetta w il ONOREVOLE Mimma / Malvolio sorride come a una maggioranza di prefe- I I renze personali dell'84%, ~_Jnon sperava nell'interesse dalla tv, à una donna - dice di lei Migliarini - che quando vede sfilare una top-model strabiliante in piazza di Spagna non le invidia né l'abito, né le gambe, né il fascino ma la visibilità. «Carissima!» esclama con voce di araldo. «Bravissima!». «Dovere», dice compunta la ragazza, che poi però prende mi anche lei sottobraccio (ben altra mano, Slucca, ben altro tocco) e fa qualche passo oltre il vicesindaco mentre il suo collega prepara la teleripresa dell'evento. «Slucca, e allora, non mi vuoi dire?». Il tono è intimo, urgente. «Cosa dovrei dirti?». Che ferma è la stretta, dolce la mano sul mio gomito? «Ma io sono venuta apposta per te, appena ho saputo che Migharini ti aveva mandato qui mi sono fiondata. Adesso non deludermi, Slucca, raccontami, non fare il misterioso». Apposta per me? «Su, non tremare, Slucca, qual è il segreto, non dirò niente a nessuno». II segreto? Sì, tremo, in effetti, tremano le mie tristi labbra per un istante. Ma poi si aprono e dicono inesorabilmente: «Ci dev'essere un equivoco di fondo». «Perché? Cosa sei venuto a fare, com'è che Migharini ti ha mandato qui?». «Mi ha mandato come segnale di pace». La ragazza toghe di scatto la mano dal mio braccio (un crudele strappo, Slucca, una tragica amputazione), e se la porta allabocca per coprirla, cerca di nascondere il riso. «Slucca, dove vivi?». Qui, su questa banchina del porto di Follonica, qui è la vita, in questo attimo, per Slucca. «Ma la Malvolio era tutta contenta di vedermi, mi ha fatto le feste come un pastore maremmano!». La ragazza si volta, mi fa voltare. «Guarda». La neronocciolata signora è sempre laggiù, a venti metri, circondata dal suo gruppo festoso. Ma l'occhiata che all'improvviso getta su di noi è inquietante. «Ha paura», dice Lauretta, «so spetta qualcosa». «Ma cosa?». «Devi dirmelo tu, Slucca, sei tu il segnale. E per conto mio sei un se gnale di pericolo, Migharini vuole in qualche modo fargliela pagare per la storia del progetto africano, ci dev'essere questo, dietro». Dietro qualsiasi cosa sempre si nasconde a Roma tutt'altra cosa, nel piatto di fettuccine era pronto il pugnale, nel mazzo di rose stava acquattato il cobra, il bacio di Marilyn Monroe era il bacio di Dracula. Una festa per i dietrologi, che sono poi tutti. Meno io, fermo quel che mi dicono, alle apparenze, «un roccioso davantologo», come mi ripete l'ironico Vasone. «Io non so niente del progetto africano!» protesto. «Lei gliel'ha sabotato e lui vuole vendicarsi. Tu sei la vendetta, Slucca!» Batto con forza il piede per terra «Ma io non voglio essere la vendetta di nessuno, io mi chiamo fuori, io non tocco le competenze del l'Onnipotente. "Mia è la vendetta" dice nella Bibbia, e a me va benissimo così, ci pensi Lui a queste cose, non certo io, ma siamo matti?». Lauretta scuote la testa ripor tandomi verso l'on. Mimma Mal voho e le sue occhiate scrutatrici. «Slucca, mio caro, mi sa che qui ti stanno strumentalizzando». E io sudo freddo. H verbo, nel mondo politico, viene coniugato in continuazione, più frequentemen te al passivo, ed è temutissimo Quando il traghetto fu del tutto scoperto, dalla folla presente al varo si levò un «oooh!» di orrore Non c'è sospiro, colpetto di tosse, accavallamento di gambe, sussurro all'orecchio di un altro parlamentare che non possa essere strumentalizzato. Il grido «Mi vogliono strumentalizzare!» risuona a Montecitorio come la disperata invocazione d'aiuto di una fanciulla salita incautamente dopo mezzanotte sulla vecchia Ford di cinque marocchini eroticamente scorretti. Secondo il vecchio senatore Portis, che è un po' la memoria storica di noi tutti, questo terrore della strumentalizzazione ha origini antiche e concrete, risale ai tempi eroici della politica, al 1948, quando l'on. Dragonero venne usato come ariete da due colleghi comunisti per sfondare una porta dietro la quale era in corso una riunione segreta di eretici titoisti (per fortuna aveva in testa un berretto basco). E in anni più recenti non c'è chi non ricordi la strumentalizzazione subita dall'on. Luigi (Vigin) Gay, di Pinerolo, che, assistendo per caso a Bologna al passaggio di un corteo di Orgoglio Omosessuale, fu riconosciuto e portato in trionfo per la città sulle spalle di quattro lesbiche dalla nuca rasata. («Fatemi scendere!» urlava il malcapitato. «Io sono Gay, l'onorevole Gay!». E quelli: «Bravo fratello, appunto!»). «Stai molto attento, Slucca», mormora la ragazza, «tieni gli occhi bene aperti». I miei occhi, spalancati vedono una motovedetta dei Carabinieri fermarsi a poca distanza dal fagottone galleggiante, vedono i ragazzi della Cooperativa slegare le ultime funi verso la poppa del «Che», vedono l'on. Mimma Malvolio rassettarsi capelh e camicetta davanti alla telecamera. Ci avviciniamo al gruppo, io non troppo, devo tenere le distanze sia per non interferire con la visibilità della Mimma (sono famose le sue gomitate al fegato per toglierti di mezzo), sia perché non intendo espormi in prima persona a qualsiasi cosa possa succedere. E di cose me ne vengono in mente non poche, a questo punto. «Paccone-bomba esplode in Toscana. Dilaniato l'on. Slucca»; o anche: «Scoperto traffico di droga (cinque tonnellate), tra Follonica e Piombino. L'on. Slucca serviva da copertura»; o al limite: «Naufragio titanico all'uscita dal porto. L'on. Slucca inghiottito dai gorghi». No, in nessun caso metterò piede su questo «Che». II penultimo lenzuolo di plastica viene fatto scivolare giù, resta l'ultimo a coprire la poppa e aU'on Mimma Malvolio è appunto riservato il compito ufficiale di farlo ca dere. C'è una fune dipinta di rosso che fa tutto un intreccio complica to con altre due funi e arriva ben tesa a un anello fissato alla banchi na, per poi tornare al traghetto. E' lì che l'onorevole deve tagliare. Il vicesindaco le porge solenne mente le forbici. Lei le impugna, comincia a darsi da fare, ma è un Mimma Malvolio, l'inauguratrice, perse completamente il controllo: «E' un tipico colpo basso del tuo capo Migliarini. Questa me la pagate!» canapo grassetto e forse l'affilatura delle forbici lascia a desiderare. Più che tagliare è costretta a segare faticosamente, volano sottili filamenti, la fune si sfrangia un po', ma resiste, mette la tagliatrice in evidente difficoltà. E' allora che la mia collega alza due occhi esasperati, incontra i miei, mi fa un cenno imperioso. «Vieni a darmi una mano, Slucca, tu che sei pratico di queste cose». E io che dovevo solo stare a guardare, secondo Migharini. La telecamera ronza, Lauretta è lì pronta col suo microfono, il pretebaleniere mi sorride benevolo, tutti aspettano il mio esperto braccio di inauguratore. E io vado, io taglio di netto, la fune rossa vola via, il lenzuolone di plastica scivola in acqua, tutto il traghetto è ora visibile. Sulla poppa, a nere lettere, è dipinto il suo nome «CHE». Risuona un «oooh!» collettivo ma ben diverso da quello di prima. E' più simile a un «oooh!» di scandalo, di sdegno, di orrore. Perché sotto il CHE una mano grossolanamente provocatoria ha tracciato con lo spray nero la scritta HAZZO FAI MIMMA. Un segnale fortissimo, oltreché una grave caduta di stile cui l'onorevole Mimma Malvolio reagisce con un ringhio primordiale. «Questi sono i Limited! Questo è un sabotaggio dei dannati livornesi!». Gira intorno occhi di fuoco, mi vede, sussulta, connette. Non mi sono mai sentito così contiguo a Migharini, ahimè. «Ora capisco, ora so perché sei qui, Slucca, schifosa spia!». Il tailleur a implacabili scacchi è su di me, io faccio un certo numero di passi indietro ma sono circondato dalla Cooperativa. Nego disperatamente. «Io non sapevo niente, te lo giu¬ ro, io credevo di essere un segnale di pace, Migharini mi aveva...!». «Migharini! E come no, Migliarini! Questo è mi suo tipico colpo basso, e ha mandato te a goderti la scena e a riferire, nefando guardone, verme assoluto!». Ci saranno dei vermi relativi? Ho il tempo di chiedermi. Poi l'onorevole prende coscienza di essere in piena visibilità, affronta la telecronista, le strappa il microfono, balza sulla telecamera, mette la manaccia sull'obbiettivo. «Eravate d'accordo, bastardi! E' una manovra combinata coi media contro di me, è un complotto!». La vedo afferrare la bottiglia del varo con la disinvolta sportività di un tifoso inglese. «Questa me la pagate!». Ha perso completamente il controllo. C'è un parapiglia indegno di una paese civile, tutti spingono, premono, auspicano a voce alta passi indietro e serenità, il pretebaleniere cerca di strappare la bottiglia dalla mano alzata dell'ossessa urlando autorevolmente: «No Mimma che hazzo fai!», il vicesindaco è cereo come un lenzuolo di plastica, i vigili mantengono un atteggiamento di vigile ma cauta attesa, i cooperativi mi stringono, mi soffocano, sembrano aver optato per un brutto salto di qualità, vedo invece... CA etta Finale amaro per il portaborse di F. & L Mimma Malvolio, l'inauguratrice, perse completamente il controllo: un tipico colpo basso del tuo capo Migliarini. Questa me la pagate!» Nella foto Carlo Frutterò e Franco Lucentini: si conclude oggi la nuova avventura del loro on. Slucca. Il disegno è tratto da «Stockmarket» sgozzati, e su cui l'Occidente dvrebbe puntare. E' gente che npuò permettersi una Ferrari? DMigliarini. E allora noi diamouna sottomarca della Ferrari!». «Ma non esiste!». «Appunto. Miglarini pensavaima joint-venture tra Maranelloministero dell'Industria e quedegli Esteri, salvo poi coinvolganche il Fondo Monetario Internzionale. Pensava a una macchmeno costosa della Ferrari, sempda sogno ma alla portata di acqrenti in via di sviluppo. La nosimmagine in Africa ci guadagnrebbe enormemente, diceva». «Ma la Ferrari non accetterà mdi spendere il suo nome così». «Infatti. E Migliarini s'era già ferto di spendere il suo, pensavuna sottomarca che avesse pratimente tutte le caratteristiche dFerrari ma che si sarebbe chiamMigharini, capisci?». «Una rossa Migliarini lancsulle piste tra il Mozambico Ruanda?». «Verde, Slucca. Lui avevamente una Migliarini verde, unlore più ecologico». «E così», riflettevo io, «la Malio gli ha silurato il proto e lui le ha silurato ilro. Orma' ; , guerra a Finale amaro per il portaborse di F. & L Nella foto Carlo Frutterò e Franco Lucentini: si conclude oggi la nuova avventura del loro on. Slucca. Il disegno è tratto da «Stockmarket» sgozzati, e su cui l'Occidente dovrebbe puntare. E' gente che non può permettersi una Ferrari? Dice Migliarini. E allora noi diamogli una sottomarca della Ferrari!». «Ma non esiste!». «Appunto. Miglarini pensava a ima joint-venture tra Maranello, il ministero dell'Industria e quello degli Esteri, salvo poi coinvolgere anche il Fondo Monetario Internazionale. Pensava a una macchina meno costosa della Ferrari, sempre da sogno ma alla portata di acquirenti in via di sviluppo. La nostra immagine in Africa ci guadagnerebbe enormemente, diceva». «Ma la Ferrari non accetterà mai di spendere il suo nome così». «Infatti. E Migliarini s'era già offerto di spendere il suo, pensava a una sottomarca che avesse praticamente tutte le caratteristiche della Ferrari ma che si sarebbe chiamata Migharini, capisci?». «Una rossa Migliarini lanciata sulle piste tra il Mozambico e il Ruanda?». «Verde, Slucca. Lui aveva in mente una Migliarini verde, un colore più ecologico». «E così», riflettevo io, «la Malvolio gli ha silurato il progetto e lui le ha silurato il varo. Ormai è ' ; , guerra a 3G0 il titolo: «Varato in bocca ai pesci l'on. Slucca». Piombo in terra, seduto, vedo intorno a me molte scarpe da jogging ma alcune sono del tipo nero, quadrato, assassino. «Massacrato a calci l'on. Slucca». Non ho mai amato la violenza e adesso capisco quanto avessi ragione. Chiudo gli occhi, la mia aspettativa di vita scende allo 0,2. Sto per essere strumentalizzato a morte. E a un tratto mi ritrovo precariamente in piedi, i carabinieri della motovedetta sono sbarcati come in Normandia, mi hanno tirato su, mi hanno aperto intorno una minuscola testa di ponte nella quale entra ora il rombo isterico di un motore di motocicletta e un attimo dopo la motocicletta stessa, pilotata dalla telecronista Lauretta. «Salta su, Slucca, vieni via, non fare il collassato!». Mi getta al volo il casco del suo assistente, che vedo correre via trascinato dall'ottimo Ciacci. Il casco rotola in terra, un carabiniere lo raccoglie e me lo pianta in testa. «Via, via, presto!». Mi aggrappo alla mia salvatrice e prendiamo ampie distanze dalla nave maledetta. Sessanta chilometri a Sud di Follonica ci fermiamo per mi caffè, il mio doppio. «Mammamia Slucca, eri un segnale di scherno e dileggio!». «Non so come ringraziarti, ti devo la vita». «Dovere. Slucca, dovere. Peccato per il servizio distrutto, sarebbe stato un bello scoop». «Io pero continuo a non aver capito niente. Perché quella ce l'aveva tanto coi Limited, chi sarebbero questi Limited?». «E' un gruppo anarchico di Livorno, il Ciacielle, Caci, Centro Asociale Cianciulli Limited». «Cianciulli, dici...? Ho già sentito questo nome... Non era un frate, o un prete educatore, don Cianciulli? Aspetta c'era anche un libro, "Lettere a Don Cianciulli" o qualcosa di simile, mi pare...». «Dove vivi, Slucca? Leonarda Cianciulli era una pluriomicida dai favolosi Anni Quaranta che faceva bollire le sue vittime per trasformarle hi sapone, la cosiddetta saponificatrice di Correggio. Questi ragazzi hanno scelto il suo nome perché non svanisca dalla memoria nazionale e inoltre così, tanto per fare un po' di trasgressione, gli piace scherzare, hai visto anche tu». «Ma che centra Migliarini?». «Migharini ha notoriamente dei contatti con loro, forse qualche suo infiltrato è un uomo con le mani lunghe». «Ma perché doveva vendicarsi, cos'è la storia del progetto africano?». «E' un progetto a cui teneva moltissimo, destinato ai ceti africani emergenti». «Dove sono i ceti emergenti in Africa? A quanto ne so emergono solo dalle fosse comuni». «Be', comunque Migliarini è stato una settimana in Africa, ha preso atto della situazione e ha elaborato questo progetto che dovrebbe dare una speranza, anzi un obiettivo concreto ai ceti non ancora gradi...». «Slucca, dove vivi?». Il tono era caldo, affettuoso, il sorriso intenerito, la cerniera abbassata mostrava sotto la tuta nera una maglietta arancione. Ho visto per un istante la mia testa stampata con la scritta «IV SLUCCA». Ho balbettato: «Vivo a Monteverde Nuovo, con Vasone, ma lui non c'è si può dire mai, e se tante volte...». Ho sentito una vocina che sembrava venire da miglia e miglia di distanza, tante quante ne corrono via mare tra Follonica e Piombino, che mi diceva: «Cosa H guardi, Slucca, non è roba per te». La mia testa sulla maglietta si è girata, si vedeva adesso la nuca e sotto è apparsa la scritta «SLUCCA GO HOME». E ci sono andato, abbracciato pr oltre un'ora a uno scabroso tronco di pino, di tiglio, a una coloima di marmo, a un lampione. Così la mia mente mi ordinava di recepire quella lunga contiguità, ma ho avuto difficoltà a obbedire, soprattutto nelle curve. E' umano. Una volta at home ho raccontato tutto a Vasone, sghignazzatore a orario continuato, senza nessuna flessibilità. «E così sarà guerra a 360 gradi», ho concluso, «fra quei due». Ma lo sghignazzatore qui ha avuto un'increspatura di sorriso orientale, puro new age. «Le nostre guerre, amico mio», ha detto, «non sono mai a 360 gradi. Possono arrivare a 359 e lì si fermano. Lasciano sempre aperto quell'ultimo, piccolo passaggio per uscire a braccetto e andare a mangiare una pizza all'angolo. Che dici, andiamo anche noi?». ((Andiamo allora», ho approvato, «tu ed io». Carlo Frutterò Franco Lucentini (Fine. La puntata precedente è uscita il 3 ottobre)