Terrorismo, sfuggito al blitz uno dei ricercati di Lodovico Poletto

Terrorismo, sfuggito al blitz uno dei ricercati Torino: sarebbe un importante anello di collegamento con la cellula dell'integralismo islamico scoperta a Londra Terrorismo, sfuggito al blitz uno dei ricercati Un capo dei fiancheggiatori di Bin Laden TORINO. Fino a sabato era un'indiscrezione. Da ieri è più che un sospetto. Uno dei presunti fiancheggiatori dei terroristi che ad agosto fecero esplodere due bombe di fronte alle ambasciate di Nairobi e Dar es Saalam era a Torino e sarebbe riuscito a sfuggire alla cattura. La sua identità ancora non si conosce, ma sarebbe un elemento importante nell'organizzazione collegata ad Osama bin Laden, miliardario saudita e presunto mandante di quelle stragi. Un personaggio importante, più ancora di Amoud Naji, il presunto terrorista del gruppo Al Jihad, in possesso di passaporto yemenita arrestato nella notte tra giovedì e venerdì in zona Lingotto, a Torino. Da qualche settimana Naji viveva in quell'appartamento del terzo piano con un egiziano, pure lui in carcere da 3 giorni. Amoud Naji, per l'antiterrorismo internazionale, è un «pezzo grosso»: avrebbe progettato il fallito attentato all'ambasciata ameri- cana di Tirana, in Albania. L'uomo sfuggito alla cattura l'altra notte, invece, sarebbe qualcosa di più. Un capo o forse uno che conosce molti particolari su com'era organizzata la cellula di presunti terroristi «smantellata» a Londra il 20 settembre da Scotland Yard e il servizio segreto britannico MI5. E ora dov'è? E' rimasto a Torino oppure ha preso il volo verso altre città «sicure» dove ottenere protezione e copertura? Nonostante l'operazione sia ormai sostanzialmente conclusa gli uomini del vicequestore Antonio De Santis, dirigente la Digos di Torino, non hanno af¬ fatto rallentato l'attenzione sul mondo dell'integralismo islamico. Cercano altri riscontri, altri particolari utili all'indagine. I documenti sequestrati (libretti propagandistici, volantini, lettere) sono adesso passati in mano ai periti che dovranno tradurli e decifrarli. E poi ci sono le armi: tre pistole e una mitraglietta Uzi, tutte con la matricola abrasa. Il centro di investigazioni scientifiche della polizia dovrà accertarne la provenienza e stabilire se sono state usate in attentati o rapine. Ma un altro elemento di riflessione per magistrati e forze di polizia riguarda il perché della presenza, sotto la Mole, di questi due presunti terroristi. Gli investigatori: «Perché Torino fa parte di un circuito importante, in qualche modo legato a questo terrorismo...». Insomma: Torino sarebbe un rifugio sicuro, dove vivere accanto e con la protezione di connazionali, ma senza progettare o mettere in atto attentati o azioni clamorose. E ancora: Torino è un'importante porta d'accesso verso il resto d'Europa: Francia e Gran Bretagna innanzitutto. Ma anche Germania e Paesi dell'Est europeo. Oggi, intanto, i tre arrestati (lo yemenita Amoud Maji e i due egiziani Mandouh Ellaban ed Mahmud Salah) compariranno davanti al gip per l'udienza di convalida. Sono tutti accusati di detenzione illegale di armi e munizioni. Da sabato mattina, invece, è tornata a casa Michela Deprà, la moglie italiana di Mandouh Ellaban: ha un lavoro e due figli ancora piccoli da accudire. E' tornata a vivere nell'alloggio al primo piano di via Tonale dove la coppia abitava da parecchi anni. Adesso è scossa da tutta questa vicenda e dall'arresto del marito, un uomo che i vicino descrivono tranquillo, «anche se un po' taciturno...». Non vuole parlare con nessuno. Si limita a ripetere: «Su questa vicenda non ho proprio nulla da dire...». Lodovico Poletto Le armi scoperte in via Tonale In città continuano le indagini. Grande attenzione all'esame dei periti sulle armi

Persone citate: Antonio De Santis, Bin Laden, Mahmud Salah, Mandouh Ellaban, Michela Deprà, Osama Bin Laden