La Lettonia dice no all'apartheid dei russi di E. St.

La Lettonia dice no all'apartheid dei russi BALTICO Caduta l'Urss in 700 mila erano rimasti senza passaporto, Mosca e l'Occidente protestavano La Lettonia dice no all'apartheid dei russi // referendum conferma la concessione della cittadinanza RIGA. I lettoni hanno varcato il Rubicone etnico. Nel referendum abrogativo sulla legge che a giugno ha concesso la cittadinanza alla minoranza russa hanno vinto i no. Oltre a segnare una vittoria per i diritti umani, il risultato elimina un grosso ostacolo sul cammino della Lettonia verso l'Unione europea e la Nato. E' stato una vittoria con un margine non larghissimo, il 54 per cento contro il 46, ma sufficiente a dimostrare che il Paese vuole adeguarsi agli standard democratici dell'Occidente. Il merito maggiore è del presidente della Repubblica Guntis Ulmanis, che fino all'ultimo momento aveva messo in guardia sui rischi dell'isolamento internazionale e delle ritorsioni da parte di Mosca in caso che ai russi continuassero a essere negati i diritti politici. Gli emendamenti di giugno alla vecchia legge sulla cittadi¬ nanza sono due. Il primo consente la naturalizzazione automatica dei 19.000 bambini di etina russa nati in Lettonia dopo il 1991, anno della indipendenza dall'Urss, eliminando l'esame statale sulla conoscenza della lingua lettone; l'altro abolisce le cosiddette fasce d'età, un sistema secondo il quale i russofoni arrivati per primi dopo il 1940 sono costretti ad aspettare più a lungo per accedere alla naturalizzazione. Adesso è garantita la completa integrazione dei 700 mila lettoni russofoni, che erano rimasti senza passaporto dopo l'indipendenza, non più russi e non ancora lettoni. Ne esce sconfitto invece il partito nazionalista conservatore «Patria e libertà» del primo ministro Guntars Krastas, promotore della domanda referendaria sui cambiamenti della legge sulla cittadinanza approvati in giugno. A raccomandare di respinge¬ re la domanda referendaria erano stati l'Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) e il Consiglio d'Europa, oltre al presidente Ulmanis secondo cui «se si negano i diritti ai russi, la Lettonia invece di andare avanti verso l'Europa diventerà zona a maggiore rischio e nessuno vorrà dialogare con noi. Mosca sarà sempre più critica nei nostri confronti», provocando un isolamento internazionale insostenibile. Nelle elezioni per il rinnovo dei 100 seggi del Saeima (parlamento), svoltesi insieme al referendum, il partito nazionalsta si è fermato al 14% ed è stato superato anche dalla formazione di sinistra «Concordia Nazionale» che ha ottenuto il 14,2%. Dovrà cedere il governo al fondatore dei Popolari, Andris Skele, premiato da una maggioranza relativa del 20,6%. Skele probabilmente formerà un governo di centro con la «Via della Lettonia», giunta seconda con il 18,8%, e con «Patria e libertà» o con il «Nuovo partito», gruppo fondato dal compositore Raimonds Pauls che ha guadagnato il 7,6%. Ma la collaborazione dei popolari con la «Via della Lettonia» potrebbe essere ostacolata dalle ambizioni del suo leader Vilis Kristopans, che aspirerà anche lui alla carica di premier. Dei 21 partiti presentatisi alle elezioni ben 15 non hanno superato la soglia del 5%, richiesta dalla legge per entrare in Parlamento. Dei sei che ce l'hanno fatta, tre sono di sinistra, «Concordia Nazionale», «Alleanza socialdemocratica» (con il 12,8%) e «Nuovo partito». La parola spetta ora al presidente Ulmanis che da oggi inizierà le consultazioni per indicare il candidato alla carica di capo di governo che dovrà avere la fiducia del Saeima. [e. st.]

Persone citate: Andris Skele, Guntars Krastas, Pauls, Rubicone, Skele