Belgrado: ci difenderemo con ogni mezzo

Belgrado: ci difenderemo con ogni mezzo Per Milosevic un attacco sarebbe «politicamente scriteriato». Newsweek denuncia un nuovo massacro Belgrado: ci difenderemo con ogni mezzo Monito russo ai raidNato: un affronto all'Onu BELGRADO. Se attaccata, la Jugoslavia «si difenderà con ogni mezzo». L'avvertimento, fatto ieri sera dal Consiglio supremo della Difesa, l'istanza diretta dal presidente Slobodan Milosevic, ha chiuso una giornata che ha visto la Russia scendere in campo proprio per scongiurare un intervento Nato e per indurre Belgrado ad aprire un vero dialogo con gli albanesi del Kosovo. Con questo obiettivo Mosca ha inviato ieri a sorpresa a Belgrado i suoi ministri degli Esteri, Igor Ivanov, e della Difesa, Igor Sergheiev. In una dichiarazione ufficiale il governo russo ha fatto sapere che un attacco militare della Nato alla Jugoslavia senza previa autorizzazione del Consiglio di sicurezza dell'Orni, costituirebbe una «grave e patente violazione» della carta delle Nazioni Unite. Una «violazione del genere minerebbe alla base l'intero sistema delle relazioni internazionali». Milosevic ha poco dopo affermato che un attacco della Nato sarebbe «politicamente scriteriato» e ha aggiunto che le forze speciali si sono già ritirate dalla regione. «I combattimenti sono finiti e le forze si sono ritirate nelle loro basi», mentre è garantito «libero accesso alle organizzazioni internazionali umanitarie». Sull'avvio di un ritiro, sia pure parziale e graduale, dei reparti speciali serbi corninciano intanto a venire conferme da testimoni a Pristina, che ieri hanno visto ripiegare una colonna militare con alcune decine di mezzi. All'ambasciatore d'Italia a Belgrado Riccardo Sessa fonti jugoslave hanno precisato che diverse unità operative dell'esercito sono rientrate nelle loro basi (in Kosovo) e che è in via di riduzione anche la presenza delle forze speciali di polizia, accusate da alcuni Paesi occidentali di responsabilità nella repressione dei civili albanesi: cinque battaglioni su dieci sono stati ritirati e 1000 uomini avrebbero persino lasciato il territorio kosovaro. E mentre il presidente jugoslavo si di- chiara disponibile «a un dialogo aperto» con gli albanesi e anzi lancia loro un appello, affinchè tornino a trattare, le parole della leadership jugoslava contro la Nato restano dure («un intervento militare straniero sarebbe un atto di aggressione con conseguenze negative durature nelle relazioni internazionali»). L'appoggio è pieno sulla necessità di risolvere la crisi in Kosovo «solo con mezzi politici». , Ma dalla Russia giunge anche un rimprovero a Milosevic per aver tenuto un atteggiamento troppo rigido e non aver mantenuto gli impegni presi a Mosca a giugno, quando fu di fatto convocato dal presidente russo Boris Eltsin e dall'attuale premier (allora ministro degli Esteri) Ievgheni Primakov. Proprio per ricordare quegli impegni, Ivanov e Sergheiev hanno consegnato anche una lettera di Eltsin al leader di Belgrado, prima di ripartire per Mosca. Secondo il settimanale americano «Newsweek» sedici civili albanesi del Kosovo che cercavano scampo da una offensiva delle forze di sicurezza serbe sono stati bloccati dalla polizia, uccisi a uno a uno e sepolti in una fossa comune. Il giornale sostiene che i 16 civili, tra cui vi era anche una donna, sono stati intercettati il 23 settembre scorso nei pressi del villaggio di Galica, da dove circa 500 persone stavano fuggendo a causa di un pesante bombardamento dell' artiglieria serba. «Belgrado farebbe bene a prendere sul serio le minacce di un attacco Nato, perché essa sta ormai esaurendo le opzioni politiche»: lo ha detto il segretario generale della Nato, Javier Solana in un'intervista pubblicata sul quotidiano «El Pais». «Il tempo per Milosevic sta scadendo», afferma Solana il quale ricorda inoltre che lo stesso Milosevic «ha iniziato la sua carriera politica nel Kosovo (quando nel 1989 abolì l'autonomia della provincia, ndr), e nel Kosovo può concluderla, dopo aver provocato enormi sofferenze alla popolazione». [Agi-Ansa] Mosca invia due ministri «Potrebbe saltare l'intero sistema delle relazioni internazionali» Il presidente jugoslavo si dichiara disponibile a un «dialogo aperto» con gli albanesi