Il Papa: il mondo intervenga in Kosovo

Il Papa: il mondo intervenga in Kosovo Il Papa: il mondo intervenga in Kosovo «Un aiuto tempestivo contro violenza e devastazioni» SPALATO DAL NOSTRO INVIATO Il Papa chiede che la comunità internazionale si muova, per il Kosovo, e si muova un fretta: «aiuto tempestivo» sono le parole usate ieri da Giovanni Paolo II nell'Angelus pronunciato a Spalato, sulla costa dalmata, teatro qualche anno fa di una guerra che sembra ormai lontana. Ma le ferite dell'ex Jugoslavia continuano a riaprirsi e il Pontefice alza ancora una volta la voce - come già fece molte volte durante l'agonia di Sarajevo - per chiedere che chi ha il potere non resti a guardare. E' la teoria dell'ingerenza umanitaria, espressa dalla Santa Sede nella persona del segretario di Stato card. Angelo Sodano dopo un colloquio con il Pontefice a Castel Gandolfo. «Ingerenza umanitaria» significa che la comunità internazionale ha il diritto di intervenire anche entro i confini nazionali sovrani di un Paese se un popolo è vittima di aggressioni che ne mettano in pericolo l'esistenza. Il Kosovo non è distante da qui: circa trecento chilometri. «Come non ricordare qui con trepida partecipazione la tragedia che si sta consumando nella regione non lontana del Kosovo? - ha chiesto il Pontefice -. Possano la comprensione, il reciproco rispetto, il perdono e la riconciliazione finalmente prendere il posto dellla violenza e delle devastazioni. Per il raggiungimento di questo obiettivo è necessario che con grande senso di solidarietà la comunità internazionale non lasci mancare il suo aiuto tempestivo». «Grande senso di solidarietà»; Giovanni Paolo n sa che ci sarà un prezzo, diplomatico o militare per questa operazione. La Santa Sede ovviamente preferisce una soluzione diplomatica, di dialogo, alle bombe; ma come era accaduto a Sarajevo se manca ogni altra risorsa non si oppone a che qualcuno fermi la mano di chi uccide gli innocenti. Che in questo caso, fra l'altro, sono in larga parte musulmani. Fuori dal testo ha aggiunto: «Oggi è la festa di San Francesco, patrono della pace. Speriamo che San Francesco porti la pace. Preghia¬ mo per l'intero Sud-Est d'Europa, affinché i popoli che vi abitano possano conoscere la pace». Diverse sono state le interpretazioni dell'appello. Il vescovo di Pristina Marko Sopi ha detto: «Il richiamo del Papa vuole difendere le persone che non si possono difendere da sole». Il portavoce vaticano Navarro Vals ha invece sottolineato che «l'appello è ben diverso da quelli che si sentono in questi giorni, annunci di guerra, è un appello alla riconciliazione e alla convivenza». L'ombra delle guerre trascorse e attuali ha accompagnato la giornata del Papa sulla costa dalmata con un riferimento a Dubrovnik, l'italiana Ragusa, bombardata dai serbi. «Sulla costa croata, lungo i secoli, sono fioriti meravigliosi capolavori di architettura. Tutti potevano godere di questo splendido patrimonio inserito n un incantevole paesaggio. Purtroppo a causa delle guerre, parte di questi tesori è andata distrutta o è stata danneggiata. L'occhio umano ormai non potrà più gioirne. Come non provarne rimpianto»? E poi ci sono le perdite umane. La Croazia lamenta ventimila fra caduti e scomparsi, persone inghiottite dal buco nero del conflitto, e di cui non si è mai saputo più nulla. Centocinquantamila sono gli sfollati che ancora sperano in un ritorno. «Mi sento in special modo vicino ha dettto Papa Wojtyla - a quanti con ansia attendono ancora oggi notizie certe circa la sorte dei loro cari scomparsi durante la recente guerra. E vicino sono pure a coloro che, strappati alle loro case dalla violenza bellica, ancora non hanno potuto rientrarvi». Una folla impressionante ascoltava il Papa sulla spianata di Znjan, in riva al mare. Trecentomila persone, forse anche di più, giunte da tutti i Balcani, cn il presidente Tudjman in prima fila. Ma più importante - dal punto di vista del Vaticano - era la presenza del metropolita serbo-ortodosso Iovan di Zagabria. A soffrire il caldo come il Papa, sotto il sole cocente. Infine, il commiato. La parola usata con maggiore frequenza è stata «democrazia»; evidentemente i vescovi gli hanno detto che non ce n'è abbastanza sotto il regime attuale. «Ho visto una società che vuole costruire il suo presente e il suo futuro su solide basi democratiche», ha detto il Pontefice. Ma ha aggiunto: «La democrazia ha un alto prezzo: la moneta con cui pagarla è coniata col nobile metallo dell'onestà, della ragionevolezza, del rispetto del prossimo, dello spirito di sacrificio, della pazienza. Pretendere di ricorrere a monete diverse significa esporsi al rischio della bancarotta». Marco Tossiti Giovanni Paolo II visibilmente affaticato durante la Messa celebrata sulla spiaggia di Spalato, in Croazia

Persone citate: Angelo Sodano, Giovanni Paolo, Giovanni Paolo Ii, Navarro, Papa Wojtyla, Tudjman