«Padroni in casa nostra, liberi da Bossi»

«Padroni in casa nostra, liberi da Bossi» In settecento al congresso dei ribelli: attacchi e insulti al Senatùr: «Cloaca massima» «Padroni in casa nostra, liberi da Bossi» Comencini battezza la «nuova Ugo» SAN MARTINO PI LUPARI DAL NOSTRO INVIATO «Semo stai boni, boni, boni. Ma ora ghe semo svejai e semo Leoniii!!!». Mariangelo Foggiato, nuovo presidente della nuova Liga, è al microfono e trema di tensione. «Veneto libero!». In questo palazzetto dello sport pieno di Leoni di San Marco formato bandiera, Fabrizio Comencini, il nuovo segretario, rivela: «Quando i nostri amici Serenissimi sono andati sul campanile di Venezia, ho capito che occorreva uno strumento veneto. Prima di tutto viene il Veneto!». Il Leone, la bandiera, la terra, la storia, la cultura, l'identità, la tradizione, il dialetto, Daniele Manin, la serenissima Repubblica. «Veneti e basta!», dice il vicentino Ettore Beggiato. «Padroni a casa nostra!», ripete Comencini. In 700 applaudono e votano. Viva el Leon! Nasce la nuova Liga e troppo assomiglia a quella vecchia, Anni Ottanta, Franco Rocchetta in osteria con il venditore ambulante di mutande Achille Tramarin, uno che diventerà senatore: il Leone, la terra, la storia, il dialetto eccetera. Poi Rocchetta litigò con Tramarin, arrivò Bossi con la Lega Nord, Rocchetta se ne andò, si presentò Comencini e adesso si riparte daccapo. Su il bandierone con il Leone di San Marco, fratelli veneti venite a noi che siamo la vera Lega, mica gente che viene dalla Lombardia per comandare. «Veneti soprattutto!». Sarebbe lo stesso slogan della destra austriaca e tedesca, ma non importa. Quel che importa, qui, è gridare «Padroni a casa nostra!». Ovazione. In 7.00 per dire addio a Bossi e alla sua Lega Nord. Tanti o pochi non si può stabilire. Come dice lo stesso Comencini si vedrà più avanti. Si vedrà, ad esempio, alle elezioni regionali del Duemila. Quanti danni produrranno alla Lega di Bossi e a vantaggio di chi? «Qualcuno pensa che questa nostra azione politica sia funzionale alla destra - dice Comencini -, ma non è così». Ai posteri. Qualcuno, è ancora Comencini, dice che siamo traditori. «Ma non è così». Come per tutte le scissioni legaiole, il traditore è sempre l'altro e la mia Lega è più Lega della tua. Que sta che nasce si chiamerà «Li ga Veneta Repubblica». E nasce, come le precedenti scissioni, in compagnia di rabbie, voglie di vendetta e malcelati rancori. Comencini dal palco sfotte Bossi: «Caro segretarione...» Dicevi che eravamo in guerra per la Padania e dovevamo stare uniti, ma ora che hai per so, che la guerra è finita, vat tene a casa tua. In un corri doio, al prudente Comencini scappa il veleno. «Bossi? Come si fa a dialogare con uno che va in televisione a dire che un no stro dirigente ha l'amante? Quando avrà finito di fare il pazzo e di insultare, vedremo. Se ha cambiato spacciatore non è colpa mia. E cosa dovremmo dire delle sue donne?». Torna sul palco e se la riprende con Bossi senza nominarlo, «cloaca massima». Ce l'ha pure con i giornalisti che «scriveranno che siamo quattro gatti». Per non parlare di quelli che ha identificato come «consiglieri di Bossi». Veneto, Leoni, Serenissima. E la politica? Pochina, a sentire Comencini. E altro non avrebbe potuto concedere, in questo momento, soprattutto nel campo minato delle alleanze. Il nodo, da sempre, è quello dei voti, tanti voti da diventare primo partito in Regione. Ma per farne che? Aspettare la Padania che non c'è? «Non vogliamo chiedere ad altri il permesso di lottare per la pedemontana, per il passante di Mestre, per le strade e le infrastrutture che servono al Veneto», dice Comencini tra una citazione da Einaudi, una da Pasolini e una («veniamo da lontano e andiamo lontano») pure da Togliatti. Ma per questa Liga le alleanze saranno comunque inevitabili. Forza Italia è lì che aspetta da un pezzo. A novembre ci sono le elezioni per i sindaci di Treviso e Vicenza. Troppo presto per sbilanciarsi. «Dateci qualche mese di tempo», dice Comencini. L'obiettivo, come per la Lega Nord, saranno le regionali del 2000. E lì si vedrà in che condizioni, e con quali alleanze, si presenteranno i 700 del Palazzetto dello Sport. «Non so come andrà a finire - dice Stefano Signorini, deputato da due legislature, veronese come Comencini - Ma so che la gente veneta è con noi». Tutti quelli che hanno lasciato la Lega dicevano lo stesso. «Ma qui interviene Flavio Contin uno dei Serenissimi del Campanile - è diverso: Bossi credeva di aver buttato fuori un Miglio o la Pivetti, e invece ha preso a calci un popolo». «Paroni in casa nostra!». «Viva el Leon!». A Roma c'è una crisi di governo che avanza? Manco una parola. Qui c'è «il Veneto che finalmente scioglie le catene e può decollare!», dice il presidente Foggiato. Dove andrà? «Autonomia e autodeterminazione». Va sul palco Antonio Serena, per tre volte senatore di Treviso. Ha accanto il figlioletto che gioca con il filo del microfono e vede babbo che si trasforma, cambia tono di voce e imita quello di Bossi. Gli dice di «piantarla di offenderci», e va bene. Poi prosegue così: «Sei un capo da strapazzo, non vali niente, sei un conduttore di fesserie, circondato da coglioni e ignoranti del tuo stampo, bulletto di periferia. Dimettiti!, Ritirati!. La pagina è chiusa». Franco Biscotto, leghista bossiano arrivato («per capire») da Reggio Emilia, si avvicina garbato: «Scusi senatore, ma se è come dice lei, perché non se n'è accorto prima?». A momenti vien fuori la rissa, e mancava solo questa. Fosse per Comencini le cronache dovrebbero riportare la nascita di un Evento, della casa Co¬ mune dei Veneti finalmente liberi «di essere felici». Non si offenderà se le cronache si permettono di notare qualche differenza tra segretario e presidente. Per Comencini, come per Serena, la pagina con la Lega Nord è chiusa. Per Foggiato no. Ma oggi va bene così. Segretario e presidente si abbracciano, i Leoni sventolano nelle bandiere, in 700 applaudono festanti. «Veneto libero!». Libero da Bossi. Giovanni Cerruti A sinistra Fabrizio Comencini durante il suo intervento A destra sostenitori leghisti fuori dal palasport di S. Martino Il leader dei ribelli «Umberto? Come si fa a discutere con uno come lui Se ha cambiato spacciatore non è mica colpa mia...» A sinistra il simbolo del gruppo che è nato ieri dopo la scissione dalla Lega Nord