La «vendetta» di Trotzki di Aut. Ram
La «vendetta» di Trotzki Rifondazione: i marxisti-leninisti del presidente in minoranza La «vendetta» di Trotzki «Mai al governo con D'Alema Lui non è mica di sinistra» PROMA ER uno scherzo non della storia, ma certo della cronaca, il marxista leninista Armando Cossutta ha perso il controllo della linea politica del proprio partito anche per colpa dei trotzkisti. Maitan ha votato con Bertinotti, Ferrando ha votato per conto suo, coerente con quanto sempre detto: ma i cossuttiani hanno sperato fino all'ultimo minuto che cambiasse opinione. Una cosa impossibile. Così Livio Maitan, il professore trotzkista, il vecchio rivoluzionario che ha sempre sognato di far cadere un governo, finalmente ce l'ha fatta. Dopo settantacinque anni portati con l'eleganza trasandata di un colto nonno del comunismo, è finalmente soddisfatto, «e per forza: cade il governo Prodi, che non è mica il governo di un comunista». Si sapeva, non da giorni ma da un anno almeno, che i voti dei trotzkisti sarebbero stati determinanti nell'implosione di Rifondazione. E' un po' una nemesi: solo grazie ai 24 voti di Livio Maitan Bertinotti ha vinto. Per arrivarci, ad avere quei voti, è stata necessaria una trafila di documenti, mozioni, ordine del giorno, e un incontro vis-à-vis tra due uomini che, in comune, hanno solo gli occhi azzurri. Perché se chiede, a vittoria appena certificata, a Livio Maitan come faccia a stare con Bertinotti che ha appena finito di magnificare le sorti magnifiche e progressive di Rifondazione che «nel medio periodo può anche smettere di stare all'opposizione», che è come dire tornare al governo, il vecchio rivoluzionario sgrana gli occhi: «Ma guardi che per i trotzkisti andare al governo non è mica proibito, anzi». Una frase che, presa così, senza indagare almeno un pochino, sarebbe una notizia: il vivacissimo epigono del fondatore dell'Armata Rossa al governo con il segretario dei post-comunisti. Ma l'illusione dura poco: «D'Alema? Noi al governo con D'Alema? No, questo non è proprio possibile: quello lì non è mica di sinistra. Io volevo solo dire che quando in Italia ci sarà un governo di sinistra, beh, noi andremo al governo». E quando? La domanda è un po' troppo: Maitan rimane sopraffatto, non vorrebbe rispondere «mai», e poi la sua vita ha già percorso i tre quarti di un'intero secolo. Risponde solo: «Quando...». Maitan e Ferrando, i due leader trotzkisti di Rifondazione comunista, sono esattamente come Bertinotti e Cossutta. Si sfiorano dandosi solo le spalle, e se uno dei due parla con un giornalista, l'altro subito lo tampina, «ho sentito quello che ti ha detto, ma tu che ne pensi?». Niente, Ferrando: solo, come si fa a essere trotzkisti e così diversi e nemici in uno stesso partito? Ferrando si accarezza la barba da filosofo sotto la fronte così alta da sfiorare la calvizie, una fronte che dicono abbronzata al sole di Biarritz, e spiega che «la Quarta Internazionale (quella appunto fondata da Trozckji n.d.r.) è mia grande organizzazione, molto composita al proprio interno». Tanto composita che il trotzkista Ferrando, a differenza del trotzkista Maitan, ha tentato di stanare Bertinotti, del quale è sempre stato all'opposizione. Esci subito dal governo, Fausto, e i nostri voti saranno i tuoi. Bertinotti, come è noto, ha rifiutato: perché era certo di stravincere, e perché quello di Ferrando sarebbe stato mi vincolo ideologico molto più forte di quello con Maitan. Ma Ferrando lo sapeva da prima: si capisce che detesta il segretario, che reputa la sua politica fumosa e ambigua. E per lui, quelli di Maitan sono «trotzkisti che sbagliano». Perché? «Perché oggi si sono schierati solo apparentemente hi vista della sfiducia a Prodi: la loro è mia posizione che terranno anche al congresso». E siccome appunto si sa che con Bertinotti il partito di lotta può diventare, «se cambiano gli scenari», come niente un partito di governo, beh, questo è tutt'altra cosa della tanto agognata rivoluzione permanente. [aut. ram]
Luoghi citati: Italia
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