«Un fatto terribilmente provinciale» di Alberto Papuzzi

«Un fatto terribilmente provinciale» «Un fatto terribilmente provinciale» Giolitti: questa scelta rischia di isolarci in Europa «Con Blair, Jospin e Schroeder ci sono condizioni per una politica riformistica: non tagliare le ali a un governo che deve sostenerla» «Bertinotti manca di realismo politico. La sua linea attuale è il contrario di quello che è sempre stato il comportamento del Pei» SROMA TATE attenti a quello che fate, dice agli uomini di Rifondazione comunista Antonio Giulitti, ministro della Programmazione nella prima esperienza dei governi di centrosinistra degli Anni Sessanta, in seguito membro delle commissioni comunitarie. «Ripensateci un momento. Volete che a decidere le nostre sorti sia la Banca centrale o i governi socialdemocratici? Volete che i problemi sociali ed economici, in primis la disoccupazione, siano affrontati con una politica monetarista o con un politica riformista? Fausto Bertinotti e chi condivide le sue posizioni mostrano di non capire in quale conteste vadano viste a fine secolo le cause di preoccupazione e le prospettive di sviluppo». Quando gli comunichiamo il risultato della votazione al comitato politico di Rifondazione comunista, Giolitti è sprofondato nella lettura d'un saggio sui problemi dell'unione europea. Che cosa significa questo voto, di fronte a un'Europa avviata, con la vittoria anche di Schroeder, nel solco della socialdemocrazia? «L'estremismo di Rifondazione comunista - risponde - diventa l'anomalia italiana. Nelle formazioni della socialdemocrazia europea ci sono tensioni e confronti, ma non si arriverebbe mai a una crisi di governo. Rifondazione deve guardare all'Europa: se provoca la crisi è come se la sinistra italiana fosse condannata a essere sempre anomala». In questa anomalia Giolitti riconosce i postumi del Sessantotto, come cultura politica antagonistica. Il suo invito a una scelta responsabile è rivolto nella direzione di superare un'identità che costituisce una gabbia. «Naturalmente c'è stato il Sessantotto anche nel resto d'Europa, ma altrove è stato progressivamente riassorbito e ha contribuito a rianimare il revisionismo socialdemocratico, mentre in Italia la componente estremistica ha voluto mantenere un'identità separata fino al rischio d'una divaricazione irrimediabile all'interno della sinistra». Questo intellettuale, protagonista di fasi storiche nella vita della sinistra italiana, ricorda come la parola comunista abbia avuto una dimensione internazionale: «La scelta di Bertinotti si presenta invece come un fatto terribilmente provinciale». Visti nella prospettiva della politica europea, le beghe di partito, i calcoli elettorali, le ipotesi su una staffetta ProdiD'Alema appaiono a Giolitti un'angusta visione: «Vorrei che Bertinotti non dimenticasse il ruolo dei governi nazionali. Corriamo il concreto rischio di avere in Europa un governo della Banca centrale, ottima istituzione, alla quale tuttavia non affiderei la soluzione dei problemi sociali. Occorre riconoscere invece il peso che possono avere i governi socialdemocratici. Ci siamo dimenticati che il Piano Delors, unico strumento per una politica riformista in ambito europeo, venne accantonato dai governi conservatori? Oggi che Blair ha sostituito Major, Jospin Juppé e Schroeder Kohl, oggi che ci sono le condizioni per una politica riformistica europea, vogliamo che proprio il governo italiano faccia cilecca?» L'accusa, e l'appello, che l'anziano uomo politico muove al segretario di Rifondazione è di restare chiuso in una visione localistica. Problemi enormi come la disoccupazione non si risolvono con una decisione di Prodi o D'Alema, ma con una politica concertata di respiro europeo: (Adesso che questa politica, dopo la vittoria di Schroeder, ha reali prospettive, vogliamo tagliare le ali a uno dei governi che devono sostenerla? C'è un'incapacità di guardare fuori dal proprio orto, peraltro venuta già a galla, a mio avviso, nella richiesta delle 35 ore. Proprio nel momento in cui l'Italia, con l'ingresso nell'Euro, ha un ruolo importante nella politica europea, proprio in questo decisivo momento la sua voce è destinata ad affievolirsi?». La stessa storia del comunismo italiano parla contro la decisione presa da Rifondazione comunista: «Dico a Bertinotti che le sue posizioni rischiano d'essere un ideologismo esasperato, espressione d'una mancanza di realismo politico, oserei dire d'un disprezzo per la politica. Simili comportamenti erano considerati eretici nel pei e non sarebbero stati assolutamente tollerati. La linea attuale di Rifondazione è il contrario di quello che è stato il comportamento del pei dalla svolta di Salerno al dissolvimento nel pds. Infatti in Cossutta ritrovo il realismo tipico del pei conosciuto da noi, soprattutto quello di un Ciorgio Amendola, che mai e poi mai avrebbe tirato la corda fino a spezzarla». Alberto Papuzzi I Qui accanto Antonio Giolitti ministro della Programmazione economica nei governi di centrcsin.ìtra degli Anni Sessanta A sinistra il neo Cancelliere tedesco Schroeder L'EX MINISTRO DEL CENTROSINISTRA

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