Sardegna, l'isola che affonda
Sardegna, l'isola che affonda discussione. Alghero, un convegno lancia l'allarme sul futuro degli ultimi paradisi italiani Sardegna, l'isola che affonda Fra turismo e ambiente convivenza difficile ALGHERO DAL NOSTRO INVIATO A vederle in lontananza, dal mare, le isole del Mediterraneo fanno pensare a navi troppo cariche di turisti e di case, che stanno per affondare. Il guaio non sono i visitatori tout-court, naturalmente, ma il turismo di massa, che copre le coste di alberghi, villaggi turistici, imbarchi e porticcioli, sfruttando senza pietà solo le tre «s»: sun, sand, sea (sole, sabbia, mare) e ignorando nel migliore dei casi - un immenso patrimonio culturale. L'allarme è stato lanciato dai rappresentanti di «Europa Nostra», riuniti ad Alghero per un convegno internazionale: l'associazione, collegata al Consiglio d'Europa e all'Unesco, raccoglie oltre 200 organizzazioni non governative europee, dal National Trust inglese al Fai, Fondo per l'ambiente italiano. Sorta su iniziativa di Italia Nostra, l'associazione festeggiava anche i 35 anni di vita. Il filo conduttore («Dossier Sardegna. Radiografia di uno degli ultimi paradisi mediterranei»), non ha impedito ai relatori di offrire un'inquietante panoramica internazionale: Cipro ostaggio dei tour operator (e Afrodite fuggita chissà dove, davanti a due milioni di turisti l'anno); le Baleari schiacciate (e assetate) da 8 milioni di turisti annuali, ma con un progetto di aeroporto a Palma di Maiorca per 25 milioni di arrivi l'anno; Malta che non può permettersi di perdere nemmeno un turista, ma paga costi culturali e ambientali sempre più alti. A forza di «ghetti per turisti», i Paesi finiranno come il bellissimo e barbuto modello citato dal moderatore Piero Angela: un giorno decide di radersi e imbellettarsi e alla fine gU artisti, che lo amavano proprio per la sua barba, non lo cercano più. Lo scontro si è acceso, presenti i vertici delle amministrazioni locali, sul destino della Sardegna: Pier Luigi Cervellati, docen- te dell'Istituto di Architettura di Venezia, ha tuonato contro i «predatori di bellezza» dell'isola e li ha pregati di «non innamorarsi più della Sardegna». «Ci vuole un blocco edilizio di dieci anni», ha detto, ricordando che mentre l'entroterra si svuota e la cultura sarda svapora, si saturano le coste: grattacieli a Porto Rotondo e Platamona; una crosta di villette a ViUasimius e Arzachena; Palau, tremila abitanti d'inverno, invasa da 50 mila persone d'estate. Immediata la reazione di alcuni amministratori: «Diteci cosa dobbiamo fare, con una disoccupazione al 35%, volete mettere l'isola in formalina?». «Meglio la formaldeide del cemento», ha replicato Cervellati. Giulia Maria Crespi, presidente del Fai, ha rincarato la dose: «Molti paesi scoppiano nei quattro mesi estivi e sono deserti da ottobre a maggio: e i giovani, che hanno guadagnato bene ad agosto, stanno a perder tempo nei bar. E' giusto vivere così? Risogna cambiare modello di sviluppo, puntare sulle cooperative, sul turismo culturale e non solo balneare, sui parchi (come quello geominerario), sull'agricoltura: i cinghiali distruggono vigne e raccolti, le cave di granito del nuorese e della Gallura si mangiano pezzo dopo pezzo i monumenti naturali più belli: le montagne. Però gli alberi ricrescono, le montagne no». Il presidente della Regione autonoma Sardegna, Federico Palomba, ha minimizzato e respinto le accuse. «Quanto al granito - ha concluso - intendiamo sfruttarlo fino in fondo, senza importare materiali dall'estero». Che intenda livellare le montagne? L'ultima parola l'ha avuta il ministro dei Beni Culturali Walter Veltroni: «Teatri, musei e monumenti - ha detto - sono la nostra Amazzonia, il nostro ossigeno. La cultura è nel nostro Dna di italiani: se esistesse un G7 della cultura ci entreremmo di diritto, come superpotenza. Basta con l'equazione in voga negli Anni 50 e 60 sviluppo uguale cemento: la violenza contro il nostro patrimonio ambientale e culturale è quanto di più antieconomico possa fare l'Italia». Ricordando, per l'anno prossimo, la prima importantissima Conferenza nazionale sul paesaggio, e alcune significative vittorie dello Stato in questo campo (a cominciare dalla tutela del paesaggio di Montemassi dove cavalcò Guidoriccio, battaglia innescata su queste pagine dalla denuncia di Frutterò & Lucentini), Veltroni ha annunciato un affondo forse decisivo contro i «predatori di bellezza»: il suo ministero, quello dei Lavori Pubblici di Paolo Costa, quello del Tesoro di Carlo Azeglio Ciampi e quello dell'Ambiente di Edo Ronchi hanno preparato un disegno di legge che trasferirà dal sindaco al prefetto e al genio militare i poteri per applicare sanzioni e demolire le case abusive. «Questo - ha aggiunto Veltroni testimonia la volontà del governo di buttare giù l'albergo Fuenti (sulla costiera amalfitana, ndr) e migliaia di edifici che avviliscono il Bel Paese». Come quelli abbattuti pochi giorni fa su quattro chilometri di costa a Eboli, in terra di camorra. Chi di ruspe ferisce, di ruspe perisce, il «demolition day» (così lo definisce Legambiente) sembra iniziato. Carlo Grande Grattacieli a Porto Rotondo e Platamona; ViUasimius e Arzachena invase dalle villette Veltroni: «Violentare le nostre bellezze è antieconomico Abbatteremo l'hotel Fuenti» Un'immagine dì Porto Cervo. Sopra Maria Giulia Mozzoni Crespi, presidente del Fondo per l'ambiente italiano. In basso il ministro dei Beni culturali Walter Veltroni
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