«Poteva vincere ancora» di Cristiano Chiavegato
«Poteva vincere ancora» «Poteva vincere ancora» Parla Roda, suo allenatore e amico L'INTERVISTA ALBERTO VISTO NEL PRIVATO «PoParFLAVIO Roda è l'uomo che ha accompagnato Alberto Tomba agli inizi e al termine della carriera. Maestro di sci, emiliano come lui, ma schivo e profondamente diverso, è stato un tecnico che - per sua stessa ammissione - ha dovuto insegnare ben poco all'allievo. Degli allenatori che hanno avuto in carico il campione quello con cui ha avuto più affinità psicologica. Mai mio screzio. Quando vi eravati incontrati? «Avevo conosciuto Alberto, quindicenne, iscritto nella squadra agonistica regionale nella stazione di Corno alle Scale a Lizzano in Belvedere, sull'Appennino bolognese. Per dire allora che quel ragazzo sarebbe diventato un fenomeno bisognava essere degli indovini. Una cosa però è certa. Tomba sapeva il fatto suo. Davanti al cacelletto di partenza, ripeteva la stessa frase: oggi vinco io. Aveva una grande fiducia nelle sue forze e qualità superiori alla media». Poi c'è stato il ritorno... «Anche se rapito dai primi successi all'ambito locale, Alberto non si è mai dimentica di me. Tanto è vero che non appena volle una squadra tutta sua, dall'allenatore allo ski-man, mi richiamò nel 1994. Una vita in comune: le trasferte in auto, gli alberghi, le piste Roda, com'è il Tomba privato? «Come quello pubblico. Anzi sovente quando doveva parlare in mezzo alla gente, a volte gio- cava in difesa. Però è sempre stato un ragazzo capace di dire quello che pensava, di fare quello che credeva. Fra noi c'è molto rispetto». Ma non ci sono episodi particolari, fatti che diano un'immagine più approfondita dell'uomo più che del campione? «No. Alberto è un ragazzo normale come quelli della sua età. Un ragazzo che ha saputo sopportare pressioni enormi. Sapete cosa vuol dire partire per un'Olimpiade o un Mondiale e sapere che devi vincere, che il secondo posto verrebbe considerato una sconfitta? Qualcosa che non è mai apparso del modo di fare di Tomba, comunque, lo posso rivelare. Dietro all'atleta esuberante, focoso, esplosivo, c'è stata sempre una enorme attenzione ai particolari. Dalla scelta dei materiali all'abbigliamento. Alberto controllava tutto. Un vero perfezionista». Doti e difetti? «Io posso solo parlare di qualità positive. Umanità, l'amore per i bambini, la volontà di partecipare a iniziative benefiche. Non ho mai sentito Alberto parlare male di qualche avversario, di un altro atleta. Si limitava a pronunciare qualche frecciatina delle sue, magari bruciante, ma sempre corretto. E poi qualche mania ma nessuna superstizione. C'è stato il periodo delle rime, quando cercava di parlare in una prosa tutta sua, o quella dei numeri che indicava con le mani o cambiando quelli dei pettorali. Non andava neppure troppo forte in macchina, anzi forse io al volante spingevo più di lui». Lei sa quale è il vero motivo per cui Alberto ha deciso di abbandonare? «Mi sembra evidente. Tomba avrebbe potuto continuare. Il fisico è integro. Sono sicuro che avrebbe vinto ancora. Ma era stanco di fare sempre le stesse cose, un po' demotivato. Quando ha chiesto dei cambiamenti nelle regole, nella Coppa, lo hanno sempre preso per uno sterile contestatore. Invece vuole bene allo sci, gli sarebbe piaciuto andare avanti, farne uno sport più moderno, attuale. Nessuno lo ha mai ascoltato. E lui se ne va». Cristiano Chiavegato Flavio Roda il tecnico emiliano che per primo aveva allenato Tomba e che lo ha seguito negli ultimi quattro anni
Persone citate: Alberto Tomba, Flavio Roda, Parla Roda, Tomba
Luoghi citati: Lizzano In Belvedere
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