La pista parte da Tirana di Francesco Grignetti

La pista parte da Tirana La pista parte da Tirana «Così cercano rifugio in Italia» LE ROTTE I ROMA L «waming», cioè l'allarme, era suonato da tempo. Più o meno, a fine giugno, quando gli uf-. fici della Già avvertirono i colleghi italiani, inglesi e francesi che un pericoloso terrorista egiziano era scampato a ima retata in Albania e presumibilmente era sbarcato in Italia. L'operazione che ha portato all'arresto di tre integralisti islamici a Torino l'altra notte, infatti, parte da lontano. Proviene dalle operazioni mondiali della Cia contro il miliardario islamico Osama Bin Laden, i suoi gruppi, le infiltrazioni in Albania e in Bosnia. L'operazione di Torino, se voghamo, è solo un tassello. Ma è anche la prova che i nostri investigatori sono stati veloci. Non era poi così facile, infatti, ritrovare le tracce di un egiziano che nei primi giorni di luglio, quando il traffico di gommoni e di clandestini lungo il canale d'Otranto è al suo massimo, varca nottetempo la frontiera e si dilegua verso il Nord Italia. Seguiva la via di fuga più facile. Ma anche quella più sperimentata. E poi in Italia c'è sempre qualche immigrato simpatizzante che mette a disposizione una casa, abiti, un piatto caldo. Ai soldi e ai documenti falsi ci si pensa dopo. Questo egiziano voleva forse fare qualcosa in più. Magari vendicarsi. Ma poi sono scattate le trappole. C'è voluto qualche mese di indagine, insomma, con tutti gli apparati in subbuglio - Sismi, Sisde, polizia di Stato, carabinieri - ma alla fine sono arrivati alla pista giusta. E guarda caso, ma si capisce solo adesso, proprio negli stessi giorni di questo segretissimo lavorio, la relazione sulla sicurezza al Parlamento, redatta da Palazzo Chigi, era tutto un intreccio di preoccupazioni sulla esplosiva miscela immigrazione-clandestirdtà-integralismo. Per capire meglio, però, è necessario un passo indietro. Tornare alla primavera '97, quando la Cia mette gli occhi su una organizzazione umanitaria con uffici in Albania ampiamente infiltrata da terroristi, la «Al Haramain». A fine giugno scatta un'operazione di polizia teleguidata dagli americani. Nel corso di un'irruzione a Tirana, vengono arrestati diversi egiziani armati. Sono accusati di essere militanti di «Jamaa Al Islamya», gruppo oltranzista egiziano. Da no¬ tare che «Jamaa» è uno dei cinque gruppi islamici che ha firmato un patto d'azione in Sudan, a Kartoum, negli anni scorsi. Fanno parte, cioè, sia pure conservando la propria sigla e indipendenza, di quel «cartello internazionale del terrore islamico» che riconosce nel miliardario Osama Bin Laden una guida carismatica. Dopo gli arresti in Albania, per tutta l'estate la tensione a Tirana è salita alle stelle. Un battaglione di marines ha presidiato in permanenza l'ambasciata americana. Sono accaduti anche fatti inspiegabili: un poliziotto albanese è stato ainmazzato da un soldato mentre cercava di scavalcare il muro di cinta che protegge la villa dell'ambasciatrice statunitense. Si temevano vendette. Il 7 agosto, ma difficilmente è la stessa trama, sono arrivate le autobombe di Nairobi e Dar es-Salaam. E' seguita la rappresaglia americana a base di missili sull'Afghanistan. Naturalmente c'è stata fibril¬ lazione anche in Europa, Italia compresa. Né va dimenticato il povero colonnello Cannine Calò, in servizio di pace sotto bandiera Onu, ammazzato per strada a Kabul. Ma in generale tutti i possibili obiettivi americani sono stati blindati. Sono aumentati di molto i controlli agli aeroporti. E c'è stato clù, specie negli Usa, ha paventato minacce alla incolumità del Pontefice. I nostri investigatori, al riguardo, anche adesso ostentano la massima tranquillità. Ma intanto raddoppiavano gli sforzi per rintracciare l'egiziano arrivato dall'Albania. Lo hanno individuato durante l'estate: aveva trovato ospitalità presso una famiglia italo-araba a Torino. La questione è stata debitamente girata alla Digos torinese. E si è trasformata in una ordinaria operazione di polizia, con pedinamenti, intercettazioni, rapporti al magistrato, ordinanze di arresto. C'è da allarmarsi, per questa scoperta? «Non troppo. Noi non pensiamo - commentano fonti dell'intelligence italiana - che l'egiziano stesse preparando chissà che cosa. Piuttosto cercava di sfuggire alla cattura. Questi covi italiani sono una retrovia dove cercano di tirare il fiato quando l'aria gli si fa irrespirabile altrove». Francesco Grignetti Un investigatore: questi covi sono una retrovia dove i terroristi sbarcano quando la caccia si fa troppo serrata

Persone citate: Cannine Calò, Osama Bin Laden