D'Alema resta ottimista: ce la faremo di Augusto Minzolini

D'Alema resta ottimista: ce la faremo Parigi, il leader Pds ha incontrato Jospin: i parlamentari si esprimeranno secondo coscienza D'Alema resta ottimista: ce la faremo «Troveremo i voti perfar passare la Finanziaria» PARIGI DAL NOSTRO INVIATO Seguire gli sviluppi della complicata situazione politica italiana dietro le porte della nostra ambasciata a Parigi o, magari, nel cortile dell'Hotel Matignon, sede del primo ministro francese, può sembrare una cosa originale. Eppure, complici la trasferta in terra di Francia di Massimo D'Alema e il vertice italo-francese della prossima settimana, dei problemi di Romano Prodi, delle paturnie di Fausto Bertinotti, insomma, dei nostri guai che non finiscono mai, si discute anche qui. Del resto la politica italiana è originale sempre e comunque: proprio quando il governo di centrosinistra dell'Ulivo torna ad essere citato nei discorsi di Lionel Jospin (il premier francese lo fa addirittura in maniera esagerata per farsi perdonare le amnesie dei giorni scorsi), c'è il rischio che vada in crisi, che non ci sia più. Almeno queste sono le voci che provengono da Roma insieme agli echi del comitato politico di Rifondazione, caratterizzato dai niet di Bertinotti. Ma, come spesso accade, visti da lontano i problemi appaiono meno drammatici. Così l'impazzimento romano, mediato dalle sicurezze di D'Alema, a Parigi diventa ancora governabile per il presente ma pieno di incognite per il futuro. Questo è quello che si arguisce almeno dalle mezze frasi che il segretario della Quercia dedica al tema nella cena dell'altra sera all'ambasciata italiana. «Probabilmente riusciremo - ha spiegato - a trovare una maggioranza, a trovare i voti per approvare la legge finanziaria. La soluzione che si prospetta, comunque, è fragile e non è certo entusiasmante. Ma quello lo vedremo poi...». A stare appresso, quindi, a quello che si dice sui canali di comunicazione dell'Ulivo tra Roma e Parigi, la Finanziaria dovrebbe essere già fuori pericolo, grazie ai rifondaroli che seguiranno Armando Cossutta, ad ex leghisti, come i deputati Franca Gambato e Stefano Signorini, e a qualche cossighiano. Sempreché all'ex capo dello Stato passi l'arrabbiatura che gli ha provocato lo strano atteggiamento di Prodi: in pubblico il Professore quasi lo insulta, in privato gli chiede i voti. Ieri nella colazione offerta da Jospin a latere del convegno organizzato dal Ps francese sull'occupazione, davanti a Rocard e Scharping, D'Alema si è mostrato sicuro sugli sviluppi dei prossimi giorni. Ha rincuorato anche Fiorella Ghilardotti una parlamentare europea della Quercia presente all'incontro: «Non ti preoccupare. Io sono ottimista. Vedrai che i parlamentari voteranno secondo coscienza». Una sicurezza che si è trasformata quasi in spavalderia, nel cortile dell'Hotel Matignon, quando ha parlato con i cronisti di quei 40 minuti trascorsi da solo con il primo ministro. «Jospin ha voluto informarsi sulla nostra situazione ha raccontato - alla vigilia del vertice italo-francese. Mi ha colpito la grande solidarietà che ha mostrato nei confronti del governo Prodi. Ha detto che il suo venir meno sarebbe un fatto stupefacente e doloroso, non comprensibile visto che ha imposto una svolta nel ruolo dell'Italia in Europa. Noi speriamo di riuscire a difendere la maggioranza, a garantire la continuità del governo innanqitutto rivolgendoci alla maggioranza che si è formata il 21 aprile. In questo, è meglio dirlo subito, concordo con Prodi e Veltroni». Parole che sono una conferma dell'atteggiamento assunto da D'Alema in questa crisi: il segretrario diessino vuole assecondare fino in fondo le scelte della coppia di Palazzo Chigi. Questo, però, non significa che non abbia qualche dubbio. Probabilmente lui non avrebbe usato i toni di Prodi con Cossiga, non avrebbe drammatizzato in questo modo la situazione, non sarebbe andato alla conta già la prossima settimana su un voto di fiducia al governo ma avrebbe preferito giocare la partita nel confronto parlamentare sulla Finanziaria. Visto che Prodi e Veltroni hanno scelto il gioco duro, lui non si tira indietro. «Noi - ha rimarcato ieri - ci siamo fortemente impegnati per garantire che il governo abbia una maggioranza e siccome tutte le volte che ci siamo fortemente impegnati nel passato abbiamo avuto successo, abbiamo la ragionevole speranza che riusciremo anche questa volta. Più che ottimista sono fortemente impegnato». Un'adesione completa alla linea di Palazzo Chigi senza, però, sbattere la porta a Cossiga e polemizzare più di tanto con Bertinotti. Eh sì, l'altro dato che colpisce in questo week-end parigino del segretario è proprio questo: il giorno in cui il segretario di Rifondazione ratifica il divorzio con il governo dell'Ulivo, D'Alema lo critica, ma non oltrepassa quei limiti che potrebbero determinare una rottura irreversibile. Anzi, nel suo discorso al convegno sull'occupazione riprende il tema della riduzione dell'orario di lavoro e rilancia l'idea di inserire il tema dell'occupazione tra i criteri di convergenza delle politiche economiche europee: cioè riprende ragionamenti cari a Jospin e Schroeder, ma che non possono non interessare a Bertinotti. L'appoggio leale e senza riserve a Prodi coniugato con l'attenzione a non chiudere definitivamente nessuna porta né a destra, né a sinistra, sono gli elementi della strategia del segretario della Quercia per governare non solo il presente, ma anche il domani. D'Alema vuole evitare che la soluzione - fragile e non certo entusiasmante - con cui il governo vuole superare lo scoglio della Finanziaria, giocata tutto su Cossutta e sul mercato degli incerti in Parlamento, non diventi l'inizio di una lunga agonia senza sbocchi, devastante per l'immagine del centrosinistra. Per dirla in breve, il segretario della Quercia sta già pensando al «futuro», a quella formula che, coinvolgendolo o meno in prima persona, dovrà garantire la stabilità di governo da qui ai prossimi mesi. Un compito difficile, arduo per come si sono messe le cose. Ma per evitare il patatrac vale la pena pensarci fin d'ora stando attenti alle scadenze: assicurandosi che sia questo Parlamento, quello in cui il centrosinistra è maggioranza, ad eleggere il nuovo Capo dello Stato e facendo un occhiolino anche alla Commissione europea. «Amato vuole Khol alla presidenza della Commissione? Io sapevo - ha ironizzato qualche giorno fa l'inquilino del Bottegone - che ci ambiva lui». Tanto non costa niente sperare: una poltrona sul Colle più alto di Roma o, anche se è più improbabile, in Europa potrebbe risolvere il problema di questa maggioranza. Quello con la P maiuscola. Augusto Minzolini «Il premier francese ha voluto esprimere la sua solidarietà al governo Prodi» Ma Botteghe Oscure non vuole chiudere la porta in faccia a Rifondazione Il segretario del pds Massimo D'Alema