«I verdi con Schroeder Una bomba a orologeria» di Emanuele Novazio

«I verdi con Schroeder Una bomba a orologeria» «I verdi con Schroeder Una bomba a orologeria» LO STUDIOSO DEI GRUENEN PBONN ROFESSOR Juergen Falter, lei insegna scienza della politica all'università di Magonza ed è attento studioso dell'evoluzione dei Verdi. L'Spd riuscirà fare un governo stabile con gli ecologisti? «Riuscirà a fare un governo perché entrambi sono obbligati a farcela: non c'è alternativa, considerate le posizioni di Cdu e liberali. Il punto decisivo ò che tutti e due "vogliono" farcela: dove non potranno trovare un accordo si dovranno accontentare di compromessi formali». Come dire che il primo governo rosso-verde della storia tedesca nascerà con un elemento di debolezza al suo interno? «Proprio cosi. Una seria occasione di conflitto potrebbe esplodere in ogni momento e molto presto: a proposito, per esempio, di una missione della Bundeswehr nel Kosovo». Questo «vizio d'origine» potrebbe compromettere alla lunga l'esistenza stessa del governo? «Sì, soprattutto perché i Verdi non sono ancora riusciti a diventare fino in fondo un partito. Resta molto attivo 1' "elemento democratico" della base, che ha la possibilità di intervenire sulle decisioni del vertice attraverso forme assembleari e referendarie. Se Joschka Fischer vorrà farcela, dovrà sottrarre a questo meccanismo decisionale certi settori chiave come la politica estera e la difesa». Questo significa che i Verdi tedeschi non sono ancora maturi per governare? «Diciamo che lo sono "con riserva". Quel che serve al salto definitivo è una trasformazione della struttura del partito. Un obiettivo difficile da realizzare». I Verdi fanno paura a molti, in Europa, per le loro prese di posizione in politica estera. Sono paure giustificate? «Nel gruppo parlamentare l'ala realista di Fischer ha la maggioranza sull'ala fondamentalista, 26 deputati a 21. Ma come si vede si tratta di una maggioranza ri- stretta, soprattutto nel caso di decisioni importanti e controverse come la partecipazione della Bundeswehr a missioni all'estero. In casi del genere tuttavia i voti mancanti sarebbero certo compensati da quelli della minoranza: Cdu e liberali non faranno mancare l'appoggio a Schroeder quando saranno in gioco gli inte- ressi nazionali e gli impegni internazionali della Germania». Anche gli ambienti economici tedeschi hanno paura di un governo rosso-verde. E' una paura giustificata? «Direi di no. Entrambi i partiti vogliono una maggiore presenza dello Stato nell'economia, ma negli ultimi anni questa presenza è stata troppo ridotta perché non la si riteneva più finanziabile». Non crede che negli ultimi tempi Schroeder si sia per così dire «lafontainizzato»? «Assolutamente. Nelle ultime settimane della campagna elettorale e anche adesso, dopo la vittoria, Schroeder è tornato a sostenere con nettezza le posizioni socialdemocratiche tradizionali. Non credo sia una tattica: per la realizzazione del suo programma di governo, Schroeder avrà sempre bisogno dell'appoggio del gruppo parlamentare socialdemocratico, che è schierato con Lafontaine». Dunque il futuro Cancelliere potrebbe correre un «rischio alla Helmut Schmidt»? Potrebbe perdere la battaglia del partito ed essere costretto alle dimissioni, se non si adeguerà? «Certo. Come Schmidt, anche Schroeder è relativamente al di fuori e al di sopra del partito». Per questo si dice che il ministero di Lafontaine sarà «una seconda Cancelleria»? «Se davvero entrerà nel governo, come è quasi certo ormai, Lafontaine dovrà sottostare anche lui alla disciplina di governo: per questo Schroeder è così interessato ad averlo nella sua squadra. Se invece Lafontaine resterà leader del partito e diventerà capo del gruppo parlamentare, sarebbe davvero un "secondo Cancelliere"». Quanto cambierà davvero la Germania guidata da un governo rosso-verde? «Certamente molto meno di quanto i Verdi e la sinistra Spd si aspettano, ma molto più di quanto Schroeder abbia fatto intendere nella campagna elettorale». Emanuele Novazio Joschka Fischer, il leader dei Verdi

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