Gli 007 avvisano: l'Italia rischia una rappresaglia

Gli 007 avvisano: l'Italia rischia una rappresaglia Gli 007 avvisano: l'Italia rischia una rappresaglia FORCING DIPLOMATICO ■ROMA L governo italiano ò impegnato in un vero e proprio forcing diplomatico sulla Serbia per convincere Slobodan Milosevic ad allentare la morsa sul Kosovo accettando le richieste dell'Onu ed evitando alla Nato la scelta dei raid aerei, che secondo alcuni rapporti di intelligence esporrebbero l'Italia al rischio di rappresaglie. Palazzo Chigi e Farnesina fanno leva sui buoni rapporti esistenti con Mosca e Belgrado per indurre Milosevic a fornire «prove chiare» sulla volontà di ottemperare alle richieste del Consiglio di Sicurezza entro mercoledì, quando la relazione del segretario generale dell'Onu Kofi Annan potrebbe aprire le porte ai blitz. Romano Prodi e Lamberto Dini si sono impegnati personalmente: hanno telefonato ai rispettivi colleghi russi Primakov e Ivanov chiedendo di «fare pressioni su Belgrado per indurla a gesti concreti ed immediati». Primakov ha ribattuto che «la crisi non è risolvibile con la forza» ma a Roma si conta su di lui affinchè Milosevic rispetti gli impegni assunti con Prodi nella telefonata di giovedì. Dini è stato lapidario in proposito con il presidente serbo Milan Milutinovic: «Dovete procedere rapidamente al ritiro delle forze speciali e dell'esercito dal Kosovo e dovete annunciare solennemente l'accettazione del piano americano per l'automonia della provincia, altrimenti un'azione della Nato diventerebbe inevitabile». In serata da Belgrado sono arrivate le prime aperture: invito ai kosovari per riprendere i negoziati, richiesta a Kofi Annan di visitare la regione. Ma ora¬ mai non basta più. E' solo accentando a chiare lettere il dispositivo della risoluzione Onu 1129 ed il piano del mediatore Usa Christopher Hill - che prevede una vasta autonomia amministrativa per un periodo transitorio di tre anni - che la Serbia bloccherebbe il conto alla rovescia della Nato. Prodi ne ha parlato con il leader kosovaro Ibrahim Rugova chiedendogli «responsabilità in questo difficile momento» e sperando che continui a resistere alle tentazioni separatiste. Il forcing italiano si spiega anche con le relazioni dei servizi di informazione Nato che la Difesa continua a ricevere. Per gli 007 esiste la possibilità di una reazione serba ai raid, che potrebbe configurare due scenari diversi. Quello considerato più probabile è una serie di attacchi terroristici «alla libanese» contro i soldati Nato in Bosnia (gli italiani sono 2100). L'altro, giudicato meno probabile ma assai più micidiale, è legato all'ipotesi che Belgrado persegua l'escalation ricorrendo al suo arsenale di missili Scud-B con gittata di 300-400 chilometri (capaci anche di trasportate testate non convenzionali) per colpire le basi aeree ed i centri militari in Italia di cui la Nato si servirà. Secondo alcune fonti militari i serbi disporrebbero anche di una versione degli Scud-B modificata grazie ad un accordo con i russi siglato nel 1996 e capace di una gittata di mille chilometri. «Prepararsi a questi scenari è d'obbligo» hanno fatto sapere alla Difesa gli esperti Nato. L'altro fronte per il governo è in Parlamento dove mentre la maggioranza dell'Ulivo mantine un profilo assai prudente l'opposizione di Rifondazione comunista ad una partecipazione ai raid resta «ferma ed inderogabile». L'Udr di Cossiga invece torna sui propri passi affermando che «in caso di attacco voteremo comunque sì». Maurizio Molinari «Mosca già dal 1996 ha fornito ai serbi una versione di Scud-B capaci di una gittata di mille chilometri» Prodi e Dini impegnati in una serie di contatti per tentare di convincere Belgrado a allentare la morsa Un soldato jugoslavo di guardia a una batteria anti-aerea di fabbricazione russa