L'ultimatum di Clinton alla Serbia di Andrea Di Robilant

L'ultimatum di Clinton alla Serbia «Sul Kosovo gli alleati europei sono con noi pronti a usare la forza, è l'ultimo avvertimento» L'ultimatum di Clinton alla Serbia Mentre Milosevic chiede ad Annan di andare a Belgrado WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Dobbiamo essere molto, molto forti in questa vicenda», avverte Bill Clinton mentre prepara il Congresso e l'opinione pubblica americana ad un'azione militare della Nato contro la Serbia che potrebbe essere decisa già la settimana prossima. «Lo abbiamo visto in Bosnia: (la forza) è l'unica cosa che funziona quando si deve trattare con il signor Milosevic. Credo che i nostri alieati in Europa siano con noi. Speriamo che il leader serbo abbia recepito il messaggio». Il monito del presidente americano è venuto poche ore dopo l'iniziativa dal sapore «saddamiano» lanciata a sorpresa da Milosevic: un invito al segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan a verificare in persona «la vera situazione nel Kosovo». L'invito, subito declinato, è arrivato proprio mentre Annan si appresta a fare un rapporto al Consiglio di sicurezza - probabilmente già lunedì sulla situazione nel Kossovo. Il segretario generale dovrà dire se i serbi hanno violato l'ultima risoluzione dell'Onu, che prometteva rappresaglie non specificate se i serbi non rinunciavano alla loro offensiva in quella regione. Clinton vuole evitare ulteriori distrazioni e manovre furbesche da parte di Milosevic tese a dividere gli alleati. Francia, Gran Bretagna e Germania sembrano ormai rassegnate alla possibilità di un intervento militare. Ma la Russia si oppone apertamente e l'Italia tenta ancora febbrili mediazioni per evitare un'azione militare che potrebbe dare il colpo di grazia al governo. Alla luce delle divisioni all'interno del Gruppo di contatto - che include tutti e sei i Paesi - gli americani sono tornati a lavorare in un ambito soprattutto bilaterale, con Francia, Gran Bretagna e Germania (il neo-eletto Gerhard Schroeder sarà alla Casa Bianca mercoledì) come principale punti di riferimento. L'amministrazione Clinton ha ormai avviato il rituale che precede un'operazione militare. Il segretario di Stato Madeleine Albright si è chiusa per due ore e mezzo con i senatori per esporre in dettaglio il contesto di un eventuale attacco Nato. E finora, nonostante le difficoltà interne del Presidente, non è affiorato il minimo mugugno né dai democratici né dai repubblicani per la rapida escalation militare. L'appoggio del Congresso è compatto. Il segretario alla Difesa William Cohen ha messo in chiaro che Milosevic non può pensare di farla franca osservando solo parzialmente la risoluzione Onu approvata il 23 settembre scorso (chiedeva la cessazione delle attività militari, l'adozione di misure per evitare un disastro umanitario e l'avvio di trattative con la maggioranza albanese in Kosovo). «Un approccio ad hoc non può funzionare», ha spiegato Cohen. «O Milosevic accetta l'insieme delle condizioni o dovrà far fronte ad un'azione di forza». Fonti del Pentagono dicono che un attacco potrebbe avvenire già la settimana prossima, dopo il rapporto di Annan al Consiglio di sicurezza. Ma l'impressione prevalente è che se si arriverà ad un intervento della Nato, questo non avverrà prima di un paio di settimane. Il massacro perpetrato questa settimana in un villagio dove tredici kosovari sono stati trucidati a sangue freddo ha portato la questione del Kosovo sulle prime pagine dei giornali americani. «Chiamatela come volete, anche "la politica della vergogna", ma posso dire che siamo finalmente risoluti», assicura una fonte governativa. «E anche i nostri principali alleati europei adesso sono risoluti. Non è un'esercizio vacuo quello che stiamo facendo. Non abbiamo le dita incrociate dietro la schiena. Se le cose sul terreno non calumeranno, sono certo che la Nato attuerà le sue minacce». Andrea di Robilant Il segretario Onu declina l'invito Lunedì presenterà il dossier sulla crisi di Pristina