La guerra cominciò con il decalogo di Giovanni Bianconi
La guerra cominciò con il decalogo La guerra cominciò con il decalogo Magistratura democratica si ribella al governo dell'Ulivo ROMA Ad accendere la memoria, si scopre che tutto comincia con la famosa inchiesta della Spezia, quella del Gico della Guardia di Finanza e di Lorenzo Necci, di Pacini Battaglia e delle accuse - prima velate e poi esplicite - ad Antonio Di Pietro. Accadeva due anni fa, metà settembre del 1996; i pm della Spezia procedevano come carri armati, e i giornali cominciarono a traboccare di intercettazioni ambientali carpite nello studio di «Chicchi» Pacini Battaglia. Lì si parlava di politici e «mazzette», e intomo all'inchiesta aleggiò perfino il sospetto di un complotto che puntava dritto sul pool di Milano. Il pm della Spezia Cardino annunciò in tv che la sua indagine stava sfiorando «politici attualmente in carica»; quello di Milano Davigo, ad un convegno, se la prese con i vertici delle Fiamme Gialle. Fu allora che Giovanni Maria Flick, rninistro della Giustizia da pochi mesi, promulgò il «decalogo» contro le esternazioni dei magistrati, annun- dando che di lì in avanti non ne avrebbe fatta passare una: chi violava le sue regole sarebbe incappato nell'azione disciplinare. Due armi dopo, quella promessa è diventata realtà e tra chi ne ha fatto le spese ci sono quasi tutti i magistrati di Mani pulite. Magistratura democratica, la corrente di sinistra dei giudici, s'indigna con il rigore del Guardasigilli dell'Ulivo, sfidandolo a un pubblico confronto. «L'at¬ tuale orientamento del ministro Flick - si legge in un comunicato diffuso ieri da Md - non sembra avere altra prospettiva che un nuovo conformismo, simile a quello che negli Anni Cinquanta e Sessanta rappresentò il pendant di una magistratura pregiudizialmente ossequiosa verso 2 potere politico ed economico, e al tempo stesso largamente inadempiente ai suoi compiti di controllo di legalità». Un giudizio pesante, e per confrontarsi direttamente col ministro Md l'ha invitato il 24 ottobre a un convegno dal titolo «La parola e il silenzio dei magistrati». Anche perché, spiegano alcuni leader della corrente, sulla libertà di espressione delle toghe Flick può fissare tutti i princìpi che vuole, ma poi ci sono le leggi, il codice etico della magistratura, e la giurisprudenza del Csm a stabilirne altri. Da un lato, dunque, c'è l'accusa al ministro che vuole tappare la bocca ai magistrati; dall'altro quella di un attacco al pool milanese a colpi di azioni disciplinari. E' l'ipotesi che più agita le acque: che cosa è successo, Flick ha forse imboccato la strada dei suoi predecessori Biondi e Mancuso che avevano messo Mani pulite sotto inchiesta? Neanche per sogno, ribattono al ministero di via Arenula. Biondi e Mancuso contestavano le indagini, l'attività giurisdizionale della procura guidata da Francesco Saverio Borrelli, mentre su questo piano Flick non ha messo un dito. La riprova è che proprio Borrelli l'ha appena definito il miglior Guardasigilli degli ultimi tempi. Ha fatto altro, Giovanni Maria Flick: lui, con quel «decalogo» datato 20 settembre '96, vuole che i giudici lavorino in silenzio, non parlino delle inchieste che conducono e non abusino della loro posizione per «turbare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste». Il che, tradotto, significa che non possono prendersela più di tanto con governo e Parlamento. E siccome ai pm di Mani pulite capita spesso di finire sulle pagine dei giornali anche con giudizi taglienti verso il mondo della politica, capita loro di finire anche sotto inchiesta disciplinare. E' successo con Francesco Greco, Gherardo Colombo, Paolo Ielo, e perfino Francesco Saverio Borrelli c'è andato vicinissùno. Quando il suo ufficio chiese l'arresto di Cesare Previti foce delle considerazioni sul Parlamento (dove ci si accingeva a votare sulla richiesta) che al ministro Flick non piacquero affatto; solo una rettifica dell'ultimo minuto evitò l'azione disciplinare contro il procuratore. Il problema, in sostanza, non è il lavoro del pool, bensì le esternazioni. Ieri Flick ha precisato che le notizie di questi giorni sulle sue iniziative verso i magistrati milanesi non dimostrano alcuna offensiva, perché sono diluite nel tempo e del tutto scollegate dagli ultimi avvenimenti. Tutto dipende dal «decalogo», in attesa della legge sulla «tipizzazione» degli illeciti disciplinari che lo stesso ministro ha auspicato. Anche se per altre strade, insomma, l'inchiesta spezzina ha finito dav vero per colpire i pm di Mani pulite. Giovanni Bianconi Nel '96 il Guardasigilli proibì le esternazioni contro l'esecutivo Qui sopra il procuratore della Repubblica di Milano Borrelli A destra l'ex ministro della Giustizia Alfredo Biondi
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