Caselli: attacchi ingiusti di R. Ipp.
Caselli: attacchi ingiusti Caselli: attacchi ingiusti «Basta con false accuse Ogni giorno c'insultano» CAPRI DAL NOSTRO INVIATO Uno sfogo in diretta. Duemila imprenditori, riuniti per l'annuale convegno della Confindustria a Capri, sentono un magistrato simbolo come Giancarlo Caselli, procuratore di Palermo, lamentarsi di «certe aggressioni» quotidiane subite dai giudici e delle «polemiche perfino indegne di un Paese civile». A Caselli, seduto sul palco dell'Hotel Quisisana, per partecipare a una tavola rotonda, viene allora chiesto se anche lui personalmente in questi mesi si è sentito aggredito. E lui di rimbalzo domanda: «In questi mesi?». La platea applaude, qualcuno ride. La testimonianza fa riflettere. Arriva in giornate ancora una volta calde per le accese discussioni sulla giustizia in Italia. Ma Caselli evita accuratamente qualsiasi riferimento a critiche specifiche ricevute e tanto meno alle più recenti iniziative disciplinari del ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick. E' certo un discorso attuale quello che fa Caselli, ma generale. Generale anche perché non riguarda solo lui o i suoi più stretti collaboratori: «I magistrati, e non solo quelli della mia Procura, subiscono quotidianamente aggressioni su questioni del tutto sganciate dalla realtà. Non mi riferisco alle critiche che i magistrati non temono, anzi apprezzano perché li aiutano a lavorare meglio e a non sbagliare. Il problema è un altro: quello dell'aggressione dell'insulto, della violenza verbale, della falsificazione voluta dei dati di fatto». Caselli descrive i magistrati italiani bersaglio di accuse «intessute di falsità», di attacchi inaccettabili: «Questo non è degno - ripete - di un Paese civile e liberale, dove si sta cercando di buttare a mare chi fa il suo dovere nell'interesse di tutti». Il procuratore di Palermo ha anche una spiegazione per gli attacchi ai magistrati di cui parla: derivano, secondo lui, dal fatto che «per qualcuno in Italia la giustizia funziona troppo e vorrebbe quindi che funzionasse di meno». Più in particolare Caselli afferma che «m Italia abbiamo una giustizia dell'emergenza e cioè della guerra alla mafia e alla corruzione, che funziona, sia pure fra alti bassi». Invece bisogna riconoscere che «c'è una giustizia ordinaria che non funziona per niente». E «il paradosso kafkiano è questo: litighiamo, ci spacchiamo anche ferocemente, per la giustizia che funziona» mentre quella ordinaria «non funziona» anche se è quella «cbe più interessa al cittadino»: bisognerebbe perciò smetterla con le liti, è il messaggio del procuratore di Palermo, e lavorare per rimediare alle carenze. Sul palco del convegno della Confindustria, Caselli parla anche della riforma dell'articolo 513 del codice di procedura penale che impone la conferma nel dibattimento della testimonianza d'accusa raccolta durante l'istruttoria. La modifica della norma «è sacrosanta» in generale, secondo Caselli, «ma non bisogna dimenticare che i processi di mafia hanno una loro specificità». Ovvero: «Se qualcuno accusa un mafioso, è chiaro che quest'ultimo farà di tutto per impedirgli di portare l'accusa nella fase del dibattimento». Quindi bisogna far sì che i testimoni d'accusa contro la mafia abbiano la necessaria tutela. Due parole anche sull'ipotizzata separazione delle carriere fra magistrati inbquirenti e giudicanti (alcuni mali sarebbero «enfatizzati») e infine una battuta sul fallimento della commissione bicamerale per le riforme istituzionali. Caselli nega che all'origine dell'insuccesso ci siano le pressioni dei magistrati: «I magistrati hanno cercato di partecipare a un dibattito, fornendo un contributo, ma è assolutamente falso che abbiano posto dei diktat verso la classe politica. Se la Bicamerale è fallita non è certo dipeso da questo o quel magistrato», [r. ipp.]
Persone citate: Caselli, Giancarlo Caselli, Giovanni Maria Flick
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