Piattaforma tv, il governo frena di Maria Grazia Bruzzone

Piattaforma tv, il governo frena Summit a Palazzo Chigi: il digitale deve essere «a maggioranza italiana» Piattaforma tv, il governo frena La Rai tra Murdoch e Tele+ ROMA. Il governo Prodi desidera una presenza italiana netta e forte nella piattaforma televisiva digitale. Ma resta ancora nel vago il nodo chiave posto dalla Rai: la possibilità che Tiri (o la sua finanziaria Cofiri) affianchi la tv pubblica nella società che, assieme a Telecom, dovrebbe far parte della piattaforma, in partnership con il magnate anglo-amerivcano-australiano Rupert Murdoch. In pratica, il governo si dice solo disponibile a discuterne. Nel frattempo rispunta l'ipotesi di una partecipazione della Rai alla piattaforma Tele + , insieme a Mediaset, dopo che il direttore generale di Canal Plus Michel Thoulouze amministratore delegato di Tele + e consigliere di Mediaset ha fatto ponti d'oro alla tv pubblica, offrendo la maggioranza a eventuali soci italiani. C'era tutto questo sul tavolo dell'incontro avvenuto a Palazzo Chigi fra il governo e i vertici della Rai sulla tv a pagamento via satellite di domani. Un incontro durato più di un'ora, fitto di partecipanti: da una parte Romano Prodi, il vice Walter Veltroni, il ministro Antonio Maccanico coi sottosegretari Michele Lauria e Vincenzo Vita, dall'altra il presidente della Rai Giuseppe Zaccaria e il direttore generale Enrico Celli. Il vertice aveva in ogni caso un carattere interlocutorio. Il governo deve trovare una posizione comune per rispondere a un'interpellanza in questo senso presentata dal capogruppo dei Ds Fabio Mussi. E ha voluto che i dirigenti della Rai lo informassero sullo stato delle trattative con Telecom. La quale Telecom preme per arrivare a concludere entro la prima metà di ottobre, dal momento che il 15 verrà riaperta l'asta del calcio, per aggiudicare i diritti dei campionati italiani che restano (e dei ritorni), dopo che quelli delle quattro squadre maggiori sono stati assegnati a Tele+. Ma la politica ha i suoi tempi, tanto più in un momento delicato e denso di incertezze come questo. «La situazione è ancora fluida», dice il sottosegretario Michele Lauria, popolare. «La Rai ha bisogno di tempo per valutare le diverse opzioni e individuare come reperire le risorse necessarie senza incorrere in veti dell'antitrust», spiega, alludendo all'impossibilità della Rai di usare per il digitale i soldi del canone. Per Lauria «l'idea di coinvolgere l'Ili al momento è una semplice ipotesi». Anche il diessino Vita non pare avere una gran fretta: «La data di ottobre non sembra determinante: la piattaforma nazionale aspetta da un anno e mezzo, può attendere ancora un poco». Entrambi i sotosegretari alle Poste concordano poi sul fatto che «il governo non interferisce ma segue attentamente la vicenda», convinto com'è che le trattative in corso «riguardino le tecnologie ma anche la tutela di identità culturali nazionali». Il punto vero è il ruolo della Rai. L'offerta che le è stata fatta prevede che Murdoch scenda dal 40% iniziale al 35%, alla pari con Telecom mentre alla Rai toccherebbe il 16% e a Tfl il 14% . La maggioranza resterebbe insommma italiana, ma con una Rai minoritaria. Anche se avrebbe la responsabilità su tutta la programmazione, oltre a fare i canali tematici e un canale di cinema europeo, mentre Murdoch si occuperebbe del calcio e del suo canale cinematografico americano Fox tv. Ma la Rai vuole una parità sostanziale. La sua controproposta prevede invece il 60% italiano, a metà fra Rai e Telecom (30%+30%), con Murdoch al 20% e Tfl al 20%. Per arrivare a questo la Rai dovrebbe costituire una finanziaria con Telecom, raggranellando 420 miliardi. Ed è qui che i politici, peraltro divisi sull'appoggio più o meno esplicito a Telecom, nicchiano. «I soldi la Rai li trovi sul mercato», sostiene Lauria. Mentre Veltroni l'altro ieri ha rilanciato l'ipotesi di un accordo Rai-Canal Plus: «L'Italia deve tornare a essere soggetto produttivo e penso che questo possa avvenire solo nell'ambito di una scelta europea». Ma le trattative in corso sono, oggi come oggi, solo fra Rai e Telecom. Maria Grazia Bruzzone Il ministro delle Comunicazioni Antonio Maccanico

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