«Siamo tutti in gioco»

«Siamo tutti in gioco» «Siamo tutti in gioco» La Casa Bianca cerca 18 miliardi di dollari NEW YORK. Bill Clinton si è buttato a corpo morto ieri sul problema della crisi economica al grido di «fermiamola finché siamo in tempo». In un discorso tenuto nel giardino della Casa Bianca col piglio dei suoi giorni migliori - quasi a sottolineare il contrasto fra la drammaticità del problema di cui stava parlando e la futilità dei media che in quello stesso momento erano tutti presi dalla pubblicazione di altre migliaia di pagine riguardanti la sua storia con Monica Lewinsky - Clinton ha detto di avere un piano, o almeno delle idee, su che cosa fare per «allontanarsi dal precipizio» e che i «giorni finanziari» che Washington si appresta a vivere (riunione dei responsabili economici del G7, assemblee del Fondo Monetario Intemazionale e della Banca Mondiale) serviranno per metterle a punto con gli altri partner. In quegli incontri, ha spiegato, sia Alan Greenspan, il presidente della Federai Reserve, sia Robert Rubin, il segretario al Tesoro, discuteranno a fondo con i loro colleglli europei per arrivare alla creazione di nuovi programmi del Fmi destinati ad aiutare i Paesi in difficoltà e per fornire alla Banca Mondiale risorse per «interventi d'emergenza» capaci di incoraggiare le riforme finanziarie in quei Paesi e incanalare l'arrivo di investimenti privati. Di proprio, Washington intraprenderà iniziative per fare in modo che le compagnie americane continuino a investire nei Paesi colpiti e a esportare li i loro prodotti. Più specifico su come concretamente agire Clinton non lo è stato (lo sarà probabilmente martedì, in un discorso che intende» pronunciare appunto all'assemblea del Fini), ma su un punto è stato chiarissimo: per funzionare il suo «piano» ha bisogno di soldi, e siccome questi devono venire principalmente degli Stati Uniti il Presidente si è prodotto in una perorazione destinata in parti uguali ai cittadini e al Congresso, sul cui tavolo giace da tempo una richiesta di 18 miliardi di dollari per rimpinguare le casse pressoché esauste dei Fondo monetario internazionale. Ai cittadini ha detto che gli Stati Uniti, cioè quello che lui ama sempre definire «l'unico Paese indispensabile», devono assumersi «la responsabilità della leadership», ma ha anche spiegato che hanno un interesse preciso. «Cosi facendo - ha detto - difenderemo la nostra stessa prosperità. Se il popolo americano è contento di come va l'economia e vuole che continui così, è bene che sappia che il 30 per cento dipende dal commercio con l'estero». Col Congresso è stato molto meno gentile. Quei 18 miliardi di dollari devono essere stanziati subito perché «possiamo guidare la fuga dal precipizio ma abbiamo bisogno delle risorse per farlo. Questo è terribilmente, terribilmente importante». Poi, temendo forse di non essere stato abbastanza chiaro, ha aggiunto con enfasi: «Abbiamo bisogno di quel denaro adesso. Ogni ulteriore rinvio dell'approvazione sarebbe imperdonabile». E' dubbio però che la strigliata servirà a commuovere la maggioranza repubblicana del Congresso. A parte l'attuale fredezza di rapporti con la Casa Bianca per via della dicussione sull'impeachment del Presidente, c'è anche il problema dell'influenza di noti economisti ultra-liberisti, guidati da Milton Friedman e George Shultz, l'ex segretario di Stato, i quali da tempo vanno sostenendo che il Fmi, con la sua formula di tagli alla spesa pubblica e aumento dei tassi di interesse, finora ha fatto più male che bene nei Paesi in cui è intervenuto e che sarebbe addirittura il caso di abolirlo. Il segretario al Tesoro Rubiti ha detto che negli incontri di questi giorni si discuterà di tutto, «anche della riforma del Fondo», del quale peraltro lui è un sostenitore accanito.

Persone citate: Alan Greenspan, Bill Clinton, Clinton, George Shultz, Milton Friedman, Monica Lewinsky, Robert Rubin

Luoghi citati: New York, Stati Uniti, Washington