Bertinotti; niente drammi di Antonella Rampino

Bertinotti; niente drammi Bertinotti; niente drammi «La rottura non sarebbe una catastrofe» CROMA OME i generali il giorno prima delia battaglia, Fausto Bertinotti è tranquillo. Tranquillissimo. Slaccia il polsino della camicia sotto il blazer color indaco, di lino elegantemente liso, e si rigira tra le mani la lettera di Massimo D'Alema. «E' bella. Un appello composto, impegnato, in cui si avverte acutamente il rischio che il nostro Comitato politico tolga la fiducia al governo, e ci invita a un ordine di argomentazioni che se assunte e mantenute, possono aiutare il governo». Un appello che accoglierà? «Non posso risponderle anticipando quello che devo ancora dire ai miei compagni di partito. Io sono per evitare, comunque, le drammatizzazioni». » - Segretario? è come se D'Alema le avesse detto «guarda Fausto, che tu, io, Jospin e Schroeder possiamo fare grandi cose per la sinistra in Europa». Lei che fa, rispedisce il messaggio al mittente? «D'Alema è un uomo politico raffinato, sa bene che non si può fare il discorso "tutta l'Europa è a sinistra, agganciamo il carro italiano e andiamo"». Ma c'è il patto JospinSchroeder per il lavoro, al quale ci si potrebbe agganciare, se lei non togliesse la fiducia a Prodi. «Quella proposta di cui tanto si parla in realtà non s'è vista. Soprattutto, l'Europa non è progressista. Tutt'al più è a un bivio. Da una parte c'è Jospin, con una politica che valorizza gli interventi pubblici e si muove in alternativa alle politiche neo-liberiste. Dall'altra c'è la politica sostanzialmente neoliberista di Blair. Schroeder è ai nastri di partenza, e non si sa a quale di queste esperienze apparterrà. E comunque, il governo italiano ha scelto di collocarsi programmaticamente non nella nuova sinistra, ma nel nuo vo centro». Insomma, è il governo troppo moderato a non piacerle, e non solo la Finanziaria. «No, è la sua politica che è mode rata. Sulla natura del governo non mi pronuncio». Lei l'altro giorno ha detto, citando Lenin, che qualche volta per fare due passi avanti occorre farne uno indietro. In che direzione, verso il governo o verso il partito? «Voglio dire che se il governo non è in grado di attuare una politica riformatrice si può ipotizzare anche una rottura, senza pensare' che essa sia una catastrofe. Perché l'arretramento assolutamente evidente che si determinerebbe nel quadro politico di governo - il passo indietro - potrebbe determinare due passi avanti attraverso un nuovo progetto politico di ricostruzione dell'alternativa. L'alternativa che è oggi impedita da una Finanziaria e da un impianto di politica economica moderata. E allora sì, allora ci si potrebbe muovere in connessione con le forze alternative europee in modo da incidere sulle socialdemocrazie per renderle più unite e spingerle a sinistra. E poi costruire in Italia un sistema di relazioni politiche che muovano verso l'unità. Limitando conflittualità, che possono del resto essere circoscritte al passaggio critico che viviamo oggi». E' sicuro che, dopo aver provocato la crisi di governo, a sinistra i rapporti non possano che migliorare? «E perché no? Si può lavorare insieme per scegliere un prossimo presidente della Repubblica ad alto tasso democratico, o costruire com'è stato fatto, una posizione comune sulla giustizia. Si può lavorare a una legge elettorale che valorizzi il pluralismo e la governabilità, mantenere e allargare le alleanze nelle città, nelle regioni, nelle province, promuovere un rapporto con il sindacato che lo porti fuori dall'attuale ignavia. Ma bisogna aprire un confronto con le forze della sinistra, ragionare sul fallimento di questo centro-sinistra moderato». Insomma, per dirla in due parole lei rompe oggi per ri¬ cucire domani, magari con Prodi a Bruxelles e D'Alema a Palazzo Chigi. «Questa è una banalizzazione alla quale non sono interessato». Eppure c'è in atto ima forte drammatizzazione della crisi. E' banale anche questo? «La drammatizzazione la agita solo il presidente del Consiglio». Sembra preoccupata anche Botteghe Oscure. «Quella di Botteghe Oscure è una drammatizzazione pour cause, di fronte ai timori di Palazzo Chigi, perché c'è il rischio che una forza politica della maggioranza apra un dissenso». Onorevole Bertinotti, Rifondazione il dissenso l'ha sempre espresso. Il rischio, adesso, è che tolga il consenso al governo. «E' assolutamente la stessa cosa. Comunque, trovo comprensibile che Prodi drammatizzi, quello che non capivo era il suo carattere tranquillo e pacioso dei giorni scorsi, come se il nostro giudizio negativo sulla Finanziaria non comportasse conseguenze». C'è un rischio anche per Rifondazione: che i cossuttiani appoggino il governo. «Allora vorrebbe dire che la drammatizzazione di Palazzo Chigi è del tutto strumentale». Dice? La spaccatura all'interno di Rifondazione non l'ha provocata di certo Palazzo Chigi. * «Resta il fatto che la drammatizzazione sarebbe strumentale. Io sono convinto che il nostro partito ha tutte, dico tutte le ragioni, per lavorare alla propria unità. E indipendentemente dalle scelte che farà il Comitato politico». Vuol dire che se i numeri non fossero a suo favore, lei sarebbe disposto a seguire comunque le scelte della maggioranza? «Se la scelta fosse diversa da quella che io proporrò, non ci troverei nulla di drammatico». Cossutta l'ha accusata però di aver deciso la rottura a freddo, molto tempo fa. «E'strano che non se ne sia accorto quando abbiamo votato gli stessi documenti». Non teme una scissione? «Non la prendo in considerazione, in quanto sciagurata e infondata». Ieri però lei è andato in tv e ha ricordato che, quando da Rifondazione se ne andarono i Comunisti unitari, il partito è cresciuto. Cossutta, che è il fondatore del partito, e CrucianelU sono la stessa cosa? «Non ho parlato di Cossutta. Ho parlato di un fatto». Antonella Rampino Qui sopra il presidente di Rifondazione comunista Armando Cossutta

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