I maestri della musica assoluta
I maestri della musica assoluta Da domani con «Specchio» quattro ed raccontano i prodigi della Sonata I maestri della musica assoluta Grandi interpreti per Coretti, Bach, Hàndel e Scarlatti EGLIO fidarsi della gola di un cantante o del manico di un violino? Il violinista Giuseppe Tartini, nel Sette- I cento, non ha dubbi, ma la strada per conquistare tanta fiducia nella musica che suona senza canto era stata faticosa. Dopo la prima serie dedicata al Concerto, ritorna «L'albero della musica», l'iniziativa de Lo Specchio con Deutsche Grammophon pensata in occasione del centenario della casa discografica tedesca che ha messo a disposizione del progetto il proprio catalogo. Quattro compactdisc - il primo sarà in edicola da domani - per raccontare la vicenda della Sonata, un'altra delle grandi forme in cui si è organizzato il pensiero musicale in Occidente. All'inizio, la parola significava nient'altro che una musica priva del testo e della voce. Un atto di fiducia nella musica assoluta capace di raccontare come e più della parola, ma senza il suo conforto, emozioni e affetti. Anche questa seconda parte de «L'albero della musica» (la terza sarà dedicata alla Sinfonia) propone un percorso attraverso tre secoli: dall'inizio del Settecento ai nostri anni, seguendo gli sviluppi, le conquiste nuove, le opere degli autori che hanno marcato una vicenda tanto estesa e diversa. L'avvio è affidato a Corelli, Bach, Hàndel e Scarlatti: l'inizio e la prima metà del Settecento, da Roma a Coethen, in Germania, da Londra a Madrid, presso la cui corte presta servizio l'italiano Scarlatti. Ancora una volta, ritroviamo una dimensione europea, una simultaneità di informazioni reciproche, un genere che si diffonde ovunque eppure lascia emergere prepotenti individualità, come la stravaganza della «Follia» di Corelli, che reinventa una sfrenata danza popolare di origine portoghese. La fantasia del compositore è tale da far germogliare da un unico tema 23 variazioni, in una gemmazione continua, entusiasmante per novità ritmiche e melodiche, sempre diversa e sempre ri¬ conoscibile. Gli risponde Bach, con la Partita in re minore, una serie di danze conclusa dalla Ciaccona, anch'essa concepita come una serie di variazioni su un tema di base. Solista è Nathan Milstein, che riesce a conciliare ordine e passione, astrazione purissima e sensibilità ardente. L'ascolto contiguo di Corelli e Bach consente di cogliere le diversità tra i due maestri e l'intensità di queir ascoltarsi eppure profondo distinguersi degli stili italiano e tedesco. Più galante e brillante il passo di Hàndel nella Sonata per 2 violini e basso continuo, che ripropone melodie ricavate da precedenti sue opere e oratori in un contesto diverso, più salottiero, raccolto, cameristico. Il maestro (interpretato dall'ensemble Musica Antiqua) ricicla se stesso, ma elli non sa, non se ne accorge. Infine, tre visioni di Domenico Scarlatti, tre delle sue Sonate costruite a partire da un solo tema, fiammeggianti disegni scaturiti dall'ossessione felicissima per la tastiera del clavicembalo: 555 opere scritte per quello strumento e ognuna diversa, sempre. Ralph Kirkpatrick, Ivo Pogorelich, Trevor Pinnock gli interpreti prescelti: due clavicembali contro un pianoforte, la filologia contro la libertà rivendicata dal giovane Pogorelich. Ma chi sia davvero più libero di fronte al testo di Scarlatti, è tutto da decidere. [s. capp.] Arcangelo Corelli
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