Silone, il processo postumo di Pierluigi Battista

Silone, il processo postumo Nuova offensiva archivistica contro lo scrittore che combatté il total itarismo rosso Silone, il processo postumo L'ultima accusa-, agente della da u N fruscio di carte, un agitato sventolio di dossier, un concitato andirivieni nelle stanze segrete degli archivi di qua e di là dell'oceano. A vent'anni esatti dalla morte dello scrittore di Pescina, sembra quasi che il nome di Ignazio Silone venga estromesso dalla storia della letteratura e della cultura per essere rubricato in quello dei cosiddetti «misteri d'Italia». Ed è come se Silone venisse annoverato nell'infinito elenco degli argomenti tabù, con gli studiosi costretti a misurarsi con la dimensione avvelenata dei documenti riservati e dei timbri del «top secret». Con il retropensiero nemmeno tanto nascosto che consiste nell'immaginare la vicenda di un ex comunista che si consacrò alla battaglia frontale nei confronti del totalitarismo comunista come una vicenda torbida: e tutto questo a quasi dieci anni dalla caduta del muro di Berlino. Silone e gli archivi, dunque. SiIone e i rapporti di polizia. Silone e l'«intelligence». Formulata così, la storia rischia però di essere letta come un tutt'uno univoco e omogeneo. E invece i capitoli della storia che vede Silone sempre e comunque al centro dell'eterna guerra tra studiosi sulla consultazione e interpretazione dei documenti riservati sono tanti e radicalmente diversi tra loro. C'è il capitolo dell'«archivio SiIone» vero e proprio il cui controllo dovrebbe passare nelle mani della Fondazione abruzzese che si intitola all'autore di Fontamara ma che sta suscitando delusione e scontento perché, si mormora tra i «siloniani» più fedeli, si tratterebbe di un archivio monco e lacunoso. C'è inoltre il capitolo controverso e doloroso Spia degli americani in Italia in funzione anticomunista? Secondo l'Unità l'ipotesi non può ricevere risposte certe dei rapporti tra Ignazio Silone e la polizia politica fascista portato alla luce con un apparato di documentazione difficilmente oppugnatole dallo studioso Dario Biocca, che la scorsa primavera ha pubblicato una parte dei risultati delle sue ricerche su Nuova Storia contemporanea. Capitolo ricco di sorprese, soprattutto per le reazioni di reticenza e di imbarazzo sia, come è comprensibile, dei siloniani, sia, ciò che risulta di problematica decifrazione, della storiografia di sinistra più vicina al togliattismo che ha sempre nutrito nei confronti di Silone più di una diffidenza e che perciò non avrebbe avuto di che disperarsi nella divulgazione dell'immagine di un Silone contaminato da strane relazioni con gli apparati fascisti di sicurezza. E invece quasi niente. Un'imponente documentazione, come quella raccolta da Biocca, viene fatta passare quasi sotto silenzio. Mentre più di un segnale sta a dimostrare che un'altra offensiva di sapore «archivistico» sta per essere messa a punto contro il SiIone che nell'Italia democratica ha condotto una battaglia contro il comunismo totalitario. Già sull'Unità si è segnalato nei giorni scorsi che «non può es- Ignazioanniveche il sdalla sper esdei co Ignazio Silone: nel ventesimo anniversario della morte, sembra quasi che il suo nome venga estromesso dalla storia della letteratura per essere rubricato in quella dei cosiddetti «misteri d'Italia» munische l'a Ma il giornale diessino parla di «tanti punti oscuri da chiarire nell'attività politica» dell'autore di «Fontamara» Nelle foto in basso, da sinistra, Benedetto Croce e Jacques Maritain, tra i promotori del «Congresso internazionale per la libertà della cultura» inaugurato nel 1950 a Berlino anchecana che mebbe m sere data risposta» all'ipotesi che Silone sia stato «un "agente di influenza" in funzione anticomunista in Italia». E perché l'ipotesi (anzi, come scrive con apprezzabile brutalità la stessa Unità, lallazione») non può ricevere risposte certe? Ecco il motivo: «L'intelligence americana ha deciso che il dossier sullo scrittore italiano, conservato negli archivi di Langley, in Virginia, deve restare segreto». La domanda è semplicemente spostata: come mai e perché si vanno a cercare carte su Silone negli archivi di Langley, in Virginia? E qui arriva la risposta: perché un ricercatore, il giornalista dell'Ansa Paolo Cucchiarelli, è impegnato in una biografia di Silone volta, come scrive il quotidiano di area diessina, «a chiarire i tanti punti oscuri dell'attività politica di SiIone». «Per ben tre volte l'accesso al dossier Silone custodito presso il servizio segreto Usa è stato negato», si legge. Ma chiunque, scorrendo il trafiletto dell'Unità, è in grado di capire che 1'«oscurità» dell'attività politica anticomunista di Silone è un dato acclarato e incontrovertibile e che la cortina di silenzio messa in piedi dai responsabili della Cia sarebbe volta a impedire la sanzione formale, documentariamente ineccepibile, della natura «spionistica» dell'impegno politico di Silone, visto che la Cia «ha di recente rivelato di aver avuto un ruolo di primo piano nel Congresso internazionale per la libertà della cultura, di cui Silone fu per anni presidente in Italia». Tutto lascia presagire che nei prossimi mesi si assisterà a un processo postumo a Silone sulla base di un apparato documentario raccolto da uno studioso come Cucchiarelli, negli ultimi anni impegnato nel fronte dei cosiddetti «doppiostatisti» convinti che l'anticomunismo italiano nascondesse sotto la facciata rispettabile una seconda («doppia») identità che, fqraggiata dagli americani, non avrebbe disdegnato di avvalersi di ogni mezzo pur di contrastare l'avanzata co¬ munista. Il fatto nuovo è che anche l'attività culturale dell'anticomunismo adesso viene, prendendo Silone come bersaglio, ricondotta a una dimensione illegittima e screditata. Senonché, come usa dire di fronte a operazioni di disinvolto «revisionismo», già era tutto ampiamente noto, anche senza le segretissime carte custodite negli archivi di Langley, in Virginia. Era noto che il Congresso internazionale per la libertà della cultura - inaugurato a Berlino nel 1950 anche grazie alla promozione di Benedetto Croce e John Russell, Karl Jaspers e Jacques Maritain, e matrice per la pubblicazione di importanti riviste come Preuves in Francia, Encounter (diretto da Stephen Spender) in Inghilterra, Ber Monat in Germania e Tempo Presente curetta da Nicola Chiaromonte e Ignazio Silone in Italia - vivesse anche grazie ai fondi dell'americana Fondazione Ford. E' noto che malgrado questo, Silone non ebbe mai esitazione nella denuncia del maccartismo negli Stati Uniti. E' noto che nel 1966 Tempo Presente, travolta dalle polemiche successive alla scoperta dei finanziamenti americani alla rivista, dovette chiudere. Ma è anche noto che già in un'altra occasione, nel 1991, e proprio in una delle periodiche e ricorrenti «riscoperte» del Silone «vicino ala Cia», Enzo Forcella, autorevole collaboratore di Tempo Presente, ebbe a dire: «Quanto ai collaboratori di Tempo Presente, la scoperta che la vita della rivista dipendeva dagli aiuti americani non credo avrebbe provocato sgomento e stupore». Il prossimo «scandalo» del Silone «spia della Cia» è già stato tutto scritto. Pierluigi Battista dietro le quinte.