LEONARDO e la cortigiana misteriosa

LEONARDO e la cortigiana misteriosa Le straordinarie avventure della «Dama dell'ermellino» che ha vagato per Polonia, Francia e Germania e ora torna in Italia dopo più di due secoli LEONARDO e la cortigiana misteriosa EE Dio sta nei dettagli, come affermava Flaubert, basta guardare l'incarnato di madreperla, le dita affusolate e aristocratiche, la naturalezza dello sguardo di una donna di cinquecento anni fa, che si volge per prestare attenzione a qualcuno che la sta chiamando: non sarà difficile scorgere in lei il quadro più bello di Leonardo, preferito da Federico Zeri alla Gioconda, descritto da Carlo Pedretti, fra i maggiori esperti leonardeschi al mondo, come l'opera che avrebbe potuto reggere il confronto con la Gioconda. La Dama dell'ermellino, il capolavoro che sconvolse la tradizione ritrattistica del Quattrocento, ritorna in Italia, da Cracovia, dopo più di due secoli. Sarà visibile a Roma, alle scuderie del Quirinale, dal 15 ottobre al 14 novembre. Un'opera d'arte, una «soltanto», davanti al visitatore: a smentire l'inevitabilità di certe dispersive «kermesse» artistiche, a dire con forza che è possibile fare una mostra con un solo quadro. Carlo Pedretti ha 70 anni, ha insegnato anche alla Ucla (Università della California a Los Angeles) e vive nei pressi di Vinci. Direttore dell'annuario di studi vinciani Achademia Leonardi Vinci, vuole destinare la sua villa di Castel Vitoni a centro di ricerca per gli amanti di Leonardo di tutto il mondo. Sulla rivista Art e Dossier della Giunti (che va in questi giorni in edicola) racconta le infinite vicissitudini della «bella e la bestia»: «Un quadro complesso e semplice nello stesso tempo ci dice descrivendo il fascicolo Leonardo. Il ritratto - come un fotogramma in un film. Come ogni opera di Leonardo, a eccezione delle poche eseguite in Francia negli ultimi tre anni della sua vita, anche questa è di origine italiana, e c'è da credere che sia rimasta presso la persona ritratta, Cecilia Gallerani, fino alla sua morte, nel 1536. Probabilmente era in Italia quando alla fine del '700 fu acquistata dal principe Adam Czartoryski e donata alla madre Isabella, che la portò nel suo castello di Pulawy, vicino a Cracovia». Ma il quadro non rimase molto in Polonia: la situazione politico-sociale del Paese, oppresso dallo zar, costrinse l'aristocratica famiglia a fuggire a Parigi, dove verso il 1840 riuscì a trasferire i suoi tesori, compresi quadri e gioielli. Con il Leonardo gli esuli portarono con sé il Ritratto di giovane di Raffaello - poi perduto durante la seconda guerra mondiale - e il Paesaggio col buon samaritano di Rembrandt. «A Parigi - prosegue Pedretti - il principe si circondò di esuli polacchi come Chopin, Mickiewicz e Norwid. Su consiglio di Eugène Delacroix acquistò l'Hotel Lambert, prestigioso palazzo vicino a Notre-Dame, che divenne sede di uno straordinario museo pri¬ vato». La Dama rimase quindi nell'ombra, ritornò a Cracovia (nel 1876) e solo nel 1900 venne identificata come opera di Leonardo. Il 6 novembre 1939 i nazisti misero le mani sui tesori Czartoryski: i gioielli vennero rubati, i quadri e i mobili accata¬ stati, in attesa di essere trasferiti a Berlino, nell'erigendo museo privato di Hitler. Il Raffaello perduto per sempre, Rembrandt salvo per miracolo. Si salvò anche il ritratto dell'incantevole Cecilia Gallerani, amante di Ludovico Sforza, ov- vero Ludovico il Moro. La nobildonna continua a voltarsi nel gesto perfetto in cui l'ha fa vivere per sempre Leonardo: «E' ancora - aggiunge Pedretti - un tipo di donna che ci appartiene: intelligente, sofisticata, seducente. Abbiamo l'istantanea di una cortigiana poetessa, dama di grande cultura, che sapeva di greco e latino». «Una donna - disse Cecil Gould, direttore nel '75 della National Gallery a Londra - leggermente nevrotica, che occupa un posto di responsabilità, con uomini come subalterni». A lei dedicò un sonetto anche il Bandello: «La gentil Cecilia, il cui bel * canto/non ebbe par giammai». «Come un buon pittor vi mostro il dentro», scriveva Bellincioni, poeta contemporaneo di Leonardo: Leonardo, maestro di chiaroscuro e fisiognomica, produceva ritratti vissuti, studiati dal vero, cercando l'anima delle persone che ritraeva: «Pon mente per le strade, sul fare della sera, i volti d'omini e donne quando è cattivo tempo, quanta grazia e dolcezza si vede in loro». Prestava grandissima attenzione ai dettagli: nel suo disegno - conservato a Bayonne - dell'impiccato Bernardo di Bandino Baroncelli (che partecipò alla congiura de' Pazzi contro Lorenzo de' Medici), l'uomo penzola con gli stessi abiti orientali indossati quando venne estradato da Costantinopoli. I modelli di Leonardo erano presi tra la gen- // quaCeciliamanLudov«Un sieffime te: «Cristo. Giovan Conte, quello 1 del Cardinale del Mortara. AlesSandro Carissimi da Parma, per | la man di Cristo. Giovannina, vi- j so fantastico, sta a Santa Caterina, allo spedale», scrive il genio su un taccuino. La stessa Cecilia Gallerani fu probabilmente il modello cui si ispirò per lo studio preparatorio del volto di un angelo nella Vergine delle rocce, conservato al Louvre: l'opera, alla biblioteca reale di Torino, è per Berenson «il più bel disegno del mondo». Molti critici apprezzano nella Dama dell'ermellino il ricco apparato simbolico: l'ermellino (ma non è piuttosto una donnola?) è l'emblema di Ludovico il Moro, «l'italico morel, bianco ermellino», scrive ancora il Bellincioni. L'animale, inoltre, simboleggia la moderazione e il candore di sentimenti: il suo nome greco, gale, allude anche al cognome stesso della dama. Ma ciò che affascina è naturalmente il volto («Non, vedi tu infra le umane bellezze il viso benissimo lenna li viandanti, e non gli loro ricchi ornamenti?»), finestra sull'anima di Cecilia: «Di lei - dice Pedretti - è rimasto pochissimo, e anche quel poco è simbolo di effimera bellezza. Oggi la Dama dell'ermellino viaggia in un contenitore climatizzato, temperatura e luce costantemente sotto controllo». Quando le saremo di fronte, puntiamo l'occhio sull'angolo superiore sinistro: vedremo la traccia di una spaccatura, provocata dal tacco di un soldato nazista. «Cercava gioielli - dice Pedretti - e calpestava l'arte». dro ritrae a Gallerani, te di ico Sforza: mbolo di ra bellezza» Carlo Grande Parla Carlo Pedretti, fra i maggiori esperti mondiali del genio rinascimentale: «Un'opera complessa e semplice nello stesso tempo, regge il confronto con la Gioconda» // quadro ritrae Cecilia Gallerani, amante di Ludovico Sforza: «Un simbolo di effimera bellezza» * Al centro la «Dama dell'ermellino», qui sopra l'angelo della «Vergine delle Rocce»; a sinistra uno studio dell'angelo che secondo gli studiosi ha il volto della «Dama»; in basso Leonardo