Crisi curda tra Italia e Turchia

Crisi curda tra Italia e Turchia DIPLOMAZÌA Dopo la riunione del Parlamento dei ribelli a Roma, inutili le rassicurazioni di Dini Crisi curda tra Italia e Turchia Ambasciatore richiamato, possibili ritorsioni economiche ROMA. La Turchia ha richiamato il proprio ambasciatore in Italia dopo tre giorni di proteste contro la riunione a Montecitorio dei Parlamento curdo in esilio. Il ministero degli Esteri di Ankara ha chiesto a Inai Batu di tornare in patria al più presto per «discutere della riunione alla Camera dei militanti curdi» ed a nulla è valsa la lettera inviata dal ministro degli Esteri, Lamberto Dini, inviata al collega Ismail Cem per evitare la brusca decisione che rischia di pregiudicare le relazioni con uno dei paesi che più pesano sulla nostra bilancia commerciale. Nel suo testo, il Capo della Farnesina sottolineava che il governo «non aveva il potere per impedire l'iniziativa di alcuni parlamentari italiani a Montecitorio» e che comunque «esprimeva rammarico» per la riunione dei curdi esiliati, ribadendo la «difesa dell'intangibile integrità territoriale della Turchia». Ma il passo di Dini, pur irritando alcuni deputati Verdi, non ha sortito gli effetti sperati con i turchi. «Capisco che il governo non sia coinvolto nella riunione dei curdi - ha risposto Ismail Cem - ma le nostre relazioni bilaterali non potranno continuare come se nulla fosse successo». Il Consiglio di Sicurezza Nazionale turco - uno dei maggiori organi militari del paese - è stato ancora più duro, affidando al ministro della Difesa, Izmet Sezgin, un avvertimento inequivocabile: «Se l'Italia non abbandonerà il suo atteggiamento ostile verso la Turchia vi saranno delle rappresaglie economiche a cominciare con il veto alla società Agusta per la commessa di 4,5 miliardi di dollari per la fornitura di elicotteri militari». La reazione di Ankara era stata annunciata nelle ultime 48 ore dagli interventi dell'ambasciatore Inai Batu presso la Farnesina, in cui si chiedeva una presa di distanza dalle attività del Pkk (il Partito dei lavoratori curdi che la Turchia considera un'organizzazione terrorista). Ad irritare Ankara sono stati due fatti in particolare: la riunione dei curdi è avvenuta neanche dieci giorni dopo l'accordo siglato fra i due ministeri degli Interni per la lotta contro il terrorismo; fra i promotori dell'incontro a Montecitorio c'è il militante pacifista Dario Frisullo che, arrestato in primavera a Dyarbaikir per attività filocurde, evitò il carcere solo perchè la Turchia decise di cedere alle pressioni che giungevano della stessa Farnesina. Uno degli accordi non scritti che permisero la scarcerazione di Frisullo prevedeva che in futuro questi avrebbe limitato le proprie attività filo-curde. Il richiamo vero e proprio è comunque scattato quando le agenzie di stampa hanno iniziato a trasmettere le proposte contenute nella «Carta dei diritti» redatta dai deputati curdi in esilio assieme ai colleghi italiani di Quercia, Verdi, Rifondazione e Lega Nord: inserimento della questione curda nell'agenda Onu; riconoscimento delle istituzioni curde in esilio; convocazione di una conferenza internazionale; riapertura dei rapporti fra Turchia e Ue condizionata al rispetto dei diritti umani. Per Ankara si tratta di una piattaforma inaccettabile ed il fatto che sia stata presentata a Montecitorio pregiudica i rapporti bilaterali. A moderare la polemica non è servita neanche la dichiarazione ufficiale con cui il presidente del Parlamento turco in esilio, Yasar Kaya, respingeva ogni mira separatista auspicando solo una «federazione curda» dentro i confini turchi. Il richiamo dell'ambasciatora rientra nell'atmosfera di forte tensione ai confini fra Turchia e Siria, dove Ankara ha inviato diecimila uomini per ammonire Damasco, accusata di «ospitare i terroristi del Pkk» incluso il leader Abdallah Ochalan. Non a caso il ministro della Difesa Sezgin ha accusato l'Italia di «avere nei confronti dei terroristi la stessa posizione siriana». Maurizio Molinai-i Ankara esigeva una esplicita denuncia del Pkk come «movimento di terroristi» In pericolo la commessa della «Agusta»