«Schroeder, niente utopie» di Emanuele Novazio

«Schroeder, niente utopie» UNO SCRITTORE CRITICO «Schroeder, niente utopie» Peter Schneider: punti sul pragmatismo PBONN ETER Schneider, lei è uno degli intellettuali tedeschi più vicini a Schroeder e insieme più critici con lui. Ha sciolto le riserve sul futuro Cancelliere? «Le riserve, speriamo, si scioglieranno quando Schroeder sarà Cancelliere. In campagna elettorale la sua strategia è stata di non dire quasi niente, di affidarsi alla spinta che saliva, al desiderio di un cambio energico. Quando gli facevo domande precise rispondeva: "Ne riparleremo dopo"». Come si immagina la Germania di Schroeder? «Mi immagino una Germania più civile. Una ragione per non votare Cdu era la sua politica nei confronti degli stranieri: una politica di esclusione, non di integrazione. La Cdu e Kohl hanno sempre negato che la Germania è un Paese di immigrazione, e Schroeder cancellerà questo rifiuto. Perché non cogliere l'enorme potenza di questi cittadini, perché non liberarla, perché non utilizzarla? Sarebbero loro i tedeschi più entusiasti, quelli meno bloccati dal passato. E poi civiltà verso una giovane generazione senza speranze e senza prospetti¬ ve, una generazione che si consegna al neonazismo. La seduzione nera non è mai stata davvero contrastata da Kohl: il Cancelliere non si è mai visto a una dimostrazione dopo un attentato. Non è andato a Moelln, non è andato a Solingen. Non ha mai detto davanti alle bare delle vittime che "una società civile non può tollerare questa barbarie". Gh' è sempre mancato un gesto: e i gesti sono importanti». Ma in Schroeder manca il passato tedesco più difficile: è troppo giovane per aver sperimentato di persona la guerra, per aver conosciuto di persona gli orrori del nazismo. Non c'è il pericolo che questa "assensa di passato" influenzi il rapporto col presente, con l'immagine della Germania nel mondo, con la sua politica? «Sono molto contento che alla guida del Paese ci sia un uomo di questa nuova generazione: "assenza di passato" non vuol dire che il passato è diventato meno importante. Il passato è diventato sempre più importante, in Germania, man mano che si faceva strada la generazione del dopoguerra. La differenza è che si reagisce con meno isteria, forse: chi conosce il passato di persona rischia di reagire con un riflesso di difesa o con un riflesso di sottomissione. E' più difficile, per chi si porta dentro il passato, reagire con distacco: e il distacco, o se si preferisce la distanza dal passato, non vuol dire che non lo si accetta più, questo nostro terribile passato». Ma gli ebrei tedeschi sosten¬ gono che senza Kohl non si farà il monumento all'Olocausto. «Nel dibattito sul monumento all'Olocausto c'è il pericolo di privilegiare un gesto soltanto politico. Qualcosa si deve fare, nel nuovo quartiere governativo di Berlino: ma non sono sicuro che debba essere proprio il monumento voluto da Kohl. Preferirei un museo, come quello di Washington». Schroeder dice di volere riunificare i tedeschi, di volere superare le fratture profonde che ci sono nel Paese. Ci riuscirà? «E' molto difficile. Il nodo decisivo sarà la disoccupazione, nel senso che si dovrà diminuirla ma anche bilanciarla: una intera generazione giovane non sa che fare, ed è una ferita che incide, che scava. Non sempre l'economia dà retta soltanto alla buona volontà: ma Schroeder dice che non esiste una economia di destra e una economia di sinistra. Dice che c'è una economia che funziona e una economia che non funziona. La mia fiducia in lui nasce da questo suo pragmatismo». Proprio questo pragmatismo potrebbe essere lo strumento con cui cercare di unificare la Germania, giocando di volta in volta la carta giusta? «Giocando magari la carta sbagliata ma dicendo: non era quella giusta, giochiamone un'altra. La qualità forse più eminente di Schroeder è il suo rapporto sperimentale con la realtà. Non è un ideologo: di fronte a una proposta chiede di metterla alla prova. Ed è esatta¬ mente di questo che abbiamo bisogno adesso, in Germania. Non abbiamo bisogno di visionari che guardano in prospettiva, mezzo secolo avanii a noi». Kohl è stato anche un visionario. «Senz'altro, e ha avuto certo dei meriti. Ma sul fronte interno, sul fronte economico, il suo progetto è stato un fallimento». Qual è la voce del nuovo centro di cui parla Schroeder? A chi appartiene, dov'è? «E' difficile dirlo: Schroeder è molto cauto nel definirsi in termini por così dire filosofici. Non parla di identità dei tedeschi, non parla di dovere dei tedeschi. E' molto prudente, forse perché proviene da una famiglia poverissima, ha dovuto lottare molto nella sua vita, e non si fida dei grandi concetti che un intellettuale della borghesia è capace di manovrare con più facilità e più eleganza». C'è un futuro in Schroeder o rischia di restare un episodio, la transizione verso un altro Cancelliere con visioni? «Credo che per le visioni ci sia tempo e che ci voglia invece un po' di talento manageriale, alla guida della Germania. C'è un capovolgimen¬ to di parametri: i grandi visionari non sono stati di sinistra, negli ultimi tempi. Reagan e Kohl erano conservatori: tocca alla sinistra ricreare una politica sociale di consenso». Il problema di Schroeder è una socialdemocrazia tradizionale. «Senza rovesciane il partito, senza indicare al suo partito che cosa è la nuova economia di mercato, Schroeder non potrà riuscire nel suo progetto. Credo che ci sarà un grande confronto fra lui e il partito». Schroeder porterà la capitale a Berlino, e fa sapere di volere anticipare il trasloco. Potrebbe essere un passaggio traumatico, per la Germania? «Sono sempre stato favorevole a Berlino capitale: la divisione tedesca non la si può capire stando a Bonn, la si può capire soltanto a Berlino. E poi, Berlùio non è stata soltanto la capitale del nazismo: è stata anche In capitale della Resistenza, un elemento che è ancora troppo poco conosciuto. Berlino è grande: la politica non la divorerà». Emanuele Novazio «Sono contento che alla guida del Paese vada un leader di una generazione che non ha vissuto il nazismo: agisce con meno isteria» Peter Schneider: con Schroeder nascerà una Germania «più civile»