«Americani, via dalla Jugoslavia»

«Americani, via dalla Jugoslavia» Belgrado minaccia rappresaglie contro gli stranieri. Blair: la diplomazia non basta più «Americani, via dalla Jugoslavia» Ordine dagli Usa, mentre l'Orni discute il blitz per il Kosovo NOSTRO SERVIZIO I cittadini americani residenti in Jugoslavia sono stati formalmente esortati dal loro governo a partire perché quel Paese sta per diventare «pericoloso». E' un'indicazione concreta della crescente voglia americana di arrivare a un intervento militare nel Kosovo, cosa che anche il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ieri, era in procinto di valutare in una riunione d'emergenza prevista per quando in Italia sarebbe già stata notte fonda. A richiederla, quella riunione, è stata l'Inghilterra, che in questo modo ha inaugurato la «prima volta» del suo nuovo ambasciatore all'Onu, Jeremy Greenstock, come presidente del Consiglio. Per il mese di ottobre, infatti, quell'incarico spetta al suo Paese. L'Inghilterra, del resto, è stata anche il Paese che si è espresso a voce più alta per un intervento militare, dopo la denuncia dei massacri dell'altro giorno. «E' del tutto chiaro - ha detto per esempio il primo ministro Tony Blair - clic l'iniziativa diplomatica da sola non basta. Dobbiamo fare presente a Milosevic nel modo più forte possibile che non tolleriamo queste atrocità». E il suo ministro degli Esteri Robin Cook ha rincarato la dose: «Al presidente Miosevic dico: non si azzardi a dirci che si tratta di un affare interno. Un tale oltraggio alle leggi dell'umanità è un affare dell'umanità intera». E' sulla scia inglese, dunque, che Washington ha corretto la sua prima reazione alle notizie sui massacri (che era stata di indignazione ma non aveva suggerito nessuna azione specifica) ed ha deciso di alzare il livello della tensione invitando i cittadini americani a lasciare la Jugoslavia. «Riteniamo - ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato James Rubin che la combinazione della mancata risposta di Milosevic e la possibilità di un'azione della Nato rendano la Serbia-Montenegro un posto molto più pericoloso». Il comando della Nato, infatti, ha già fatto presente di avere compiuto tutti i necessari «preparativi» per l'intervento nel Kosovo e che aspetta solo il via. Ma che quel via arrivi davvero è ancora tutto da vedere. Per la riunione d'emergenza di ieri del Consiglio di Sicurezza era già previsto uno sbocco «minore». Non una risoluzione, cioè, e neppure una dichiarazione pubblicamente letta dal suo presidente, ma semplicemente un «comunicato stampa» con la condanna dei massacri. Questo, hanno spiegato vari diplomatici, perché qualunque atto di maggiore peso avrebbe comportato l'elaborazione di un testo, con le inevitabili, lunghissime discussioni per «limarlo» qua e là, nonché la necessità che gli ambasciatori lo trasmettessero alle rispettive capitali per ricevere le istruzioni su come comportarsi. Non sarà dunque quella riunione a decidere l'intervento. Crescono i timori a Belgrado per un blitz Nato e i dirigenti serbi promettono che si «difenderanno con tutti i mezzi» e minacciano di colpire gli alleati «là dove per noi è molto facile farlo». L'ultranazionalista Vojislav Seselj, vicepremier serbo, ha detto che «forse non potremo colpire (gli alleati ndr) in California o nella Germania settentrionale, ma ci sono territori dove per noi è molto facile attaccarli»: un riferimento alla base americana di Tuzla (Bosnia nord-orientale). Franco Pantarelli Si teme un'ondata di profughi Dini: l'Italia farà Ja sua parte Rifondazione dice no 'Cj.,::. In alto a destra, un miliziano dell'esercito di liberazione del Kosovo disinnesca una mina Qui a fianco, Slobodan Milosevic Più a destra, funerali di civili albanesi a Vranic

Persone citate: Dini, Franco Pantarelli, James Rubin, Jeremy Greenstock, Milosevic, Robin Cook, Slobodan Milosevic, Tony Blair, Vojislav Seselj