E Borrelli sussurra: si difenderà di Paolo Colonnello

E Borrelli sussurra: si difenderà E Borrelli sussurra: si difenderà Ma per D'Ambrosio «l'azione finirà nel nulla» LA«Be LE REAZIONI IN PRO€URA LMILANO a tentazione è forte, irresistibile. Così, quando un Piercamillo Davigo più accigliato del solito, schizza letteralmente fuori dal suo ufficio con in mano l'atto d'incolpazione firmato dal Guardasigilli Flick, la domanda che lo insegue è questa: «Il ministro preferito dal suo ex capo chiede la sua testa, vuole commentare?». Davigo s'immobilizza, gira la testa, tentenna per un microsecondo. Potesse, incenerirebbe con lo sguardo. Poi scandisce: «No-com-ment». A quali conseguenze potrebbe andare incontro, dottore? «Che vuole che ne sappia? Bisognerebbe chiederlo al ministero. Io non ho altro da aggiungere». E velocissimo raggiunge il collega Francesco Greco, la direzione è quella per l'ufficio del procuratore. Quell'aria finto idilliaca che si respirava fino a 24 ore prima nella procura più irrequieta d'Italia, a metà pomeriggio diventa all'improvviso soffocante: Borrelli se ne va e il ministro di cui aveva appena finito di tessere le lodi, ringrazia chiedendo un procedimento disciplinare per uno dei pm storici del pool con atto d'incolpazione di una durezza mai vista. Dunque lo stesso procuratore, che nel primo pomeriggio aveva smentito voci e ipotesi di una supposta smobilitazione del pool dopo la sua uscita («la guerra continua» - ha detto citando una frase di Badoglio - ma non fraintendetemi eh, non è un proclama guerrafondaio»), rimane piuttosto impensierito mentre legge i lanci di agenzia che raccontano le accuse del ministro a Davigo. Ma sceglie di non replicare, salvo mormorare, secondo le stesse agenzie, un impercettibile «si difenderà», riferito a Davigo. Frase che più tardi però, lo stesso Borrelli, piuttosto irritato, smentirà di aver mai detto. Segno di una tensione crescente che i sismografi della procura rilevano con il precisarsi delle accuse a Davigo, definite da più di un collega «parecchio scivolose». Tre pagine fitte dove in pratica si accusa il «dottor sottile» di aver leso, con una sua intervista rilasciata nel giugno scorso al quotidiano italo-americano «America oggi», i «diritti» di Berlusconi e «in maniera indiscutibile ed evidente» il «prestigio mterno e internazionale dello Stato e delle sue istituzioni». In altre parole di aver violato uno dei primi doveri di un magistrato: quello di non parlare mai dei propri imputati, soprat tutto se sono stati presidenti del Consiglio. Una norma che Davigo ha ben presente, tanto che quan do smentì di aver mai detto al quotidiano americano che «Berlusconi era già stato condannato per falso in bilancio» e che quindi, avendo presieduto nel '94 a Na poli la conferenza internazionale sulla criminalità, aveva esposto il «prestigio del Paese» a gravi rischi, rettificò il tiro: «Non sotto il profilo della legittimità, ma sotto quello dell'opportunità. Berlusco ni sapeva di essere oggetto d'indagini e pertanto avrebbe dovuto astenersi dal presiedere quella assise». Frase che secondo alcuni in realtà avrebbe peggiorato la situazione. Mentre secondo altri seguiva semplicemente la logica, sempre spietata ma lucida, di un inquirente del calibro di Davigo. Tra i pm del pool le reazioni all'iniziativa di Flick sono contrastanti: c'è chi sdrammatizza ricordando che, in fondo, alle azioni disciplinari del ministero i pm milanesi dovrebbero averci fatto il callo. «Anche se - dice France¬ sco Greco - so che Davigo ci soffre, perché è tra noi il magistrato più magistrato, più istituzionale. E per lui finire sotto inchiesta disciplinare è un vero colpo». Chi invece s'indigna, allargando il ragionamento al fuoco di fila cui da anni è sottoposto il pool: «Se esistono criteri e diritti uguali per tutti, allora dire ciò che pensiamo diventa un dovere civile. Non è possibile per una magistratura essere indipendente e vivere in un Paese dove chiunque, a partire dai parlamentari, può ricoprirci d'insulti ai quali ci è vietato repli¬ care». Chi, infine, si affida alla buona sorte, come fa il procuratore aggiunto Gerardo D'Ambrosio: «Tutte le azioni esercitate finora dai ministri per fortuna sono finite nel nulla». Non tutte, a dire il vero. Pende ancora davanti al Csm l'azione disciplinare promossa contro Gherardo Colombo per la famosa intervista sulla «società del ricatto» e secondo voci di corriodio, il Guardasigilli si starebbe apprestando ad impugnare l'assoluzione di Greco che paragonò l'azione del governo dell'Ulivo sulla giustizia a quelle del peggior Craxi della prima Repubblica. E ora tocca a Davigo che potrebbe affidare la sua difesa al procuratore di Torino, Cono Maddalena, suo vecchio amico. Lo conseguenze potrebbero essere molteplici: si va dall'ammonizione alla censura, dalla sospensione dello stipendio, alla retrocessione di carriera, fino alla sospensione delle funzioni, anticamera della radiazione. Ieri Davigo stava già cominciando a preparare la sua autodifesa. Paolo Colonnello Giuliano Pisapia di Rifondazione comunista

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