Prodi: siamo a un passo dalla crisi

Prodi: siamo a un passo dalla crisi Ultimatum a Rifondazione del presidente del Consiglio. In una intervista al Tg2: Prodi: siamo a un passo dalla crisi «Avanti con questa Finanziaria e questa maggioranza» ROMA. Il brusco cambio di marcia lo ha deciso due sere fa nel suo studio di Palazzo Chigi: «Questa calma piatta non mi piace...», ha confidato Romano Prodi ai suoi. E ha deciso che era arrivato il momento di andare in tv, alzare i toni e pronunciare per la prima volta la fatidica parola «crisi». E così, alle 17,30, davanti alle telecamere del Tg2, con il vestito blu e il tono sereno dei suoi momenti più efficaci, Prodi ha registrato un'intervista andata in onda tre ore più tardi: «Io vado in Parlamento con questa Finanziaria e con questa maggioranza», «far cadere il governo, sarà responsabilità di Rifondazione comunista». Una caduta del governo è dunque alle porte? «C'è il rischio concreto di una crisi», conferma Prodi, con drammatizzazione studiata, al direttore del Tg2 Clemente Mimun che lo intervista. E così, il Professore ha latto la prima mossa della partita a scacchi più complicata e incerta da quando si trova a Palazzo Chigi. Ieri pomeriggio, dopo la registrazione dell'intervista, Prodi ha raggiunto a piedi Palazzo Giustiniani, dove era atteso per la presentazione di un libro. E a chi, lungo la strada, gli ha chiesto il messaggio vero dell'intervista appena rilasciata, Prodi ha risposto così: «A questo punto ognuno è davanti alle sue responsabilità...». Primo fra tutti: Fausto Bertinotti. Ma non solo lui. Certo, il primo obiettivo della sortita prodiana è il leader di Rifondazione, che «si deve prendere la sua responsabilità fino in fondo». Dice Prodi: «Spero ci abbia pensato bene perché abbiamo fatto una Finanziaria mai vi¬ sta in questi anni», alla quale secondo il Professore guarda nientedimeno che «tutta l'Europa». Una Finanziaria «che non aumenta le tasse, punta all'occupazione, dà finalmente una mano ai poveri, ai diseredati e mantiene l'obiettivo della moneta unica». E dunque, secondo il monito di Prodi: «Sarà responsabilità di Rifondazione, se mantiene la sua posizione, far cadere il governo». In una cosa il Professore ha buon gioco ed è quando prospetta lo scenario che seguirebbe una crisi di governo: «Il ritorno dell'Italia alla instabilità», con «la fuga degli investitori internazionali che si stanno riawicinando» e in Europa «tornerà il giudizio su un'Italia non credibile, che non è un partner solido». Drammatizzando la situazione, Prodi cerca di scuotere l'Ulivo, dar forza agli «uli- visti», dare voce alla fronda del Pds. E soprattutto vuole dare indirettamente una mano ad Armando Cossutta nella sua battaglia interna. Perché il paradosso di queste ore è proprio questo: il destino del Professore è legato a colui che è stato il dirigente del Pei più vicino ai sovietici. E la conferma che Prodi abbia deciso di giocare tutte le sue carte su Cossutta arriva nell'intervista al Tg2, quando il Professore risponde alla domanda «E se arrivano i voti dell'Udr?». E Prodi replica: «No, quello è un cambiamento di maggioranza. Ho ripetuto tante volte che io vado in Parlamento con la mia maggioranza». Prodi si espone molto nel dire no a Cossiga, ma ieri sera, incalzato a Pinocchio da Gad Lerner, il vicepresidente del Consiglio Walter Veltroni è stato leggermente più sfumato. Certo, Veltroni ha ripetuto che «se non ci sarà la maggioranza del 21 aprile si aprirà 'una crisi di governo», ha ripetuto di «volere i voti di coloro che sono stati eletti nelle liste dell'Ulivo», che «per noi il riferimento è la maggioranza», ma alla ripetuta domanda «cosa farete se i voti di Cossiga arriveranno?», Veltroni ha risposto: «Spero che sia sufficiente l'appello agli eletti dell'Ulivo», ma senza escludere categoricamente l'appoggio del partito guidato dall'ex Capo dello Stato. Da parte sua Prodi ha deciso di alzare la voce per stanare Bertinotti e dare una mano a Cossutta, ma anche perché non deve averlo convinto il basso profilo scelto finora da D'Alema, quel suo ostentato tenersi ai margini, quelle sue dichiarazioni con il contagocce. Prodi sa bene quel che D'Alema dice in giro, che resta immutato «l'appoggio al governo», ma non si fida fino in fondo. Anche a Palazzo Chigi è arrivata la voce, spuntata a Botteghe Oscure, di un «governo per la Finanziaria» da affidare ad una personalità istituzionale, un traghetto verso un «governo per le riforme» di larghe intese, a guida D'Alema e da far decollare con il nuovo anno. Saranno voci fantasiose, ma guarda caso Prodi si dichiara indisponibile anche ad ipotesi di quel tipo: «Le grandi intese? Un'ipotesi estranea al patto che abbiamo stretto con gli elettori. Una soluzione che non è la mia...». Fabio Martini «Nessun aumento di tasse, puntiamo all'occupazione, diamo finalmente una mano ai poveri e manteniamo l'obiettivo della moneta unica» «Se cade l'esecutivo, in Europa tornerà il giudizio su un'Italia non credibile, con la fuga degli investitori internazionali che si stanno riawicinando» «Le grandi intese? Un'ipotesi estranea al nostro patto con gli elettori» Nella foto a sinistra il leader Pds Massimo D'Alema, qui accanto il vicepremier Walter Veltroni

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