Bertinotti: ritirino quel documento di Antonella Rampino
Bertinotti: ritirino quel documento L'ULYIMO NO DEI NEOCOMUNISTI Bertinotti: ritirino quel documento «E per il futuro mi auguro un governo più di sinistra» notti naie ROMA OMENICA saremo chiari». Fausto Bertis'accomoda al telegiordi Emilio Fede, dove quelle sue naturali doti di telegenicità che spinsero Cossutta a presceglierlo come segretario di Rifondazione vengono esaltate dall'abilità dei truccatori Mediaset, e manda il sue messaggio agli italiani. No, non ho nessuna «sorpresina» in serbo: quello che dirò al Comitato politico del partito, sabato mattina, non posso rivelarlo adesso «e per evidenti ragioni di democrazia». Onorevole, fa Fede, ma così lei tiene gli italiani col fiato sospeso... «Nessuna suspense: quello che proporrò sarà del tutto coerente con quanto detto in questi giorni. E poi, guardi, nessun pericolo per il governo: non mi meraviglierei se Cossiga votasse questa Finanziaria, perché si tratta di una manovra molto moderata, anzi direi moderatamente liberista». Ieri, al pressing che dalla coalizione di maggioranza si esercitava su Rifondazione, al grido di «Fausto ripensaci», Bertinotti ha risposto con uso dei media ad elevato dosaggio. E' andato a spiegare le sue ragioni prima in una lunga colazione con i giornalisti stranieri. Poi l'intervista a Fede, e un salto al Tg5: «Mi ha colpito la fermezza mal riposta di Prodi: di fronte ai problemi del Paese dovrebbe essere flessibile, non rinchiudersi in una fortezza». Infine una lunga sessione a «Moby Dick», la trasmissione di Michele Santoro alla quale partecipava il tuttologo americano Edward Luttwak, che accusò, chissà quanto ironicamente, durante la precedente crisi, Bertinotti di essere un agente della Bundesbank. Nessuna telefonata con D'Alema, e nessun patto con Botteghe Oscure, giura il segretario di Rifondazione. Quello che è in gioco, per Bertinotti è il partito. Quello che è in gioco invece per l'Ulivo è il governo. Ma in questo passaggio stretto in cui i destini di entrambi sono legati, ieri si ò inserito Prodi, pronunciando per la prima volta la parola «crisi». E dunque, se sarà crisi di governo, essa non potrà essere extraparlamentare: su questo il Presidente della Repubblica è stato chiaro. Scalfaro non farà altro che rimandare Prodi in Parlamento, e lì il premier non potrà che porre la fiducia sulla Finanziaria. A quel punto, se davvero la decisione collegiale di Rifondazione dovesse essere contro il governo dell'Ulivo, i deputati cossuttiani potrebbero alzarsi, e votare a sostegno. Il governo Prodi sarebbe salvo. In queste ore, al lavoro in questa direzione è la diplomazia di Botteghe Oscure. Si dice che, se non esiste un patto Bertinotti-D'Alema nel quale l'uno avrebbe avuto il ruolo di cavallo di Troia per portare l'altro a Palazzo Chigi, al posto di Prodi, esisterebbe forse un patto D'Alema-Cossutta. O, se non proprio un'alleanza, una naturale convergenza di interessi: per non consegnare il Paese alle destre, per non imbarcare Cossiga nella compagine di governo, per non rischiare nemmeno maggioranze variabili, da Botteghe Oscure è partito un tam-tam all'indirizzo dei deputati cossuttiani. Se, in nome del bene comune della sinistra, voi so¬ sterrete il governo Prodi, è evidente che quando ci saranno le elezioni i vostri saranno collegi blindati. E se davvero i vostri deputati dovessero essere meno della ventina che, a termine di regolamento parlamentare, sono necessari per costituire un gruppo a sé, allora noi vi cederemo due nostri deputati. Forse è solo uno scenario d'emergenza. Che, tra l'altro, potrebbe anche essere meno schematico, nella sua applicazione pratica. Molto dipende dalla mozione, alla quale si sta lavorando già in queste ore, con la quale Cossutta si presenterà davanti al parlamento del partito, domenica prossima. Perché, senza gesti clamorosi nell'emiciclo di Montecitorio, già lì si potrebbero intravedere i segnali di scissione. Il presidente di Rifondazione ha sempre detto, infatti, che «i comunisti seguono la disciplina di partito»: e, nella lunga e conflittuale storia della sinistra italiana, a comin¬ ciare da quella recente di Rifondazione, contravvenire alla regola ha sempre comportato scissioni. Ma, appunto, forse Rifondazione è davvero a un bivio. E il momento del distacco definitivo tra Bertinotti e Cossutta, tra il massimalista luxembourghiano e il marxista custode dell'ortodossia che fondò il partito, potrebbe essere in calendario per la fine di questa settimana. Antonella Rampino
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