Sulle colline ubriache di sapori di Ferdinando Camon

Sulle colline ubriache di sapori Viaggio tra i vitigni di Cabernet e Merlot, dove convivono tradizione e tecnologia Sulle colline ubriache di sapori L'ora dei rossi nei vigneti dell'Eugania COLLI EUGANEI ON si nota, non se ne parla, eppure è un evento che condiziona un settore importante della nostra economia per un anno: la vendemmia. La migliore, da molti anni a questa parte. Quantità buona, qualità eccellente. L'uva più delicata e rapida di maturazione (la bianca) è già stata staccata e spremuta da una settimana, e fermenta nei tini. Correndo per le strade delle colline, si sente l'odore del mosto: le narici del Carducci si dilaterebbero. Adesso si stacca la nera. E' più che matura, ed è così che dev'essere: la tenerezza sfatta dei grani alza la qualità organolettica del vino, corpo e zuccheri. Vado a visitare un'azienda vinicola sui Colli Euganei, non è una zona di alta produzione ma una delle primissime a valersi della qualifica Doc: il Doc fu introdotto nel '66, a questa zona fu assegnato dal '69. Per le stradine antiche incontro stormi di Bmw e Mercedes: sono i tedeschi che vengono qui per i fanghi, e girano per i vigneti a ubriacarsi di sapori. Supero un paesino che si chiama «Mezzavia», perché sta a mezza via tra Roma e Vienna, giro verso Arquà Petrarca: ristorante «del poeta», bar «de Laura». La gloria, sui tempi lunghi, diventa profanazione. Ecco la piazzetta della chiesa. Nella piazzetta, una tomba sontuosa. Turisti intorno, tedeschi, francesi, ma anche contadini veneti: «La sé la tomba coésta?». Per rispondergli, leggo la prima riga dell'iscrizione in latino: «Francisci algida hic lapis tegat Petrarce. Sì, è la tomba del Petrarca». «Beato lù, ch'el capisce». Mi domando: ma che senso hanno queste lapidi in latino? Non sarebbe meglio riscriverle in inglese? Arriva un furgoncino Ford, è dell'azienda vinicola Le Marlunghe, lo guida il padrone, Franco Zanovello, è venuto a prendermi. Salgo. Il padrone mi porta in vetta a un colle, da lì mi spiegherà tutto. Elegante, camicia blu, cellulare. Dalla sommità si vede tutta l'Eugania. Comincia: «Ieri abbiamo finito la raccolta dei bianchi, Moscato, Chardonnay, Pinot, Serpillo. Oggi comincia il Merlot. Poi verrà il Cabernet. Ultimo il Raboso». Una volta giravano nuvole di stornelli e tordi sull'uva matura, e i cacciatori li aspettavano acquattati nei fossi, con cartucce corazzate. Sparavano nello stonno chiuso come una nuvola nera, e nello stormo si apriva uno squarcio bianco: gli uccelli colpiti cadevano a terra, sfasciati. «Non è cambiato nulla, si ripete anche adesso. Specialmente ai bordi dei boschi. Fanno dei danni considerevoli». Ci sono i frati benedettini qui vicino, a Praglia: hanno un'abbazia e coltivano i colli a vigneto. Pigiano l'uva all'antica, pestando con i piedi, alzando le tonache. Fanno così dai tempi di Totila, che è passato di qui, e qui si è convertito. «Non lo fanno più. Hanno smesso da qualche anno. Sono stati gli ultimi viticoltori all'antica». Lei ha un cellulare. ■ . «Sì, e squilla spesso. Mi scusi». No, lo dicevo perché i frati viticoltori si chiamavano con le campane: con due rintocchi si chiamava un frate, con tre rintocchi si chiamava un altro frate. Il frate così chiamato usciva dal vigneto e rientrava al convento. «Ali (ride). Ma così perdevano tempo, noi non abbiamo tempo da perdere». Stiamo guardando questo paesaggio collinare, queste colline sono vulcani spenti, uno dei più bei paesaggi d'Italia. Pare di vedere il mondo in creazione. Qui si è ritirato il Petrarca, negli ultimi dieci anni di vita. Voleva passeggiare in pace, senza essere riconosciuto, e scrivere sedendosi sulle pietre. Qui è pieno di eremi. Nel vino entra un influsso di questa terra? La composizione chimica di queste colline? Questo sole? I venti pede¬ montani? Le piogge? «Ah sì, entra tutto. La diversità del terreno e del clima dà prodotti differenti, e la differenza è più spiccata se il vitigno è "di carattere": o aromatico o intenso. Quattro vigneti danno quattro Merlot diversi, o quattro Baroli diversi. Il vino risente del drenaggio delle acque, della composizione del terreno, la grana, la ricchezza minerale. Nei vini prodotti qui entra l'Eugania, come nel Barolo entra il Piemonte, nel Chianti la Toscana, nel Traminer l'Alto Adige, nel Pinot entra il Friuli e in Friuh^hann.o più freschezza,di,clima, e più ventilazione delle altre regioni. La maturazione è più lenta. Il tempo a disposizione della vigna per raccogliere sostanze aromatiche e nutrienti è maggiore. Il vino è più pieno». Sta dicendo che nel Barolo si sente il Piemonte? «Certo». E si può «bere il Barolo» per nostalgia del Piemonte? «Come no. Chi lo beve, lo fa per questo. Anche se non ha mai visto il Piemonte. Ne sente il bisogno». Infatti, Hemingway amava il Veneto, e beveva Valpolicella. Thomas Mann amava Venezia, e disprezzava la birra. Il vino ha più gusto. E più retrogusto. «Il retrogusto è la coda del gusto, quel che resta sul palato più a lungo, dopo l'assaggio. Il gusto più lungo in assoluto, qui, è del Moscato bianco». Se i nostri vini sono la nostra terra, le colline, i venti, le falde argillose, i drenaggi, chi c'è nel mondo che ha voglia di tutto questo? Chi sente il bisogno (naturale o culturale) di soddisfare questi gusti, queste nostalgie? «Tanti. Noi esportiamo l'80% della nostra produzione; soprattutto in America e Germania. I gusti di americani, tedeschi, svizzeri, francesi, inglesi, li vediamo quando vengono qui. Tra i più competenti in assoluto ci sono i tedeschi...». Più degli italiani? «Molto più degli italiani, degli austriaci e dei francesi. Ma meno degli inglesi. Gli inglesi sono pochi qui, a fare i fanghi, vanno a scaldarsi in Sicilia, fin dai tempi di Churchill, ma sono attentissimi, un vino lo discutono mezz'ora. I tedeschi sono responsabili di un grosso cambiamento, nella distribuzione dei vini in Europa. Hanno imparato che i vini rossi con buona tannicità (Merlot, Cabernet, Sangiovese, Nebbiolo, Teroldego...) svolgono un'attività anti-colesterolo. E pe^ciòJLp^ferjscono. Nei nostri ristorante'qui'"nelle zone termali, pieni di turisti tutto l'anno, i vini, rossi stanno sostituendo massicciamente i bianchi. E' un fenomeno che cresce di anno in anno. La scoperta della funzione protettiva, sulle arterie, dei vini rossi, sta modificando anche il mercato internazionale. Negli ultimi anni c'è stata una salita vertiginosa di richieste di Baroli, Brunelli, Chianti, e per noi di Merlot e Cabernet. Mai stati così costosi». A Stoccolma, una settimana fa, ho avuto un Cabernet, di una marca che qui costa 14 mila lire, servito a 120 mila. «Ci credo, è una gara. Gli stranieri amano i nostri grandi rossi più di noi: noi lo sentiamo come un cedimento alla gola, loro come una virtù salutare». Ferdinando Camon L'enologo: nei nostri prodotti entra il gusto di questa terra, così come nel Barolo c'è il gusto del Piemonte Quando viene staccata l'uva nera è più che matura La tenerezza sfatta dei grani alza la qualità organolettica del vino