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«Pugno di ferro con i mediatori» «Spesso sono gli stessi in diversi rapimenti: la legge deve punirli come complici dei banditi» «Pugno di ferro con i mediatori» La commissione antisequestri all'attacco A sinistra: Silvia Melis. Accanto: .Giuseppe Soffiantini e il giudice Lombardini L'indagine dell'Antimafia ha confermato che in più di un'occasione lo Stato ha pagato per la liberazione degli ostaggi tamente occulti rispetto alle indagini ufficiali». Molto duro il giudizio su Grauso, che «non ha difficoltà ad ammettere di essersi proposto quale mediatore del caso Melis, al solo scopo di ottenere gratuitamente facile pubblicità». «Se già questa giustificazione - commenta la relazione - suona come frutto di un mostruoso cinismo, il fatto poi di averla sfruttata per un fine politico, per costruire la base per un proprio movimento politico, da una parte trasforma la vicenda in una inquietante operazione di manipolazione del consenso e dagli sviluppi potenziali oscuri e pericolosi, e dall'altra costituisce una seria fonte di rischio per l'incolumità dello stesso ostaggio». Le considerazioni sui «mediatori» - spesso gli stessi in diversi sequestri - pongono l'interrogativo se ci si trovi davanti ad un «vertice gestionale» (identificabile in professionisti, imprenditori, politici, magari accomunati dalla militanza massonica), ad una «rete», che cerchi di «esportare nel Continente la propria sfera di azione». La piaga dei rapimenti non è da sottovalutare. La relazione lancia persino l'allarme sui «sequestri di origine cinese», fenomeno in crescita a Milano dove diversi orientali sono stati sequestrati da connazionali. Potrebbe essere un «tentativo della mafia cinese di costituire una filiale milanese della Mano Nera». Il documento si chiude con alcune proposte legislative, tra cui quella di considerare i «mediatori» come complici di ideatori ed esecutori. Francesco La Licata