Ecologia, ultima sfida di Gorbaciov di Liliana Madeo
Ecologia, ultima sfida di Gorbaciov AMBIENTE «Già negli Anni 80 dicevo che l'uso dissennato della natura minacciava il diritto alla vita» Ecologia, ultima sfida di Gorbaciov Inaugura la sezione italiana di «Green Cross» ROMA. Mikhail Gorbaciov ecologista, profeta di una sciagura che minaccia la specie umana e il globo intero se non si interviene ricostituendo armonia fra l'uomo e la natura, tiene a battesimo la sezione italiana di «Green Cross International», l'organizzazione di cui è presidente, che ha coinvolto 21 Paesi e vanta nel suo comitato d'onore personaggi come Ted Turner, Nadine Gordimer, Robert Redford, Shimon Peres, Jean Michel Cousteau, Rita Levi Montalcini. Nella sede dell'Enciclopedia Treccani l'ex premier sovietico racconta come il suo ambientalismo non sia una conversione recente: «Già negli Anni Ottanta dicevo che le armi nucleari e l'uso dissennato delle risorse naturali minacciavano valori universali come il diritto alla vita. Questo sarebbe stato il problema del XXI secolo, che avrebbe richiesto di cambiare tutto: la legislazione nel settore ecologico, la maniera stessa di trattare la natura, la tentazione di affidarsi con cieca fiducia ai governi dominati dalle regole del business. Fui criticato in Urss, accusato di tradire gli interessi di classe, considerato un eretico. Ma io non ho mai detto che non esistevano più conflitti di classe, etnici, nazionali. Ho solo parlato della necessità di salvare il genere umano, e del rischio di un pianeta desertificato». Arrigo Levi lo saluta chiaman¬ dolo «un utopista che ha cambiato la Russia e la storia del mondo; un profeta che non ha predicato nel deserto». Gorbaciov respinge seccamente l'etichetta di utopista e poi ammette che questa rigidità gli viene dalla tradizione del pensiero marxista: «Non siamo ancora riusciti a mettere una pietra sopra il nostro passato» dice. Guarda senza ottimismo la situazione del suo Paese: «Lo scenario è pesante, grave. L'epoca di Eltsin è finita. Abbiamo bisogno di un governo che sani il distacco creatosi fra politica e società. Occorrono libere elezioni, riforme costituzionali, una nuova squadra - non pilotata da Eltsin nè dai comunisti - che blocchi la dissoluzione dello Stato e apra la strada a una nuova politica industriale, sociale, economica». Un rischio è che «il popolo scenda in piazza e cacci via chi è incapace di aprire nuove prospettive al Paese». Una scadenza è determinata dal fatto che «i limiti della pazienza sono finiti. Gli era stato promesso - da un'equipe di avventurieri capitanati dal personaggio che conosciamo - il regno dei cieli in terra entro 2-3 anni. Non è successo. La gente vuole sapere perché mi Paese tanto ricco di risorse, materiali e culturali, non possa vivere con lo stesso tenore di vita dei Paesi sviluppati». Liliana Madeo
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