«Con Berlusconi dialogo impossibile»

«Con Berlusconi dialogo impossibile» I INTERVISTA IL FONDATORE DELL'UDII L'ex capo dello Stato al Cavaliere: non sono abituato a ricevere insulti e disprezzo «Con Berlusconi dialogo impossibile» Cossiga: l'obiettivo di Bertinotti?Il Chiapas BRUXELLES DAL NOSTRO INVIATO E' la seconda volta che ci troviamo seduti di fronte in aereo. La prima fu quando lui partì per l'esilio in Irlanda, lasciando il Quirinale con anticipo. Oggi nessun esilio: Francesco Cossiga va a portare il suo partito in Europa, vede la regina del Belgio (ma ha dimenticato a casa il libro scelto per regalo e anche il gilet senza il quale si sente nudo), ha salutato Juan Carlos in partenza da Roma, parla con Aznar, riceve messaggi dall'Italia e dall'estero, si comporta come un sovrano e saccheggia molto volentieri la sua sterminata aneddotica. Ma quando gli chiedo perché, a che fine si sia scatenato con tanta furia contro Berlusconi, racconta. «Vede, io non avevo alcuna voglia di questo scontro e devo dire che il Cavaliere ha fatto tutto da solo. Lui era, mi pare, alle Bahamas e sono stato io a chiamarlo. Gli ho detto: senta Silvio, qui mi pare il caso che ci incontriamo. Abbiamo un autunno di fuoco davanti a noi: prima la finanziaria, e dovremmo decidere insieme che atteggiamento prendere, se cercare di ottenere una crisi di governo o cercare un'altra soluzione. Poi bisogna vedere se in caso di crisi si va ad elezioni anticipate, poi c'è la questione del semestre bianco, poi l'elezione del Presidente della Repubblica...». . E Berlusconi? «Berlusconi, con un certo distacco mi rispose che lui doveva pensarci, che ne avrebbe parlato con i suoi, e che insomma lì per lì non sapeva che dirmi». E così è finita? «No. Io l'ho chiamato anche in seguito per tre volte tra la fine d'agosto e l'inizio di settembre. Lui mi disse che la cosa che lo interessava di più erano le elezioni europee. Io gli risposi: d'accordo, ma le europee sono in primavera. Prima di quell'epoca abbiamo un'agenda fittissima: la finanziaria, la crisi...». Risposta? «La risposta, quando lui tornò a Villa San Martino ad Arcore fu: il dottore è a passeggio nel parco. Chiamo una seconda volta e il dottore è sempre a passeggio nel parco. Lascio passare qualche giorno, richiamo e lui è a passeggio nel parco. Così ho capito che il Cavaliere non aveva alcun interesse a discutere». E non le telefonò più? «Sì, mi chiamò dopo qualche giorno e io ero in bagno. Non scherzo: ero in bagno davvero. Dissi la verità: che pensavo a uno scherzo, a un maleducato che al telefono si spacciava per Berlusconi». Fin qui l'aneddoto. E politicamente? «Politicamente? Mah: lei vede qualcosa di politico nel suo atteggiamento. Mi hanno raccontato che lui commentava le mie telefonate dicendo: il solito teatrino della politica. Ma come sarebbe a dire teatrino della politica? Abbiamo la finanziaria, abbiamo l'eventualità di mia crisi, abbiamo...». La crisi: lei la vuole o no? «Io voglio un altro governo, ma non voglio la distruzione dell'Italia, questo è il punto. L'opposizione è una cosa, la distruzione un'altra». Il che, tradotto? «Tradotto significa: se apriamo una crisi sgangherata, senza sbocco, che cosa succede per esempio alla lira proprio alla vigilia, mancano due mesi, del rapporto definitivo con l'Euro? E' una preoccupazione ragionevole oppure èteatrino della politica?». Ma con questo ragionamento la crisi non si fa mai: tanto vale tenersi Prodi e la sua maggioranza. «Cominciamo col dire che la crisi non la voglio io, adesso e in questi termini. La vuole Bertinotti. E io non posso farci niente. Non ci può fare niente neanche Prodi e, se non mi sbaglio, neanche Scalfaro. Io ho prospettato alcune soluzioni che seguono la crisi bertinottiana, e mi sembrava sensa- to, ragionevole, patriottico, buono per l'Italia, che tutte le forze liberali e moderate ragionassero insieme e stabilissero dei punti in comune». Invece, passeggiate nel parco. «Ma sì, e con quella violenza... Quella del Cavaliere, dopo tanti salamelecchi con D'Alema, diventa ora una posizione oltranzista, sprezzante... E io non sono abituato a ricevere insulti, né a subire gesti sprezzanti». Lei ha anche lasciato Uberi i suoi di andarsene se non condividono la sua linea per la finanziaria. Effetti? «Mah, a giudicare dalle adesioni, dai fax, dall'ondata di messaggi e persino dalle nuove iscrizioni all'Udr, non direi che va male. Ma io non volevo provocare una chiamata alle anni. Volevo soltanto dire: ognuno faccia quello che gli dice la coscienza, nessuno si senta vincolato perché io non sono un padrone, non sono un boss. Noi dell'Udr stiamo insieme perché ci siamo scelti, abbiamo stabilito una linea che è moderata: non nel senso che è pusillanime, ma nel senso che è coraggiosamente ra¬ gionevole. Chi ci vuol stare, ci sta. Chi non vuole è padronissimo di andarsene: nessun anatema, nessun rinfaccio, qui non siamo un'azienda, siamo un'acconta di gentiluomini e di patrioti civili. Se poi ci insultano, sappiamo reagirò, ma senza iattanza». Lei pensa che Bertinotti farà marcia indietro? «Io penso che Bertinotti vada alla rottura, che sia pienamente sincero e che non voglia affatto questo provvedimento piuttosto che quest'altro...». E allora che cosa vuole? «Bertinotti vuole il Chiapas. Bertinotti fa parte di quest'Europa che in parte anche le elezioni tedesche hanno messo in luce, in cui riemerge il rifiuto globale per il sistema capitalistico e liberale della produzione e della distribuzione della ricchezza. Lui non sogna le trentacinque ore e più asili nido. Lui vuole fare guerra alla globalizzazione, al liberalismo, alla Nato, all'Occidente liberale che noi rappresentiamo. E' una scelta legittima, è una scelta che ha la sua storia, la sua dignità, le sue alleanze intemazionali e di fronte alla quale noi non possiamo fare altro che prenderne atto, pensare a come limitare i danni per il Paese e come offrire al Paese una guida di governo che vada incontro ai suoi bisogni. Noi non abbiamo bisogno di barricate, di invettive ed estremismi rabbiosi». Lei parla con Bertinotti? «Io parlo con tutti e mi sombra che tutti parlino con me, ma parlano con noi proprio perché noi non abbiamo nulla da nascondere, da intrigare... E' cosi chiaro quello che stiamo facendo...». Un modo di definire quello che state facendo potrebbe essere semplicemente questo: state tenendo in piedi il governo, mentre dite di stare all'opposizione. Non le sembra abbastanza bizzarro? «La politica non è un match di boxe. Che questa maggioranza non vada, lo dicono i fatti. Che il Paese meriti un'altra maggioranza di governo ò una conseguenza. Noi siamo -alternativi a questo governo e a questa maggioranza e infatti siamo all'opposizione, ma senza pugni e calci». Vedo che Fini le fa credito, la aspetta al varco delle conseguenze. Dice che alla fine si vedrà se l'Udr è quel che dice di essere, o se si rivelerà soltanto un salvagente. «Fini è un uomo ragionevole e sensato o, come direbbe il suo alleato Cavaliere, fa parte del teatrino della politica». Ha sentito anche lui? «Le ho già risposto». E secondo lei Cossutta spacca? Va alla scissione? «Secondo me no. Il loro scopo e quello di tenere Rifondazione e non spaccare. Cossutta non vuole passare alla storia come quello che ha spaccato il partito. Ma al tempo stesso i numeri sono numeri e di lì non si scappa». E Scalfaro? Che cosa pensa? Che cosa farà? «Il Presidente della Repubblica, per quel che capisco, è fedele a questa formula di governo e non desidera cambiarla. E quindi farà di tutto per non cambiarla». Tuttavia, sono sue parole, Bertinotti vuole il Chiapas, i numeri sono i numeri, la finanziaria bisognerà pur votarla... «Tutto ciò è il teatro dei fatti, della realtà. In quella ci muoviamo e cerchiamo soluzioni per il Paese, non contro il Paese. Fra l'altro siamo ormai in Europa, siamo parte di un Parlamento che avrà responsabilità nuove, gli scenari sono ben più grandi e complessi di quelli del semplice teatrino delia politica». Anche lei deride il teatrino della politica? «Ma per carità. Lascio ad altri questo impegno. Adesso la saluto perché mi aspetta la regina del Belgio e poi ci aspetta l'Europa». Paolo Guzzanti IL PARTITO «A giudicare dai fax e dalle iscrizioni in arrivo direi che andiamo bene Ma non volevo fare chiamate alle armi Ho detto solo: agite secondo coscienza» I PIANI DI SCALFARO «Il Presidente della Repubblica è fedele a questa formula di governo: non vuole cambiarla E farà di tutto per conservarla» LA SCISSIONE DI COSSUTTA «Non succederà nulla. Vogliono tenere insieme Rifondazione A nessuno piace essere ricordato come l'artefice della frattura» LA CRISI «Sono i comunisti a chiederla, non io Io voglio un altro governo, ma non intendo portare il Paese verso la distruzione» L'EUROPA «Cerco soluzioni per l'Italia non contro l'Italia. Ormai gli scenari sono più grandi e complessi di quelli del teatrino della politica» co Cossiga Berlusconi te Scalfaro o Cossutta Qui accanto l'ex presidente Francesco Cossiga e alla sua destra Silvio Berlusconi Sotto a sinistra il presidente Scalfaro e, a destra, Armando Cossutta