D'Alema soccorre Prodi: il governo non cadrà
D'Alema soccorre Prodi: il governo non cadrà Botteghe Oscure impegnata in una difficile trattativa, il leader del Pds un'ora con Veltroni Ma Bertinotti insiste: svolta o nuova maggioranza ROMA. L'ascensore di Rifondazione ha ripreso a lavorare. A pieno ritmo: mentre la bufera sta per abbattersi sul partito, nella sede di via del Policlinico si tesse la trama in vista del duello in Comitato politico. Rifondazione è in ebollizione, alle sorti politiche dei neocomunisti è agganciato anche Prodi, che oggi in consiglio dei ministri mette nero su bianco la sua ultima offerta su occupazione e sviluppo del Mezzogiorno. E se un Prodi allegro, irritato ma sicuro raccontava a un suo interlocutore al ricevimento per il re di Spagna di non poterne più di Bertinotti, e già da alcuni mesi, se Marini dà altrettanti segnali d'insofferenza e contemporaneamente spinge ad accettare i voti di Cossiga, è Botteghe Oscure la più impegnata a trattenere Bertinotti nella coalizione di maggioranza. Martedì era stato Marco Minniti ad incontrare Veltroni e poi Prodi per sondare la disponibilità residua alle trattative. Ieri è stato Massimo D'Alema, appena rientrato dalla visita in Argentina e Cile, a mettersi al lavoro. Senza nemmeno smaltire il jet-lag, è subito andato a trovare il vicepremier, dal quale si è intrattenuto per un'ora: tutto quel che è dato sapere del colloquio è che «tra i due c'è un'ampia convergenza su un punto: evitare una crisi di governo». I segnali che escono da Palazzo Chigi sono improntati all'ottimismo. E questo nonostante ieri Bertinotti abbia smentito decisamente che la «sorpresala» di cui egli stesso aveva parlato possa alleggerire la cappa di nubi che s'intravvede all'orizzonte del governo. «Se Prodi persisterà nel negare non a noi, ma al Paese, la svolta necessària, il quadro politico ne potrà subire le conseguenze in termine di un mutamento di maggioranza» ha scandito ieri alle agenzie di stampa. La partita politica lega però sempre più il governo all'ascensore di Rifondazione. Un sali-e-scendi che potrebbe arrivare ben oltre questo fine settimana di assemblea rifondarola, come sanno benissimo sia Prodi che D'Alema: anche perché, e questo è un segnale certo non ininfluente, Bertinotti ha convocato a Roma «una grande manifestazione per la svolta». La data fissata è il 17 ottobre: se davvero dal Comitato politico dovesse uscire una parola definitiva sul futuro della maggioranza, come si potrà mai fare quella dimostrazione di piazza? La partita politica sulla Finanziaria è dunque appena agli inizi, e non è detto che il momento della verità coincida con l'attesissimo parlamentino di Rifondazione, in agenda questo fine settimana. Ieri l'ascensore di Rifondazione ha portato al terzo piano, nel grande studio con la piccola foto di Antonio Gramsci sotto la quale pensa e riceve Fausto Bertinotti, la barba trozkista di Marco Ferrando. Titolare del 7 e mezzo per cento del capitale politico di Rifondazione comunista, e vitale perché Bertinotti riesca a spuntarla nella grande conta che concluderà l'assemblea del partito. Un incontro andato male, perché il leader dell'ala dura dei trozkisti, come an¬ nunciato da giorni, è andato a Bertinotti a proporgli di sottoscrivere un ordine del giorno comune: rottura col governo Prodi, e ritorno immediato del partito all'opposizione. Bertinotti non ha accettato. E questo è un segno evidente della sicurezza con la quale il segretario di Rifondazione affronta la prova decisiva del partito. Dalla sua, conta di avere 170 voti su 338, e cioè quella «maggioranza più uno» che Cossutta ha già bollato come poco qualificante politicamente, ai fini della rottura col governo Prodi. Ma, evidentemente, Bertinotti è sicuro che Ferrando e i suoi 24 voti scenderanno a patti di qui a sabato, e comunque, in caso di rottura col governo, ha dalla sua gli altri trozkisti, i 24 di Livio Maitan. Intanto nel partito prosegue la chiamata alle armigeri i bertinottiani avrebbero preso l'Emilia e Romagna e Milano, i cossuttiani l'Abruzzo e Varese. Gli schieramenti cominciano a prendere posizione, prima della battaglia finale. [ant. ram.] D'Alema soccorre Prodi: il governo non cadrà
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