Il Csm frena sul dopo-Borrelli

Il Csm frena sul dopo-Borrelli Il vicepresidente Giovanni Verde: «Valuteremo le domande dei candidati senza condizionamenti di sorta» Il Csm frena sul dopo-Borrelli «Le nomine le decidiamo solo noi» MILANO. Non è un «day after» quello che si respira in procura dopo l'annuncio di trasferimento fatto da Francesco Saverio Borrelli. Anzi. Il procuratore si presenta puntuale nel suo ufficio come se nulla fosse cambiato. Legge una decina di fax (sempre meno, ormai) che il popolo dei grafomani gli invia come omaggio di commiato. Poi affronta la routine. Mentre, significativamente, in un altro ufficio i pm del pool si ritrovano per commentare la giornata e mettere a punto le nuove strategie di lavoro. «Tutto come sempre, direi che si è ritrovata piuttosto una gran voglia di lavorare», dice uno di loro ridendo dei pronostici comparsi ieri su molti quotidiani che davano per sicuro, dopo l'annuncio di Borrelli, un imminente trasferimento di massa del pool. «Da qui al trasloco vero e proprio di Borrelli credo ci saranno diversi mesi. Un tempo nel quale si possono fare ancora un sacco di cose», si lascia sfuggire Piercamillo Davigo, ieri impegnato in un processo contro il deputato azzurro e avvocato della Fininvest Massimo Maria Berruti accusato di calunnia e millantato credito. Eppure Davigo risulta anche l'unico al momento, che abbia fatto una domanda di trasferimento per la corte d'appello. «Sì commenta il pm - ma è una domanda giacente da almeno due anni. Non ha alcun significato». Nessuno però intende commentare l'addio del «capo». «Ormai è un dato di fatto digerito», dice Gherardo Colombo, «lo sapevamo da tempo anche se quando in agosto lo ha annunciato ci ha colto un po' alla sprovvista». Ferve il lavoro? «Lo constaterete con i vostri occhi, quando tra un po' inizieranno i processi». Poca voglia di chiacchierare anche per Paolo Ielo, che per altro, non molto tempo fa, ha presentato domanda per passare alla Dda, un trasferimento che rimane comunque interno alla procura milanese. Gli scenari, anche se Borrelli venisse nominato procuratore generale e decidesse di prendere l'anticipato possesso della carica (il posto si renderà libero dal prossimo 9 ottobre) inizieranno a cambiare soltanto dalla fine della prossima primave ra. E secondo alcuni non saranno cambiamenti epocali. «Parlare di fi ne di un'epoca - dice il presidente dell'Anm Elena Paciotti - è solo una rappresentazione giornalistica. La richiesta di Borrelli di passare alla procura generale è un fatto del tut to naturale». Naturale ma non scontato, come ricorda il vice presi dente del Csm Giovanni Verde che a proposito dirama addirittura una nota stampa: «Il Csm valuterà le domande degli aspiranti con la do vuta |erenità e obiettività^ senza condizionamenti di sorta e senza rinunziare ad alcuna delle prerogative proprie dell'organo di autogoverno». Un riferimento non solo al futuro di Borrelli, ma forse, soprattutto, al suo successore in procura. I giochi sono aperti. Gerardo D'Ambrosio, l'attuale aggiunto, sarà sicu¬ ramente il «reggente» per i sei mesi di transizione che separeranno l'uscita di Borrelli dall'insediamento del nuovo procuratore. Poi lui stesso potrebbe passare ad altro incarico (l'altro ieri ha presentato domanda sia per la procura generale di Milano che per quella di Roma) oppure coronare il sogno di succedere a Borrelli. Ma i candidati sono diversi e tutto dipenderà dagli eariilibri che si riusciranno a raggiungere in seno al Csm. Secondo l'ex ministro Mancuso, Giovanni Caizzi avrebbe più titoli di Borrelli per la poltrona di procuratore generale, ma Borrelli potrebbe contare sull'appoggio di Scalfaro che avrebbe perfino deciso di partecipare alle sedute del Consiglio Superiore quando si discuterà delle nomine. «Io trovo un po' esagerato tutto quello che si sta scrivendo in questi giorni su questi pretesi spostamenti di magistrati importanti - dice Vittorio Borraccetti, segretario nazionale di Md -. Queste cose le leggo con un certo fastidio, perché danno l'idea da una par¬ te di un "cursus honorum" per alcuni magistrati e dall'altra, l'idea di una regia che di fatto non esiste. Per cui se andrà via Borrelli verrà qualcun altro, sperando che sia una persona idonea a reggere la procura di Milano. Insomma, non è la fine del mondo: il lavoro in quell'ufficio potrà continuare benissimo». Della stessa idea anche Cesare Salvi, presidente dei senatori Ds: «La decisione di Borrelli non è la fine di un ciclo, sarebbe grave, ma per fortuna non è così, se tutta l'attività della magistratura dipendesse da un sol uomo, per quanto meritevole». E l'augurio che Mani pulite non finisca arriva anche da un personaggio insospettabile: Claudio Martelli, condannato proprio da Milano a 4 anni di reclusione per la vicenda del Conto protezione ma lusingato ieri da un riconoscimento per il suo passato lavoro di ministro di Giustizia proprio da Borrelli: «Sarebbe un disastro se l'inchiesta contro la corruzione politica, imprenditoriale, pubblica, dovesse finire». Perii verde Marco Boato invece, Borrelli e il pool svolgono ancora, «un ruolo sistematico d'interferenza rispetto agli altri poteri dello Stato», [p. col.] Durissimo Boato «Il procuratore ha interferito con altri poteri» Mancuso: la scelta è già sicura Al plenum voterà anche Scalfaro Qui accanto il vicepresidente del Csm Giovanni Verde A destra il procuratore della Repubblica di Milano Francesco Saverio Borrelli

Luoghi citati: Milano, Roma