NUOVE CONVIVENZE di Edmondo Berselli

 NUOVE CONVIVENZE NUOVE CONVIVENZE ET NUOVE COchio corsaro della sinistra, il francese Régis Debray, a coniare la formula secondo cui, in un pianeta sempre più integrato e interdipendente, «si globalizzano gli oggetti, e si tribalizzano i soggetti»: nel senso che mentre l'economia si mondializza (e imperano la «Cocacolonizzazione» e la «Mcdonaldizzazione»), si manifestano di riflesso reazioni locali, chiusure culturali, revival etnici. Anche perché non c'è solo la mobilità dei prodotti, c'è anche la mobilità delle persone a complicare le cose: lo vediamo in Italia, dove l'immigrazione non ha ancora raggiunto una soglia critica, ma da tempo hanno cominciato a manifestarsi o a serpeggiare forme di conflittualità. Uno dei più attenti sociologi italiani, Marzio Bar¬ NVIVENZE bagli, ha pubblicato una riattimi - cerca, graziane e criminalità in Italia, in cui registra un notevole aumento di comportamenti illegali fra gli immigrati, con un conseguente allarme sociale. Ma questo dato di fatto non può essere assolutizzato. I fenomeni collettivi sono sempre dinamici, vengono condizionati dalla politica, rientrano in una sfera culturale, in un gioco di confronti. Oltretutto, come ha mostrato di recente Ernesto Galli della Loggia in un bel saggio, L'identità italiana, l'immagine del nostro Paese e il modo in cui noi ci autorappresentiamo è il risultato di una quantità di apporti e di storie, un mosaico piuttosto che un disegno compatto. Anche per questo, quando ci poniamo in relazione agli «altri», dovremmo essere coscienti che ha poco senso rintanarci in una posizione che rifiuta le differenze. Respingere ciò che è diverso significa rifiutare una diversità che è in primo luogo nostra, e poi nei fatti: e i fatti dicono che l'Islam è ormai la seconda religione del nostro Paese, che numerosi immigrati svolgono una funzione insostituibile nell'esercizio di certe attività, che lo stato sociale, per autoalimentarsi, dovrà contare anche sul contributo di chi viene da lontano, che la scuola dovrà misurarsi con famiglie portatrici di culture e di atteggiamenti che non sono i nostri. Allorché si toccano temi come questo, è automatico ricorrere al concetto di tolleranza. Ma è una parola evitabile. Qui non si tratta di tollerare. Si tratta piuttosto di integrare, di fare sì che gli «altri» possano essere cittadini in un sistema che richiede doveri e assegna diritti, chiede legalità ma offre opportunità. Troppo spesso pensiamo alla democrazia liberale come a una struttura istituzionale fatta solo di meccanismi formali. In realtà il tessuto di un sistema democratico deve venire alimentato da intenzioni e da criteri di valore, e anche da un certo pathos civile. Insomma, i meccanismi devono tendere alla convivenza, essere ispirati dal criterio secondo cui la differenza non può essere una nevrosi sociale ma deve essere interpretata come un valore potenziale. Buone parole contraddette dai fatti? Può essere. Ma l'alternativa a procedere verso una buona convivenza è accettare il basso realismo secondo cui l'integrazione è impossibile: cioè accettare la creazione di luoghi separati, di riserve sociali e urbane segregate, di sacche culturali impermeabili. Non ci si può illudere che il confronto fra identità e differenza venga risolto da una specie di secessione sociale di massa, in cui i detentori dell'identità si autoescludono dal rapporto con le minoranze «differenti». C'è una scelta non facile da fare, ma fra la creazione di ghetti e il confronto aperto, esplicito, con la differenza non dovremmo avere dubbi. Edmondo Berselli

Persone citate: Debray, Ernesto Galli Della Loggia

Luoghi citati: Italia