UN CRISTIANO SCHIVO E AUSTERO di Vittorio Messori

UN CRISTIANO SCHIVO E AUSTERO UN CRISTIANO SCHIVO E AUSTERO Le celebrazioni per il decennale della beatificazione di Faà di Bruno Si aprono le celebrazioni per il decennale della beatificazione di Francesco Faà di Bruno. Il programma di venerdì 25 prevede alle 9,30 la messa del Corpo Tecnico Militare di cui Faà è patrono, alle 11,30 l'apertura di un ufficio postale alla scuola in via San Donato 31 per l'annullo filatelico, alle 18 all'Istituto Faà di Bruno (via Vagnone 10) la messa celebrata da Saldarini. Venerdì 16 ottobre, messa alla presenza del Presidente della Repubblica. IL 31 gennaio del 1888 moriva San Giovanni Bosco. Meno di due mesi dopo, a poca distanza da Valdocco, in Borgo San Donato, lo seguiva nell'eternità un altro sacerdote, grande amico del santo dei giovani, Francesco Faà di Bruno. Questi aveva dieci anni in meno di don Bosco e le loro vite si erano intrecciate più volte. Eppure, mentre una sorta di uragano di gloria seguiva la dipartita del fondatore dei Salesiani, la discrezione di una devozione tenace ma umile avvolgeva la memoria del Faà: fondatore anch'egli, ma di una piccola Congregazione femminile, le Minime di Nostra Signora del Suffragio. Soltanto nel 1988, un secolo dopo la morte, l'uomo che aveva creato, tra l'altro, una straordinaria opera a servizio delle «serve» - queste ultime tra gli ultimi, nel Piemonte di allora - era proclamato beato da Giovanni Paolo II. Dieci anni dopo quella beatificazione, si attende il passaggio successivo, la canonizzazione, cioè l'iscrizione nel «canone», l'elenco dei santi. Ma, al suo solito, Faà di Bruno non sembra avere fretta né, tantomeno, il desiderio di mettersi troppo in mostra. Figlio del Piemonte più austero, aristocratico per antichissimo lignaggio, ufficiale di Stato Maggiore dell'Esercito Regio, severo studioso di severe discipline scientifiche, seguace del Vangelo che esorta a non far sapere neppure alla mano sinistra quanto di buono faccia la destra, il Cavaliere (e poi Abate) Faà di Bruno amò soprattutto il «far bene e tacere» che fu di altri cristiani suoi conterranei. Uno scrupolo di non esibirsi, che lo spinse persino a rifiutare sempre le fotografie, tanto da costringere le sue suore a ritrarlo solo sul letto di morte, per averne un ricordo del volto. Quelle sue Figlie, del resto, ne hanno continuato lo stile di carità tanto alacre quanto lontano da ogni riflettore. Solo di recente, ad esempio, hanno accettato che accanto alla porta della loro Casa Madre, in via San Donato, 31, fosse posta una lapide che riassume la silenziosa epopea di chi visse dietro a quelle mura. In queste settimane, poi, nel decennale della beatificazione, hanno deciso di venire un po' allo scoperto, con una serie di manifestazioni. Hanno fatto bene: magari forzando un poco, affettuosamente, la discrezione del beato Francesco, è tempo che almeno i torinesi conoscano questa figura davvero straordinaria, nella pur straordina¬ ria Torino della seconda metà dell'Ottocento. C'è da scoprire, certo, un uomo di Dio, un eroico testimone del Vangelo; ma, anche, un uomo dalla genialità poliedrica, oltre che dall'attività ininterrotta. C'è da scoprire, tra l'altro, non solo il costruttore, il committente, ma anche l'architetto di quell'incredibile sfida alla statica che è il campanile chiamato, nel Borgo San Donato, «di Santa Zita»: una sorta di «Mole cattolica», un gigantesco «dito» ammonitore che contrassegna definitivamente il cielo della città. Vittorio Messori .1 destra un quadro raffigurante il beato Faà di Bruno Sotto, una stanza della casa del bealo al I" piano di ria San Donalo M

Persone citate: Abate, Bruno Sotto, Francesco Faà, Giovanni Paolo Ii, Saldarini, Santa Zita

Luoghi citati: Bruno, Piemonte, Torino