EMIGRANTI DI LUSSO di Gabriele Romagnoli
EMIGRANTI DI LUSSO EMIGRANTI DI LUSSO Il primo «Martedì» ha come protagonisti i corrispondenti esteri. In questo articolo, un nostro corrispondente estero riflette sulla propria figura. MIA cugina studiò alla scuola per corrispondenti in lingue estere, io faccio il corrispondente dall'estero. Lei s'intende meglio con gli stranieri, ma la mia vita è decisamente migliore. Anzitutto perché ho realizzato il mio sogno di bambino: «Cosa vuoi fare da grande?» «Ruggero Orlando da New York». Bingo. Ci sono molte ragioni per cui un corrispondente estero è un privilegiato, professionalmente e umanamente. Primo: è escluso che debba occuparsi dell'onorevole Cossiga, di Luciano Moggi, di Paolo Bonolis o qualche altro infelice prodotto della vita italiana. Non che veda di meglio, ma non è casa sua e può riderne senza amarezza. Secondo: impara a non tirarsela, perché all'estero un corrispondente italiano ha le stesse quotazioni della lira: tenga il resto, buon uomo. Unica eccezione, un'agente immobiliare che, al telefono, informata della professione ha commentato: ohhh, sexy!, ma forse stava guardando Brad Pitt in televisione. Terzo: vede un sacco di turisti italiani in circolazione e questo gli fa apprezzare gli abitanti del Paese in cui si è trasferito, quale che sia. Depurato di ogni epica e retorica, un corrispondente estero è un emigrante di lusso, pagato per fare le cose più semplici della vita: leggere i giornali, guardare la televisione, andare al cinema, parlare con le persone e poi raccontare quello che ha letto, visto e sentito. Interpretandolo, adattandolo, spiegandolo, certo, ma questo è: un amico lontano che ti scrive cartoline. Qualche volta, approfittando della lontananza, esagera nel colorare la vita e ci fa su un po' di fiction, ma gli amici lontani sono così, vogliono stupirti con i loro racconti, sennò, ti chiedi, che cosa ci sono andati a fare, fin là? Ci sono andati a vedere un altro Paese, di solito dal buco della serratura. Se sono finiti in America, a fine secolo, la serratura è quella del bagno. Perché uno, prima di partire, si studia il sistema giuridico, i poteri del presidente, e finisce a raccontare come questo sistema venga usato per controllarne le presidenziali eiaculazioni tra lavabo e doccia. Ma anche questo è parte dell'educazione professionale del corrispondente estero, si suppone: ne desacralizza la funzione, lo induce a specchiarsi in quello che i tempi e i luoghi producono, che è, ovunque nel mondo, lo stesso minestrone, visto da lontano esotico, visto da vicino, un po' meno. Poi ci si abitua, immagino, al Paese da cui si racconta, ci si affeziona, si finisce per non vederne più le stranezze e per diventarne un osservatore interno, che vede gli alberi e non più la foresta. A quel punto, il corrispondente estero fa le valigie, «cercando un altro Egitto». Gabriele Romagnoli
Persone citate: Brad Pitt, Cossiga, Luciano Moggi, Paolo Bonolis, Ruggero Orlando
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