Un mondo ragionevole

Un mondo ragionevole IL NOBEL GELL-MANN Un mondo ragionevole Previsioni fosche e sviluppo sostenibile MURRAY Geli-Mann, premio Nobel per la fisica nel 1969 per la scoperta dei quark, i costituenti ultimi della materia, nei giorni scorsi è stato protagonista, a Milano, di «Dieci Nobel per il futuro», una serie di incontri con accademici, ricercatori e manager dedicati a un tema, «Verso un mondo più sostenibile», di forte presa in questo fine millennio percorso da angosciose previsioni sul futuro della Terra e del suo carico di viventi. Geli-Mann, nato a New York nel '29, figlio di immigrati dall'Austria, genio precocissimo (a 15 anni era già all'università), partendo dal suo fondamentale lavoro nel campo della fisica ha costantemente ampliato il quadro delle sue speculazini; oggi è uno dei direttori del Santa Fe Institute, un centro da lui fondato insieme con scienziati di discipline apparentemente lontane per studiare quelli che egli ha definito «sistemi adattativi complessi», cioè quei sistemi, siano esseri viventi o programmi informatici, capaci di apprendere e di evolvere utilizzando le informazioni via via acquisite. Temi solo in apparenza lontani dalla realtà concreta, tanto che attraverso di essi Geli-Mann è infine giunto ad affrontare i problemi dello sviluppo e della difesa dell'ambiente, della protezione della biodiversità, della crescita demografica, della povertà e della distribuzione della ricchezza, per ipotizzare infine «una cooperazione e competizione non violenta fra tradizioni culturali diverse e Stati nazionali diversi, come pure una coesistenza sostenibile con gli organismi che condividono con noi la biosfera», come ha scritto concludendo un suo libro di grande successo, «Il quark e il giaguaro», pubblicato in Italia da Bollati Boringhieri. Professor Geli-Mann, qual è il ruolo degli scienziati nelle scelte per uno sviluppo sostenibile? Gli scienziati, in generale, sono abbastanza impegnati su questo tema? «L'approccio a questo tema richiede l'integrazione di molti modi di pensare. Affrontare il tema della sostenibilità significa capire la stretta connessione tra i processi naturali, economici e demografici accanto ai processi politici, militari, diplomatici, ideologici, tutti difficili da separare gli uni dagli altri. Questo richiede che più persone lavorino separatamente su diversi aspetti, alcuni sul versante naturalistico, altri su quello sociale, altri ancora su quello storico, ideologico; ma ciò che è importante è che infine tutto ciò sia collegato. I naturalisti hanno un ruolo cruciale ma non esclusivo; alcuni di noi si occupano della crescita demografica o appartengono a organizzazioni che tentano di frenare l'aumento della popolazione, altri si occupano dell'aiuto alle popolazioni che vivono nella povertà estrema, altri ancora si occupano della pace o fanno parte di organizzazioni che si occupano della cooperazione e della comprensione internazionale, e così via. Si tratta di soggetti così strettamente connessi che è difficile considerarli separatamente». Come reagiscono politici, organizzazioni internazionali, economisti, imprese multinazionali alle idee e alle proposte che escono dal Santa Fe Institute a proposito di «un mondo ragionevolmente desiderabile e sostenibile»? «Noi del Santa Fe Institute non facciamo proposte specifiche. Ma mi potrebbe chiedere qual è stata la reazione di specifiche personalità politiche alle nostre posizioni. Ciò che posso dire con sicurezza è che il presidente Clinton e il vicepresidente Gore hanno apprezzato il nostro punto di vista, in particolare Gore. So che hanno letto il mio libro e hanno apprezzato il progetto di integrazione intellettuale che vi è illustrato. Il vicepresidente, in particolare, è fortemente impegnato su questi temi; non so quale sia stata la reazione negli altri Paesi ma so che altri leader mondiali sono sensibili a questi temi». Non ritiene che la trionfante parola d'ordine della liberalizzazione e della globalizzazione dell'econo- mia, affidando lo sviluppo unicamente alle leggi del mercato, contraddica quella «consapevolezza planetaria» che lei auspica? «L'idea di un mercato libero è un'estrema ideologizzazione che non trova nessuna applicazione concreta sul pianeta. Ogni processo economico comporta una interazione tra innovazione, produzione, capitale e le istituzioni; senza un'istituzione che garantisca, per esempio, il diritto di proprietà intellettuale, o che renda vincolanti i contratti non ci potrebbe essere attività economica. Qualcuno può pensare che allevare animali in un ranch sia un'attività libera; in realtà nella maggior parte dei casi essa dipende da una serie di regole ridicolmente minuziose date dal governo. Qualunque economista riconosce che vi sono delle esternalità che devono essere internalizzate, come i costi dell'informazione, e che vi sono certi tipi di compenso non monetario di cui vi deve tenere conto come la qualità della vita, le buone condizioni di lavoro, il clima favorevole, il luogo piacevole. Quindi la nozione di un mercato libero è perlopiù un'illusione. Bisogna discutere di tutte queste cose insieme. Quando guardiamo alle istituzioni oggi ci riferiamo soprattutto agli Stati nazionali; in realtà la scala della maggior parte delle attività è sia a livello planetario sia a un livello più locale dato che è in corso simultaneamente una frammentazione e una globalizzazione; un riaggiustamento delle istituzione dovrà assolutamente aver luogo. La globalizzazione comporta la graduale costruzione di una consapevolezza che tra- scenda le frontiere nazionali. Una guerra tra Stati dell'Europa occidentale quale mio padre ed io abbiamo visto oggi è improbabile». Ritiene auspicabile e possibile in un prossimo futuro un super-governo mondiale della politica e dell'economia? «Nel futuro può essere; ma ciò che sta avvenendo oggi non è la costruzione di, un governo mondiale ma la costruzione di molte istituzioni sempre più ampie e con obiettivi sempre più globali, come le agenzie specializzate delle Nazioni Unite, come anche l'Assemblea generale e il Consiglio di sicurezza, o molte organizzazioni private operanti a livello internazionale (di medici, di ecologisti, musicali e così via), o conven¬ zioni internazionali (telefoniche, telegrafiche, per lo studio degli uccelli migratori)». Le Nazioni Unite hanno annunciato in questi giorni che nel giugno '99 la popolazione mondiale raggiungerà i 6 miliardi. Per un mondo più sostenibile servono misure che rallentino la crescita demografica? «Il tasso di crescita della popo¬ lazione mondiale sta rallentando, forse ha raggiunto un paio di anni fa quello che con termine matematico viene chiamato punto flesso. Questo è un vero disastro perché diventa sempre più difficile alleviare la povertà; nello stesso tempo le popolazioni più fortunate stanno consumando risorse a un tasso sempre più elevato». Miliardi di persone in Asia, Africa e Sud America aspirano a un tenore di vita paragonabile a quello europeo e nordamericano. Quali sono le condizioni perché ciò possa avvenire con un impatto ambientale sostenibile? «E' un argomento molto difficile a causa dell'enorme pressione della popolazione e inoltre per il divario addirittura risibile tra il tasso dei consumi dei poveri e quello dei ricchi. Dobbiamo fare tutto il possibile per utilizzare la scienza e la tecnologia per ridurre il danno ambientale per persona e per unità di prosperità convenzionale; ma occorre anche tentare di rientrare noi stessi verso un nuovo concetto di prosperità. Naturalmente occorre che le persone abbiano da mangiare e un tetto, ma il nuovo concetto di prosperità non deve comprendere il consumo di enormi risorse per consumi frivoli. Molte di queste condizioni corrispondono al concetto di interiorizzazione delle esternalità, che significa addebitare l'uso e il danneggiamento dell'ambiente, per esempio dell'aria o dell'acqua, ai costi di produzione, un concetto ben espresso dalla formula che usate in Italia: chi inquina paga». Vittorio Ravizza Scoprì i quark ed è oggi studioso interdisciplinare dei «sistemi adattativi complessi» In alto a sinistra Murray Geli-Mann. Nelle immagini sopra e a fianco, foreste in fiamme in Grecia e inondazioni in Cina. Emergenze ambientali che sono talvolta il risultato della complessità delle interazioni tra uomo e natura

Persone citate: Bollati Boringhieri, Clinton, Mann, Professor Geli-mann, Vittorio Ravizza