Intelligenti senza cervello

Intelligenti senza cervello LE ENIGMATICHE SPUGNE Intelligenti senza cervello Per secoli un rompicapo per gli studiosi VI può capitare di vederla nel Mar del Giappone o al largo delle isole Filippine. Sembra un'artistica struttura difinissima filigrana. E' alta dai 30 ai 60 centimetri ed è ancorata al fondo marino tramite un ciuffo di aghi sottili. Il corpo snello si eleva simile a una cornucopia e al suo interno pende una nuvola di morbido tessuto. Questa meraviglia che sembra fatta di merletto si chiama Euplectella (Euplectella aspergillum) o volgarmente «cestello di Venere», e, sembra incredibile, è cugina delle comuni spugne da bagno. E' una delle 5000 specie di spugne dalle forme e dalle dimensioni più varie che popolano i fondali marini. Ce ne sono di grandezza varia, da pochi milli-, metri a oltre due metri. Per secoli le spugne sono state una specie di rompicapo per gli studiosi. Si giurava e si spergiurava che non fossero animali. La maggior concessione fu quella di chiamarle zoofiti, che sarebbe come dire animali-piante, qualcosa di mezzo insomma tra regno animale e regno vegetale. Solo agl'inizi di questo secolo Jean-Marie Lamarck puntò i piedi e disse che le spugne erano animali autentici, anche se stavano conficcate si suolo come vegetali. Da allora s'incominciò a studiarle con maggiore attenzione e si scoprirono cose stupefacenti. Se prendete una spugna e la spappolate completamente in un mortaio, poi filtrate il tutto con un setaccio finissimo in modo da separare le singole cellule, dopo un breve lasso di tempo, potrete assistere a un fatto incredibile: le cellule isolate si riaccostano spontaneamente l'una all'altra emettendo o ritraendo prolungamenti molli. E miracolosamente si riaggregano a riformarè là spugna originaria. Quéste enigmatiche creature sono diffuse non solo in tutti i mari del mondo, dai poh all'equatore, ma anche in acqua dolce. Il loro corpo ha la forma di un sacco fissato al suolo per la base. La parete del sacco, formata soltanto da due strati di cellule, uno interno, l'altro esterno, è sostenuta da minuscole spicole di varia natura chimica, calcaree, silicee o cornee, che possono misurare da un centesimo di millimetro a quaranta centimetri. Per molta gente la parola spugna si riferisce soltanto a quell'aggeggio con cui ci insaponiamo sotto la doccia. Oggi si usano so- prattutto le spugne di materiale sintetico. Ma sono ancora in circolazione le spugne naturali, quelle ma'sserelle giallognole, che rappresentano ciò che rimane dell'animale liberato dalle parti molli. E' cioè lo scheletro corneo disseccato e candeggiato, di alcune delle specie coloniali meno belle appartenenti ai generi Spongia e Hippospongia. Certo, a giudicare dal loro aspetto, non immagineremmo che esistano spugne simili a splendidi candelabri rosso vermiglio o a scultoree stalattiti giallo fiamma o a esili calici come la Euplectella, spugne dai colori vivi, freschi, smaglianti che rivestono come tappeti viventi le pareti delle grotte subacquee o i fondi sottomarini. Le spugne appartengono al phylum dei Ponferi. E non ci potrebbe essere nome più appropriato. Perché visto da vicino, il corpo della spugna rivela gli innumerevoli pori da cui è crivellato. Pur non obbedendo a un sistema nervoso, che nelle spugne non esiste, questi pori sono, per così dire, intelligenti. Quando l'acqua è ricca di sostanze nutritive e di ossigeno, si aprono per lasciarla passare, ma quando è inquinata da sostanze dannose, si chiudono. Possiamo dire che le spugne sentono l'inquinamento. Cia- scun poro funge da aspiratore, succhia l'acqua marina o dolce e la conduce, attraverso un complesso sistema di canali, ai «motori» dell'animale, cioè a camere tappezzate di ciglia vibratili, ciglia che, con il loro movimento incessante, costringono- l'acqua a circolare senza posa. Quelle ciglia, simili a miriadi di minuscoli tentacoli, catturano le prede microscopiche filtrando l'acqua. S'incaricano poi le cellule digestive a trasformarle in succhi nutritivi. Dopo aver circolato nel corpo, depositandovi ossigeno e sostanze commestibili e inglobando prodotti di rifiuto, l'acqua sfruttata non se ne esce dai pori da cui è entrata. Questa volta imbocca il portone principale, il cosiddetto «osculo» che corri- sponde alla bocca della spugna. Animali sui generis, dunque, le spugne, prive di muscoli e di nervi, e apparentemente sedentarie. Ma questo è il punto. Le ultime ricerche di un biologo americano, Calhoun Bond, hanno dimostrato che queste enigmatiche creature si muovono. Si tratta di movimenti quasi impercettibili. Perciò sono sfuggiti pertanto tempo all'osservazione degli studiosi. Ma Bond non ha dubbi. Dagli esperimenti esegui¬ ti in laboratorio su cinque specie di spugne risulta che queste si muovono a una velocità media di due millimetri al giorno. La campionessa è la specie Haliclona loosanoffi che viaggia alla velocità di quattro millimetri al giorno. Le spugne, secondo l'osservazione dello studioso, hanno un tipo di locomozione simile a quello delle amebe. Il loro corpo è di un'estrema plasticità. Cambia continuamente di forma. Le cellule marginali formano numerose protrusioni. Se queste trovano un sostegno a cui agganciarsi, quei prolungamenti trascinano a sé il resto del corpo e la spugna si sposta. Alle volte alcune cellule marginali si distaccano addirittura dal corpo della spugna e gironzolano all'intorno per un po' come microscopiche amebe, prima di ricongiungersi con la spugna madre. Ma contemporaneamente tutta l'anatomia interna si modifica. Quando la spugna cambia forma, lo scheletro, formato dalle minute spicole, si adegua al cambiamento. Si formano nuove spicole che s'incollano l'una all'altra, rimodellando l'impalcatura scheletrica. Una simile plasticità anatomica si riscontra anche in altri animali, ma solo in determinati momenti della vita: durante lo sviluppo embrionale o larvale, nel processo di cicatrizzazione delle ferite o durante l'invasione di cellule cancerose. Le spugne sarebbero l'unico esempio di animali in cui questa flessibilità anatomica si mantiene inalterata per tutta la vita. Isabella Lattes Coifmann Ne esistono 5 mila specie, diffuse in tutti i mari del mondo Solo all'inizio del secolo si capì che sono animali rla al ne. di30 al ffo si a e ola bra Eugil di e, è da cie diano di lli-, aio, tacarabressi: le ano ltra unosamaéste dif del ma corssamata ule, è soprattutto le spugne di materiale sintetico. Ma sono ancora in circolazione le spugne naturali, quelle ma'sserelle giallognole, che rappresentano ciò che rimane dell'animale liberato dalle parti molli. E' cioè lo scheletro corneo disseccato e candeggiato, di alcune delle specie coloniali meno belle appartenenti ai generi Spongia e Hippospongia. Certo, a giudicare dal loro aspetto, non immagineremNe esistonodiffuse in tuSolo all'inizsi capì ch di spugne osculo, a. Mercol Sotto e in alto specie rare e insolite di spugne Nel disegno schema della sezione di una spugna cornea: I ) camere flagellate, 2) canali, 3) osculo, 4) pori inalanti, 5) fibre di spongina.

Persone citate: Bond, Calhoun Bond, Isabella Lattes Coifmann

Luoghi citati: Filippine, Giappone