ANDREOTTI FA LA SPIA FRA CLARETTA E IL DUCE di Filippo Ceccarelli

ANDREOTTI FA LA SPIA FRA CLARETTA E IL DUCE ANDREOTTI FA LA SPIA FRA CLARETTA E IL DUCE OPERAZIONE VIA APPIA Giulio Andreotti Rizzoli pp. 123 L. 20.000 NA storia di spie, di preti e di buonsenso in tempi difficili. Niente di più andreottiano. L'ex presidente l'ha scritta tra un'udienza e l'altra, a capo chino sul bancone degli imputati. E' un «giallo», hanno subito annunciato i giornalisti, senza troppa fantasia, riconoscendo nel genere la passione di Andreotti per l'intrigo. In realtà questo suo smilzo, ma per una volta - finalmente - assai leggibile Operazione Via Appia è più che un «giallo», pieno com'è di veridiche malizie. Tali, alla fine, da riscattare pienamente le «mattonate» che l'ex presidente ha pervicacemente confezionato, con intenti perlopiù giustificativi o difensivi, negli scorsi anni. Lì ci trovavi soporiferi estratti di interminabili documenti, spesso riciclati da altri libri, di rado illuminati dalla solita battutala. Qui invece ci sono contadini violenti, cavalli da corsa, frati di catacombe, e i li ii hi ,poi generali, impostori, gerarchi, amanti, massoni e cardinali sboccati. Insomma una varietà tipi e di umane debolezze tratteggiate con un disincanto cui l'Andreotti scrittore ci aveva totalmente disabituato. L'unico vero «giallo», così, è come sia entrato in possesso delle carte - dei «brogliacci», scrive lui - comunque dei dossier alla base del libro. Che narra di un giovane ex seminarista abruzzese, Tonino, divenuto una spia addetta alle intercettazioni telefoniche nella Roma tra il 25 luglio e l'otto settembre 1943. Sullo sfondo, la nascita di quell'Ufficio Affari Riservati, struttura del Viminale che intuisce per tempo la sconfitta militare e la fine del fascismo. E che quindi si regola di conseguenza, inaugurando «a fin di bene» le più spregiudicate logiche del doppio gioco poliziesco, fino a sagomarsi come entità di potere occulto e autonomo «da ogni dipendenza pericolosa». Gli albori, in pratica, dei corpi separati dello Stato, con il loro «singolare magazzino di informazioni», così come li vive Tonino. Giorno e notte davanti a una rudimentale consòie, cuffia da intercettatore, in una casupola sull'Appia antica raggiungibile attraverso percorsi catacombali, lo spione ascolta e trascrive - su fogli che non verranno mai distrutti - le voci del Quirinale (dove c'è la Corona), di Palazzo Venezia (dove c'è Mussolini), dell'ambasciata germanica, deil'Arma dei carabinieri, di notabili sciolti e naturalmente del Vaticano nei giorni fatidici del Gran Consiglio e dell'armistizio. Ora, il Grande Orecchio andreottiano si rivela uno straordinario espediente narrativo per dar conto in termini davvero poco romanzeschi di quelle piccole e grandi miserie su cui da sempre campano i servizi segreti. I Mussolini, perciò, che non vogliono pagari certi lavoretti edili a villa Torlonia; i Savoia che a guerra in corso sottoscrivono il prestito di guerra britannico; il ministro degli Esteri giapponese, in viaggio a Roma, che diserta l'incontro con il Duce perché imbottito di cocaina. E poi le trame del ministro Acquarone, le confidenze di Maria José a Gonella, l'ottusità di Badoglio, le petulanti telefonate della Petacci anche sotto i bombardamenti, le smanie di Vittorio Emanuele Orlando, i cazziatoni di Berlino all'ambasciatore tedesco, i movimenti di una massoneria che Andreotti dimostra di conoscere in modo storicamente molto più articolato di quanto abbia mai lasciato capire. Tutto registra l'umile e diligente Tonino, con uno spirito di servizio che lascia ipotizzare una larvata identificazione di Andreotti nel protagonista. E non solo perché anche a lui un rude maggiore medico prognostica una fine imminente alla visita di leva. 0 perché pure l'ex seminarista bazzica il mondo ippico, la Fuci e viene colto da «furiosi attacchi di emicrania». Il punto vero è che l'agente segreto si muove più che altro come un utile fiduciario della Santa Sede nell'apparato. Ha perfino scrupoli a spiare le relazioni irregolari dei potenti. Chiede consigli a una specie di (plausibile) cappellano dei servizi, che gli risponde di «lasciare alla misericordia di Dio questi scrutini delle anime». A Dio e magari ai dossier. Con il che confermando che se in America gli amori proibiti dei presidenti finiscono sui giornali, sin da allora in Italia finivano in qualche oscuro cassetto. Filippo Ceccarelli Garetta Petacci è tra i personaggi del giallo di Andreotti OPERAZIONE VIA APPIA Giulio Andreotti Rizzoli pp. 123 L. 20.000

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