SESSO, SOLDI E SOCIETÀ' TRA LE PAGINE DEL DIZIONARIO di Giovanni Giudici

SESSO, SOLDI E SOCIETÀ' TRA LE PAGINE DEL DIZIONARIO SESSO, SOLDI E SOCIETÀ' TRA LE PAGINE DEL DIZIONARIO Variazioni d'autore «spogliando» le voci del Battaglia RA tutti gli animali, credo che l'uomo sia il solo a ritenere impresentabili e irrapresentabili certe funzioni del corpo. Sembra cioè che si vergogni della sua corporalità, degli atti cui è addirittura affidata la sopravvivenza della specie, sesso e assimilazione del cibo. [...] Eppure, cosa c'è di più ovvio e naturale e specifico della sua sessualità, alla quale sola è delegata la perpetuazione della specie, e di sé? Ma l'uomo è reticente, per quanto se ne sappia attraverso la testimonianza letteraria, a parlarne se non attraverso espedienti analogici, metaforici, allegorici, insomma sublimativi, per distrazioni. (...) Lucifero e gli eventuali Luciferi, Adamo e il paradiso perduto, [sono i] probabili modelli e referenti: l'angelo che precede l'uomo e al quale l'uomo continua a volersi riferire, l'angelo prima della caduta. La primavera o delle favole antiche, prima degli errori popolari degli antichi. Ne discenderebbe, se così fosse, 0 desiderio di perdita della corporalità, specie di quella funzionale e fondamentale (mangiare, copulare, defecare), in una inconi iliit i tti scia, implicita e ormai automatica tensione verso un'ipotesi affatto sublime di sé, da non contaminare. Ciò, comunque, è più comprensibile per il mangiare e il defecare, ma forse meno per il copulare, benché essi siano inscindibilmente tra loro complementari e tenuti assieme dalla necessità del piacere. (...) E' dunque il piacere, con le sue connotazioni morali, a dirottare il pregiudizio, diventando l'elemento dirimente, il tabù che coinvolge di seguito tutti gli accessori oltre che i fenomeni, per cui in un profondo desiderio di ascesi esso pure, il piacere, assume caratteri negativi ed è nascosto agli occhi, agli orecchi? (...) Torniamo indietro fino all'invenzione della scrittura, e d'una scrittura evoluta, distinguendo tra parola detta e parola scritta. (...) Le parole dette volano davvero, si sa, mentre la scrittura, il segno, nella sua fermezza stabilisce una distanza dall'oggetto, lo blocca fuori di noi. Il quale oggetto, però, è già oggettotabù. C'è allora, una differenza tra le civiltà «orali» e le civiltà della scrittura. (...) L'esempio più clamoroso lo troviamo nelle primissime pagine della Bibbia, ove a proposito del peccato di Adamo si parla genericamente di un frutto, «fructum», senza alcuna specificazione. L'unico albero riconosciuto nel Paradiso Terrestre è il fico, delle cui foglie si servono i due peccatori per coprire le rispettive pudenda. Quando il «fructum» diventò una mela? Malum è qualunque frutto di una certa consistenza carnosa e noi potremmo anche intraprendere un sottile gioco maliziosamente assonantico tra malum e malus, cioè il frutto malvagio. L'identificazione è invece tarda e in era cristiana, probabilmente dopo Agostino e la polemica pelagiana, quando il Genesi è letto in chiave di peccato sessuale (Adamo ed Eva imitano Dio creando a loro volta un uomo, lì il superbo peccato). E la mela è un simbolo sessuale antico. Lo troviamo pure nel Cantico e lo troviamo da Saffo (il bosco di Venere o il frammento: «Come una dolce mela (glukùmalon) rosseggia alta sul ramo / alta sul ramo più alto: non l'hanno vista i raccoglitori - / oh sì, l'hanno vista, ma non hanno potuto raggiungerla») al Virgilio della terza Bucolica, «Malo me Galatea petit, lasciva puella». E in mezzo Atalanta, i «mala cidonia» delle Esperidi, la mela di Paride e quant'altro ancora. Non fa quindi meraviglia l'equazione: peccato = sesso = mela. E' quel che accade a Cipriano Gallo, commentatore della Vulgata: «Ne forte malum noxale legatis», purché non raccogliate la mola (fratto?) mortale. Se la mela, per analogia iconica con l'interno tagliato a metà, fu in epoca classica il segno del sesso femminile, in tempi moderni subisco imo spostamento topografico e, di conseguenza, toponomastico. Verso Nord e verso Sud. A Nord «mule» e «poma» diventano i seni (sian quelli illusivi di Alcina, «due pome acerbe, e pur d'avorio l'atte, / vendono e van come onda al primo inargo», sia quelli di una sacrificata Angelica, «se non vedea la lacrima distinta / tra fresche rose e candidi ligustri / làr rugiadose le crudutt.e poma»). A Sud sono invece glutei (secondo Aretino, ((tenendo mia mano nella scatola dell'angeletta e con l'altra facendo festa alle mele dell'angelone, baciando ora lui ora lei...» Questo della rosacea sacra ad Afrodite ò solo il caso più clamoroso opperò sufficientemente esemplare del processo di metaforizzazione ed eufemizzazione, che è l'oggetto di questo intervento. (...) Non è facile trovare le opportune citazioni in testi letterari se non in quelli che, ope generis, sopportano o contemplano l'uso di un linguaggio proibito, osceno. Sarebbe difficile, in ambito classico, trarne da Eschilo o da Sofocle, ma in Aristofane già si trova sùkoti con riferimento, sostitutivo o alternativo alla mela, ai genitali femminili. [...] Così, se scendo alla lingua italiana se ne può appropriare il Lasca delle Rimo burleschi' («Vantar già mi potea / d'avere il più fidato e '1 piti sicuro / il più forte e '1 piii sicuro / cazzon che l'osse mai stato sotto la lima;,' pero che all'aria bruna / ed aliti chiara, sempre ch'io volea, / levar ritto il facea / senza dar baci o fregagione alcuna : e non vi era fatica / sfamare ogni gran fica», e nemmeno posso qui dire d'aver preso due piccioni con una fava, uno maschile e uno femminile, «gastronomici» entrambi, senza il rischio di un'ulteriore metafora oscena cibaria), non certo quello delle serie. E tutti ricordano i sonetti del Belli composti solo d'un lungo elenco ili locuzioni sessuali traslate. Ma siamo nel dialetto, nella riserva di caccia consentita per convenzione, per degrado strutturalo. Così stanno le cose e se non si arriva aliti disinvolta liberalizzazione dei linguaggi sessantottini e post sessantottini, ma con una perdita sensibile di carica semantica, denaturati, la pagina scritta non offre un gran campionario di citazioni. Scripta mancnt, ancora. Tutt'al contrario del «parlato» specie, una volta almeno, tra maschi (il maschio i;. per altra convenzione, «comico» laddove la donna è sublime), poiché è normale, oggi, ascoltare le ragazzi; che connotano DiCaprio «figo», o chiamar «sfiga» la sfortuna. Linguaggi settoriali, d'accordo, però... Folco Portinari Dal lessico erotico alle «variazioni d'autore» : un dibattito su (d'italiano tra norma e trasgressione». Anticipiamo gli interventi di Folco Portinoli Giovanni Giudici e Edoardo Sanmineti A destra un disegno di Egon Schiele GRANDE DIZIONARIO DELLA LINGUA ITALIANA Salvatore Battaglia XIX: Sil-Sque Utet pp. /102, L. 230.000 Giorgio Bàrberi Squarotti, direttore del «Battaglia» A destra un disegno di Egon Schiele Anticipiamo gli interventi di Folco Portinoli Giovanni Giudici e Edoardo Sanmineti