E LESSONA CERCO' DI FARE GLI ITALIANI

E LESSONA CERCO' DI FARE GLI ITALIANI E LESSONA CERCO' DI FARE GLI ITALIANI Biografie virtuose per diventare un Belpaese CARATTERE e volontà: l'uno da forgiare quando non sia abbastanza temprato e l'altra da tenere in costante allenamento fronteggiando tutte le difficoltà che tempi e ambienti circostanti non mancano di produrre. Negli anni successivi all'unità nazionale sembra che il nostro Paese - come ha scritto Giulio Bollati nel suo saggio su L'Italiano - si trasformi in una sorta di immenso cantiere dove da capomastri di prima grandezza come messer Mazzini e tutta la vasta schiera dei governanti piemontesi e dei generali sabaudi (talvolta sono le stesse persone) sino all'ultimo insegnante, al più semplice dei sottufficiali, sono impegnati, se non a costruire gli italiani, almeno a ristrutturarne carattere e volontà. In realtà l'ambizione è ben precedente alia stessa unificazione del Paese poiché Cattaneo già vent'anni prima della proclamazione del Regno aveva sferzato, con la solita intelligenza, l di ll questo zelo pedagogico talvolta sospetto: «Baretti sgridò gli Italiani perché non erano Inglesi; e Alfieri pensò di rifarli da capo perché non erano più Romani. Egli li volle virili, torvi, frementi; altri cominciò poco di poi a volerli tutti eterei, melliflui e sospirosi; non manca chi li spera fra poco tutti neri di carbon fossile e di ferraccio...». Ma l'invocazione di Cattaneo a modernizzare il Paese rispettandone le diversità ed evitando semplificazioni idealistiche cade male: sia a cospetto della pioggia dei «Doveri degli uomini» che Mazzini fa grandinare sui neocompatrioti che davanti agli energici ricostituenti dispiegati dai nuovi governanti decisi a ogni pedagogico rigore pur di rifare carattere e volontà di un popolo ritenuto infiacchito da secoli di servilismo. E così, a partire da quegli anni, i libri sul carattere - spesso incoraggiati dalle pubbliche istituzioni - non mancano. Un lavoro di Alfani II carattere degli italiani viene premiato al concorso Ravizza del 1876 (in giuria c'è anche Cesare Cantù) e conosce un vasto successo di pubblico. Ma è un altro libro, precedente a quello di Alfani e realizzato da Michele Lessona, a conquistare per decenni un'inossidabile posizione. Si tratta di Volere è potere, vero best-seller che - attingendo ad illustri esempi di connazionali - dettaglia modalità e ingredienti per riuscire nella vita. Che Michele Lessona, nonostante continui a ripetere nelle sue pagine che «chi fa da sé fa per tre», per redigere il testo sia ricorso ai contributi (solo frettolosamente citati nel ringraziamento introduttivo) di schiere di collaboratori noti e ignoti sparsi per tutta la penisola è un dettaglio divertente ma trascurabile. Come è godibile il fatto che questo suo allineare vite - suddividendole per città e regioni italiane e organizzando il tutto lungo un itinerario che dal Meridione risale sino a Torino (e nel risalire s'amplia sempre più la folla dei personaggi citati) - si concluda con la storia della veloce ascesa italiana di un extracomunitario. Si tratta di Michele Amatore, un ragazzo di colore adottato in Egitto da un medico originario di Casale Monferrato e finito a combattere volontario nelle prima guerra d'indipendenza. Arruolato nei bersaglieri «si mostrò in battaglia un leone - scrive Lessona - la sua faccia nera serviva di punto di rannodamento ai coraggiosi compagni e di terrore al nemico». Volere è potere di Michele Lessona è un testo solo apparentemente ingenuo. Nasce da un'intelligente intuizione dell'editore Barbera che - vedendo l'immenso successo di un libro inglese di Samuel Smiles, Self Help, tradotto nel 1865 in italiano col titolo Chi si aiuta Dio l'aiuta dall'editore Treves, con lusinghieri risultati scanditi poi nel corso dei decenni (nel 1911 si stampa la 72a edizione) - chiede a Lessona di mettersi all'opera per assemblare qualcosa di simile «ma con esempi italiani». Un invito che è in sintonia con quello che nel dicembre del 1867 il ministro degli Esteri, il generale Federico Menabrea, citando proprio l'opera di Smiles, rivolge ai consoli del Regno d'Italia sparsi nel mondo affinché raccol¬ gano e scrivano medaglioni biografici sui connazionali che hanno fatto fortuna nei vari angoli del pianeta. A questi materiali Lessona attinge generosamente e nel 1869 è in grado di consegnare all'editore il testo di Volere è potere, dribblando in velocità e spregiudicatezza altri autori che hanno risposto ad un bando dell'Associazione del Popolo, fondata a Firenze e che promette un grosso premio all'autore del miglior manoscritto di un'opera italiana realizzata sulle orme dell'opera di Smiles. Lessona invece ha già trasformato il suo manoscritto in un libro ma tuttavia tiene d'occhio il premio tanto che, nelle pagine introduttive, scrive «se mai queste pagine cadranno sotto gli occhi di quei membri della Società che ha istituito il premio, o d'altre società siffatte, vogliano considerare se per avventura non fosse più provvido consiglio il premiare un libro stampato, anziché un manoscritto» . Intanto Volere è potere comincia a farsi conoscere. Lessona predica a favore dei modelli culturali inglesi e tedeschi e irride le mode filo-francesi. Se la prende con gli italiani tutto genio e sregolatezza, con gli scapigliati e gli artisti. E' durissimo con i giornalisti («il giornalista italiano è ignorante, salvo belle e poche eccezioni. Dovrebbe conoscere le lingue straniere, la geografia, la storia antica e moderna, le amministrazioni del nostro Paese comparate con quelle degli altri, raffrontare il presente col passato e dedurre prevedimenti per l'avvenire...») e constata come la «stampa che si volge alle moltitudini non parla loro presso che d'altro che di politica». Sostiene poi che il luogo comune, diffuso all'estero, circa la scarsa abitudine al lavoro non è poi del tutto infondato, almeno per certi nostri connazionali: «Purtroppo - scrive - il gusto dell'oziare in molti, del vano fantasticare in altri, del lavorare a sbalzi e a strappi, con furia ma senza perseveranza, è difetto comune negli italiani». Come antidoto fa sfilare nelle sue pagine decine e decine di vite virtuose, scandite da caparbi sacrifici, immense capacità di lavoro, precocissimi risvegli mattutini e ore rubate al sonno. Sembrerebbe con gli occhi di oggi - la storia di un passato lontano. O di un altro Paese. Ma non è affatto così. Oreste del Buono Giorgio Boatti «falere è potere», monito a senio e sregolatezza dì un popolo che lavora con furia ma senza perseveraiiza: «Imitate inglesi e tedeschi!» C Testi citati Giulio Bollati L'Italiano Torino. Einaudi editore C. Cattaneo «Politecnico» dell'aprile 1839 S. Smiles Chi si aiuta Dio l'aiuta Fratelli Treves editori Milano 1911 M. Lessona Volere è potere Sesto San Giovanni Casa editrice Modella 1915

Luoghi citati: Casale Monferrato, Egitto, Firenze, Italia, Milano, Sesto San Giovanni, Torino