IL RE DI MONTECITORIO di Filippo Ceccarelli

IL RE DI MONTECITORIO IL RE DI MONTECITORIO tura il re non solo di Spagna, ma di tutti i deputati italiani convenuti in gran numero in aula e disposti a riconoscere in Juan Carlos di Borbone l'incarnazione di un potere insieme antico e moderno, magari addirittura indispensabile, per quanto o forse proprio perché legittimato dal sangue. E mentre quell'uomo di bella presenza e di mirabile compostezza si alzava in piedi proprio là dove un tempo, sotto un baldacchino di velluto, era fissato il trono, e a fianco del trono in semicerchio le poltrone per i principi reali e i dignitari di corte, ecco, tornava in mente la felice gaffe di Sandro Pertini non esattamente un monarchico - su quel re che aveva saputo garantire un pacifico trapasso della Spagna «dalla lunga dittatura alla Repubblica». Va da sé che la Spagna - e la stessa presenza del re e della regina al brindisi del Presidente italiano stava lì ad attestarlo - non era una repubblica. Ma il lapsus pertiniano rivelava in modo evidente la vicinanza tra quella monarchia smagliante e il regime democratico. Così ieri, a Montecitorio, quel sentimento non solo si è rafforzato, ma nel calore degli applausi è parso di ascoltare anche un supplemento di gratitudine parlamentare per la risolutezza mostrata da Juan Carlos dopo l'irruzione del colonnello Teje ro - quello che con il revolver in mano intimò «AZ suelo!» a una massa di deputati finiti sotto i banchi - nel Parlamento spa gnolo. La vida, appunto, es sueno. Per cui Violante e Mancino se lo sono conteso, el Rey. E Tata rella, forse, ha controllato se la giacca aveva patacche; e Berti notti se l'è guardato goloso; e Berlusconi un po' invidioso; e l'onorevole monarchico-leghista Lembo, che nell'autobio grafia informa di aver scritto «centinaia di articoli sulle scienze araldiche-cavaliere sche», era quasi commosso. Atmosfera speciale, cerimoniale sfavillante, Transatlantico ti rato a lucido. Le deputatesse e le stenografe hanno indossato gli abiti più raffinati; i com messi si pavoneggiavano in li vrea e guanti bianchi. Tutto questo per un sovrano. Per grazia di Dio, come si di ceva un tempo, e volontà della nazione. Tutto questo, oltre tutto, a Montecitorio, cioè in un luogo che più repubblicano non può essere; e che fra i pri mi provvedimenti architettoni ci del dopoguerra volle simbolicamente rimuovere dal lucer nario lo stemma sabaudo (tra i due fasci littori, per la verità) Stemma ancora parzialmente visibile, invece, sul vetro della tabaccheria, ma ormai ignoto ai più e comunque più in generale cancellato dalla bandiera, dai passaporti, dalle mostrine dei corazzieri, dai bottoni dei valletti del Quirinale, dai tim bri a secco delle regie poste, dei regi notai, dei regi carabinieri.. E adesso? A più di mezzo se colo dal referendum istituzionale - e al di là di qualsiasi fantastica e ridicola velleità - per un pomeriggio il Palazzo risco pre la virtù della monarchia e manifesta tutta la sua rara ed unanime ammirazione per questo re così elegante e «prò fessionale» capace di cornimi tare antichi valori nella società dei mass media. Un ospite impeccabile, oltretutto, che ha voluto parlare in italiano - e co munque meglio di quanto si aspettassero i lettori italiani di Domani nella battaglia pensa a me, il bel romanzo spagnolo di Javier Marias in cui al protagonista capita proprio di seri vere un discorso parlamentare di Juan Carlos a Strasburgo. Lì el Rey, «il Solo», «l'Unico» appare come un uomo assai pensoso e originale. Qui a Mon tecitorio è apparso invece idea le: il campione di un potere per una volta davvero indipenden te; il modello di una sovranità sicura, equilibrata e soprattutto disinteressata. Viva il re (degli altri). Filippo Ceccarelli

Persone citate: Berlusconi, Domani, Javier Marias, Juan Carlos, Lembo, Mancino, Sandro Pertini

Luoghi citati: Spagna, Strasburgo